sabato 28 maggio 2011

La morsa tra Lega e Lodo Mondadori


di Sara Nicoli

Non si arrende, perché la parola non gli appartiene. Ma prima che le urne dei ballottaggi travolgano – non definitivamente, ma in modo doloroso – il suo ventennio, ha provato a dare una mano di vernice alla sua immagine sfilacciata con i grandi del mondo, ma senza dimenticare di solleticare a distanza gli istinti più grevi del suo elettorato; ancora i giudici di sinistra, ancora l’urgenza della riforma. Ancora i fatti suoi.

La figuraccia è stata forse la più alta degli ultimi anni, ma nella testa di Berlusconi contava di più far vedere al suo elettorato di portare, tra i grandi del mondo le difficoltà di un governo sotto attacco da parte di una magistratura golpista, quindi far colpo su Obama, che continua ad avere un asse privilegiato con Napolitano e non con lui. E questo, al Cavaliere, brucia più di tante altre cose.

È noto di come, da sempre, Berlusconi abbia utilizzato i summit internazionali per stringere amicizie che poi ha sfruttato anche sul fronte economico personale. E quella di Deauville altro non è stata che l’ennesima tappa di questa strategia, pur avendo privilegiato il messaggio pre ballottaggio contro la magistratura meneghina.

L’immagine di un Obama sorpreso, ma comunque attento alla spiegazione di un’Italia “in mano ai giudici di sinistra” potrebbe aver fatto breccia anche in chi, come lui, pensa che davvero che ci siano dei giudici che lo vogliono far fuori dalla scena politica colpendolo anche nel patrimonio.

Ecco la frase chiave, mediaticamente parlando, dell’ultimo comizio dal “predellino” internazionale. È la sentenza Mondadori attesa a giorni, forse a ore; si parla di una conferma della sentenza di primo grado, ma più favorevole sul fronte economico. Forse, invece di 750 milioni di euro gliene chiederanno la metà, ma sarà comunque un salasso. Con i grandi, Berlusconi ha messo le mani avanti sapendo che già martedì all’estero si parlerà di nuovo di lui come uno zar con un piede già dentro lo strapiombo politico. E non solo.

A ROMA proprio martedì lo aspetta un ufficio di Presidenza all’insegna della resa dei conti. La balcanizzazione del partito ha raggiunto ormai livelli inimmaginati solo poche settimane fa; Frattini e Scajola a pranzo insieme (giovedì) per vedere di far coincidere, almeno sulla carta, la corrente di Liberamente con la fondazione di “sciaboletta”; Alemanno e Renata Polverini ormai apertamente sull’Aventino con quest’ultima che proprio ieri, in Regione, ha decretato finita la coalizione con il Pdl perché ha giudicato “un atto di ostilità” il passaggio di due consiglieri dalla sua lista al partito dei berluscones. Eppoi gli ex aenne anti La Russa, con Matteoli e Augello in prima fila, che puntano a fare un gruppo autonomo sul genere di quello di Viespoli al Senato. Infine, la mina Micciché, che aspetta che si riapra il Parlamento per aprire il suo gruppo Forza Sud almeno alla Camera.

Divisioni, spifferi e correnti che la probabile sconfitta di Milano renderà del tutto ingovernabili.

Berlusconi un piano ce l’ha, azzerare tutto, rifondare un nuovo partito perché tanto “il Pdl ha ormai un’immagine perdente”, più leggero nella struttura e con il Capo che comanda davvero accanto a un direttorio di pochi, fidatissimi e intimi, compagni di viaggio. E di certo anche di merende. Con tanti giovani sul territorio. Se ne parla da tempo, ma ora è venuto il momento di partire. E sarà un modo, questo, di tenere a bada anche il Carroccio. Da lunedì l’alleanza con la Lega subirà contraccolpi decisi. Calderoli l’ha detto con chiarezza: “Gli elettori, con la sconfitta di Milano e Napoli, hanno voluto mandare un messaggio anche al governo”. Vita dura per il Cavaliere, dunque, da lunedì. Anche se la Moratti dovesse perdere solo di misura, il redde rationem nella maggioranza e nel partito è ormai inevitabile. E l’odore di un voto politico anticipato si fa sempre più forte.

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