venerdì 22 aprile 2011

L’Origine del mondo? Il pube de oro



Un pomeriggio al Mart: la tela di Courbet, per la prima volta in Italia, suscita ancora polemiche nonostante il comune senso del pudore sia cambiato

di Silvia Truzzi

Margherita, sette anni seriosamente avvinghiati a un coniglio di peluche, tiene stretta la mano di sua madre mentre parla di fronte a un quadro. Le sta dicendo: “Quando è nato Davide hanno dovuto farmi un taglio nella pancia, invece tu sei arrivata da qui”. Intanto indica la tela. Margherita non ci pensa su più di tanto: “Mamma, guarda che lo so benissimo”. Le cicogne sono volate via da un pezzo e qui c’è L’origine del mondo dipinto da Gustave Courbet nel 1866: l’hanno definito il quadro più scandaloso della storia e la mostra che lo ospita s'intitola “La rivoluzione dello sguardo. Capolavori di impressionisti e post impressionisti dal Museé d'Orsay”: è in Italia, per la prima volta, al Mart di Rovereto. Un posto meraviglioso, dove fermarsi anche solo per guardare un cielo azzurro non per modo di dire, sotto la cupola che Mario Botta ha disegnato per la struttura del museo.

Come Margherita sono passati da queste sale un mucchio di bambini, sembra per nulla sconvolti dal quadro. Semplicemente sono arrivati preparati e hanno capito. Ma qualche polemica c'è stata: le maestre di Caderzone hanno protestato per le brochure che pubblicizzano la rassegna , inviate nelle scuole. Lettere ai giornali, interventi di assessori, perfino le scuse del museo. Chissà che avrebbero fatto le insegnanti della Val Rendena al posto delle loro colleghe che incautamente si sono trovate, il giorno dell’arrivo dell’invito a comparire per il premier, in una Camera dei deputati dove invece di discutere di leggi, i deputati declamavano tariffari. O tempora, o Lele Mora: il comune senso del pudore cambia. Anche troppo, ma è un discorso che con l’arte ha poco a che vedere. Per non sbagliare, all’ingresso della sala è stato sistemato un avviso a proposito dell’Origine del mondo “per tutelare le diverse sensibilità”.

IN UN pomeriggio trascorso passeggiando su e giù per la sezione “Maschile e femminile” della mostra non c'è traccia di vergogna. E nemmeno scene di panico. Sfilano coppie di età assortite, famiglie con le audio-guide, studenti. Lorenzo ha una quarantina d'anni, è un artista, “però non mi mantengo con i quadri”. Si stupisce, quasi infastidito, della domanda sulla presunta pornografia: “Ma cosa c'entra la volgarità con l'arte? Un vero artista non è mai volgare. E poi c'è il contesto, questa sala così ben allestita. Un luogo silenzioso dove riflettere sulla capacità espressiva dell’opera”. Courbet la dipinse su commissione di Khalil-Bey, diplomatico turco e ambasciatore dell'Impero ottomano, che amava le donne, il gioco e i bei quadri. L’appese in bagno, coperta da una tendina (le perversioni possono essere eleganti o no). La tela passa per le mani dello scrittore Edmond de Goncourt, scampa – nascosta sotto innocui paesaggi ad olio – alle due guerre e a vari saccheggi. Nel 1954 – sesso matto – finisce in casa dello psicanalista Jacques Lacan. Anche chez Lacan viene celato da un pannello, pare su richiesta della moglie Sylvia, già consorte del filosofo Georges Bataille, non proprio un morigerato. Alla morte del dottore, passa al Museé d’Orsay e nel 1995 la “vergogna pubica” diventa pubblica. Fa il giro del mondo fino alle morbide montagne trentine.

Donato e Rina, pensionati scanzonati, sono venuti direttamente dalla ciclabile. Giacca della tuta legata in vita, si piazzano davanti al Courbet. Rifletteranno su realismo biologico versus inconscio erotico? Lei: “Guarda l’origine del mondo”. Lui: “Eh,l’origine di tutte le disgrazie del mondo”. Del sesso si può ridere anche senza barzellette. Signora Rina le sembra volgare? “Mavalà (Ghedini fa insospettabili proseliti). È la cosa più naturale che ghè”. Ha ragione Ligabue: “Le donne lo sanno da dove si viene”. Amina è vestita all’occidentale, ma è marocchina: sull’impermeabile scendono capelli lucidi e corvini. Accanto, la incoraggia a parlare il biondissimo marito trentino. Che pensa di quel sesso femminile così realisticamente rappresentato? “È un bel quadro”. Sorriso. “Ma io un po’ mi vergogno a guardarlo”. Come lei altre donne confessano un leggero imbarazzo. Ognuna immagina se stessa in quella posizione di libertà intima, lasciva: non è facile vederla incorniciata. Però non è offensiva: non è una sineddoche della donna. Una parte per il tutto che giustifichi da sola l’esistere femminile, come qualche battuta squallida vuol far passare. È il luogo dove miracolosamente inizia, schiudendosi, la vita e l’anima prende corpo. Pensarci è una vertigine: non a caso qualcuno ha detto che la donna ritratta aveva appena partorito.

Il termometro del pubblico pudore sono le due maschere. Al centro della sala parlano tra loro mezzo in dialetto, mezzo in italiano. Un classico di queste parti, dove il cambio di registro linguistico ha sempre un significato. Raccontano che al mattino era passato un gruppo di universitarie, tutte musulmane. Avevano riso con un po’ di malizia, ma soprattutto avevano osservato avidamente il bronzo di Rodin. Mica sceme le fanciulle: il corpo nudo, con il sesso coperto, è una potentissima immagine erotica maschile. Si avvicinano due ragazze di Verona. Valentina ha 25 anni e studia Storia dell’arte all’Università. Racconta dell’indagine sul Vero di Courbet. Niente di osceno: “È una rappresentazione anatomica”. Ma qui c’è di più, c’è il desiderio. Lo fa notare Mario, cinquantenne con moglie e figli al seguito. “Vedo erotismo nel dipinto. Questo lenzuolo che avvolge il corpo è morbido, sinuoso, voluttuoso. È giusto: senza desiderio non ci sarebbero i bambini”.

SPIEGA Walt Whitman, A woman waits for me (in Foglie d’erba): “Il sesso comprende tutto, corpi, anime, significati, prove, purezze, delicatezze, risultati, decisioni, Canti, comandi, salute, orgoglio, il mistero della maternità, il latte seminale, ogni speranza, beneficenza, dono, tutte le passioni, gli amori, le bellezze e delizie della terra (...). Tutto questo si trova nel sesso come parte di esso, giustificazione di esso”. Forse è ancora così, perfino nell’età che ha ucciso il desiderio e meccanizzato il sesso.

Durante il pomeriggio ho osservato decine di uomini guardare l’Origine del mondo: nei loro occhi c’era interesse, coinvolgimento, la soggezione che si prova davanti a un mistero. Mai oltraggio. È vero: l’arte, come la bellezza, è salvifica (e talvolta insperata).

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