martedì 3 maggio 2011

IL TRAVAGLIO DEL COLLE


Sulle bombe in Libia il Quirinale risponde soltanto al Fatto per non smentire tutti gli altri

di Eduardo Di Blasi

La nota del Quirinale arriva intorno all’ora di pranzo di ieri, 2 maggio, e ha per obiettivo l’editoriale di Marco Travaglio sulla nuova guerra di Libia pubblicato domenica sul Fatto Quotidiano. Titolo dell’editoriale: “Bomba o non bomba”. Incipit dello stesso: “Si leggono strani titoli sui giornali. E, siccome non vengono smentiti, vuol dire che succedono strane cose nella politica italiana. Soprattutto nei rapporti tra il capo dello Stato, il governo e le opposizioni”.

Così, per discorrere meglio sull’articolo di Travaglio, il Quirinale è costretto a smentire, senza menzionarli, tutta una serie di articoli che nella settimana precedente sono apparsi sul Corriere della Sera e su Repubblica.

Leggiamo il comunicato: “In questi giorni sono stati attribuiti al Presidente della Repubblica in modo del tutto arbitrario interventi relativi alle mozioni sulla Libia di cui è prevista la discussione alla Camera. È stata, tra l’altro, pubblicata la notizia - semplicemente inventata - di una telefonata intercorsa in proposito tra il Presidente e il Segretario del Pd. Facendo riferimento alla telefonata che non c’è stata, il vice direttore de Il Fatto Quotidiano ha imbastito una polemica dai toni provocatori nei confronti del Capo dello Stato al di là delle posizioni da lui assunte nelle sedi appropriate”. Questo l’incipit della nota del Colle. Che prosegue e conclude: “Il Presidente ha espresso chiaramente già nel Consiglio Supremo di Difesa - organo di rilevanza costituzionale - le sue valutazioni sulla crisi libica, che ha quindi formato oggetto della risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Resta esclusiva responsabilità del governo e del Parlamento la decisione circa gli sviluppi dell’adesione già data dall’Italia agli in dirizzi formulati e alle misure autorizzate da quella risoluzione”.

CIRCOSTANZA che, dal punto di vista formale, nessuno pensa di mettere in dubbio. Non fosse che, dall’inizio delle fibrillazioni leghiste sull’intervento armato in Libia, su giornali e agenzie di stampa il ruolo del Colle sia apparso sempre teso ad evitare strappi che potessero mettere in crisi il governo.

Leggiamo dal Corriere della Sera del 28 aprile l’articolo di un quirinalista di lungo corso come Marzio Breda: “Si è insomma materializzato uno scenario di massima confusione e carico di incognite. Che ha obbligato il presidente della Repubblica ad avviare ricognizioni riservate con il mondo politico, mentre nel contempo seguiva l’evoluzione del confronto nelle commissioni parlamentari”. E il giorno dopo, 29 aprile: “La prova di forza sulla missione in Libia potrebbe mettere a rischio la reputazione dell’Italia e pertanto lo stesso interesse nazionale. E se non altro proprio per carità di patria, dunque, qualsiasi battaglia politica o elettorale andrebbe posta in secondo piano”.

È ancora Breda a spiegare come il Capo dello Statosenza entrare nel merito politico della partita ma tentando di evitare una crisi di governo sulla politica estera” eserciti la propria “moral suasion” anche “sulle opposizioni”.

C’È ANCHE PIÙ pathos nell’attacco dell’articolo di Repubblica del giorno seguente, 30 aprile: “La telefonata forse più difficile da quando è segretario del Pd, Pier Luigi Bersani l’ha avuta con Napolitano che sulla Libia ha chiesto alle forze politiche «senso di responsabilità» e la consapevolezza che «in gioco ci sono gli interessi nazionali»”. Telefonata, non smentita, fino a ieri mattina nè dal Quirinale nè da Bersani. Nel primo caso, ci spiegano, perchè è consuetudine non smentire ricostruzioni politiche (anche se continuano per giorni sui maggiori quotidiani nazionali), nel secondo per una sottovalutazione del ricasco che avrebbe potuto avere la notizia della “telefonata forse più difficile da quando è segretario del Pd”.

DAL COLLE riferiscono anche che i giornali che hanno chiesto conferma delle notizie sulle presunte discussioni intercorse con l’opposizione (si citano Il Sole 24 Ore e il Riformista) hanno avuto una chiara smentita, finendo per non dargli peso.

Eppure, che la telefonata non smentita fino a ieri ci sia stata o meno, non sposta di un centimetro la questione politica posta da Travaglio. Cioè, se i timori del Colle sono così evidenti da costringere il capogruppo Pd alla Camera Dario Franceschini ad affermare: “Una cosa sono le preoccupazioni del capo dello Stato, un’altra la nostra iniziativa politica per mettere in difficoltà il governo”, mica può voler dire soltanto che il presidente del gruppo democratico a Montecitorio legge troppi giornali?

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

La sovraesposizione del Presidente della Repubblica, nonostante l smentite ufficiali e ufficiose, non può che significare che la situazione è veramente grave!