venerdì 20 maggio 2011

La capra

di Marco Travaglio

Massima solidarietà alla capra di Sgarbi, coinvolta suo malgrado in una delle più immani catastrofi della storia della televisione: il programma di Sgarbi, voluto da quel gran genio di B. e dal sottostante Masi.

Nessuno finora, nemmeno Ferrara nonostante l’impegno, era riuscito a scendere sotto il 10% su Rai1. E non perché Rai1 trasmetta programmi particolarmente arrapanti. Ma perché, trattandosi del primo canale sul telecomando, è automatico sintonizzarvisi. Per tradizione e inerzia. Anche il monoscopio, quando c’era, totalizzava 4-5 punti di share, per la semplice ragione che le famiglie-campione Auditel si assopivano dolcemente dinanzi al televisore acceso.

Ora Sgarbi riesce a fare addirittura meno del monoscopio, impresa ritenuta fino all’altroieri impossibile: come fare zero al Totocalcio. Per sfuggire alla broda sgarbiana, il telespettatore è stato costretto a lunghi allenamenti per preparare le dita allo zapping salva-vita: dopo il Tg1, che già richiede stomaco forte, occorre la massima destrezza per cambiare canale in tempo utile e scampare alla vista di Ferrara, dopodiché, cronometro alla mano, si calcolano 5 minuti esatti di apnea per non imbattersi neppure in una sequenza di Radio Londra, ma al contempo non perdere neppure un istante di Affari Tuoi; segue una mezz’ora di rilassamento, ma senza esagerare, perché subito dopo bisogna essere pronti a catapultarsi su qualunque altro canale, foss’anche una televendita di tappeti o pentole antiaderenti, per scongiurare l’emergenza Sgarbi.

L’altra sera un signore un po’ fuori forma ha ceduto di schianto proprio all’ultimo zapping, precipitando nel fluviale monologo sgarbiano.

Raccogliendo le ultime forze, ha tentato di uscirne, ma invano, causa un guasto al telecomando che impediva qualunque altra sintonizzazione e pure l’azzeramento dell’audio. Al momento dell’ingresso in studio del figlio di Sgarbi, sottolineato da applausi finti, l’uomo si è abbandonato ad atti di autolesionismo leggendo un editoriale di Sallusti e l’ultimo libro di Bondi.

Allarmati dalle sue urla strazianti (sue di Sgarbi), i vicini han chiamato la Croce verde che ha trasportato il malcapitato alla neurodeliri, dove è stato giudicato guaribile in 40 giorni, ma col divieto di accendere mai più la tv per evitare ricadute.

La prognosi per Sgarbi invece rimane riservata. Ieri, dopo aver festeggiato il trionfo di ascolti a Palazzo Grazioli col suo mandante entusiasta per il trionfo di Mediaset, il critico d’arte varia ha indetto una conferenza stampa per stilare il bilancio dei danni della prima puntata, che sarà anche l’ultima: “Non mi aspettavo questi ascolti, ma volevo fare proprio questo programma”. Invece i telespettatori si aspettavano proprio questo programma, solo che non volevano vederlo.

La colpa comunque sarebbe di Saviano, di cui il pacato professore-sovrintendente-sindaco-truffatore si proponeva come l’alter ego berlusconiano: “Sono stato deviato da Saviano, che si compiace nel mostrare l’Italia brutta”. Ecco, c’è un complotto di Saviano in combutta con i 10 milioni di telespettatori di Vieni via con me: se non apprezzano Sgarbi che strilla “capra! capra! capra!”, dev’essere perché qualcuno li ha minacciati. O forse addirittura sequestrati. Dev’esserci lo zampino della mafia, che Sgarbi combatte da sindaco di Salemi (per combatterla meglio, fa il ventriloquo del noto Giammarinaro, da lui stesso definito “un mafiosetto che non conta nulla”).

Si chiude così, mestamente, la lezione di tv impartita da Sgarbi a quegl’incapaci di Saviano, Fazio e Santoro, sull’esempio di quei pensionati un po’ rinco che, non sapendo che fare, si aggirano dietro le transenne dei cantieri dispensando consigli non richiesti agli operai. È un peccato però che la Rai abbia chiuso gli Sgorbi Quotidiani appena aperti. Dopo la puntata sul padre col figlio, erano molto attese quelle riservate alle zie, ai cognati, alle suocere e ai pronipoti. E, a lasciarlo fare, il poveretto aveva ancora ampi margini di peggioramento: in poche settimane avrebbe potuto toccare lo zero assoluto.

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