giovedì 12 maggio 2011

L'accusa, poi l'assoluzione Ecco cosa c'è in quelle carte


In 25 secondi, studiatamente gli ultimi del faccia a faccia con Giuliano Pisapia su Sky, le parole di Letizia Moratti risultano contraddette due volte dalle sentenze: da quella d'Appello che il sindaco tace, e da quella stessa di primo grado che cita.
Moratti richiama un verdetto d'Assise del 1984 per affermare che solo un'amnistia aveva salvato il rivale da una condanna per furto, ma tace che Pisapia in Appello era poi stato assolto nel merito nel 1986 «per non aver commesso il fatto». E anche solo restando alla sentenza di primo grado del 1984, fa credere che alla base dell'applicazione dell'amnistia vi fosse da parte dei giudici un'affermazione di responsabilità di Pisapia per il furto del 1978, mentre invece nella motivazione la Corte d'Assise esplicitamente scriveva che, se non fosse intervenuta l'amnistia, avrebbe comunque «assolto per insufficienza di prove» Pisapia.

Tre pentiti e un furto: chi decise?
«Anche Pisapia». «No, non c'era».

La storia vera comincia la sera del 19 settembre 1978, quando a Milano i terroristi di «Prima Linea» Massimiliano Barbieri, Roberto Sandalo e Marco Donat Cattin rubano un furgone Fiat, e Barbieri viene arrestato. Due anni e mezzo dopo, Sandalo, "pentito" come anche gli altri due, spiega il furto come finalizzato a un progetto (poi mai attuato) di sequestro di William Sisti, capo del servizio d'ordine del «Movimento lavoratori per il socialismo» che aveva avuto violenti scontri con l'«Autonomia operaia» cittadina, e al quale il «Collettivo» studentesco della libreria di via Decembrio, nel quale all'epoca militavano attivamente Massimiliano Trolli (ex di Lotta Continua) e suo cugino Giuliano Pisapia, addebitava pestaggi di "compagni", come un disegnatore di murales ridotto in fin di vita. Barbieri, che secondo Sandalo e Donat Cattin voleva colpire Sisti «come carta di credito per entrare in Prima Linea», nell'estate 1978 li porta dunque in una casa di benestanti nel centro di Milano, dove vivevano Trolli e «il cugino», cioè Pisapia. Tutti e tre i pentiti collocano nella casa alcune riunioni di luglio 1978 nelle quali «venne avanzata la proposta di compiere un'azione punitiva contro Sisti» da sequestrare, picchiare e liberare con la colla nei capelli. Ma i tre pentiti divergono sul ruolo di Pisapia: per Sandalo era presente; lo stesso dice Barbieri, che però per la riunione operativa indica una data in cui Pisapia era a Santa Margherita Ligure bloccato da un'ulcera, attestata sul ricettario milanese del medico Carlo Agnoletto (zio di Pisapia); invece Donat Cattin esclude Pisapia fosse alla riunione.

Cade la banda armata. Per il furto
a giudizio per «concorso morale»

E' notorio che per questa vicenda Pisapia nel 1980 fu arrestato con due accuse: partecipazione alla banda armata «Prima Linea», e concorso morale (luglio 1978) nel furto del furgone poi commesso (settembre 1978) da Sandalo-Barbieri-Donat Cattin. Resta 4 mesi in carcere, ma per la banda armata neppure viene processato, direttamente prosciolto su richiesta del pm Armando Spataro. E' invece rinviato a giudizio in Corte d'Assise per il concorso morale nel furto del furgone, anche qui noto negli archivi (es. Ansa dell'11 giugno 1982).

Primo grado: l'amnistia prevale
sull'assoluzione dubitativa

Finisce con una amnistia. Nella motivazione di primo grado la Corte d'Assise tende a escludere «sovrapposizione di ricordi» nella versione di Sandalo, ritiene «poco verosimile che Barbieri abbia clamorosamente errato», appare dubbiosa rispetto a Donat Cattin che dice che Pisapia non c'era, e svaluta il certificato medico. Tuttavia la Corte prende atto che anche Sandalo e Barbieri «non hanno esplicitamente parlato di uno specifico apporto di Trolli e Pisapia all'episodio del furto». E conclude che, «nell'irrisolto contrasto» tra le dichiarazioni di Donat Cattin e quelle «non meno rilevanti deponenti in contrario di Barbieri e Sandalo, nei confronti di Pisapia potrebbe essere emessa solamente una pronuncia di assoluzione per insufficienza di prove». Poiché però nel 1978 era intervenuta una amnistia, «per giurisprudenza consolidata l'amnistia prevale» tranne nel caso di assoluzione piena: quindi il dispositivo della terza Corte d'Assise il 22 ottobre 1984 ritiene «amnistiato il reato ascritto» a Pisapia e dichiara «il non doversi procedere».

Secondo grado: «Neanche indizi»
Assolto, non ha commesso il fatto

Pisapia rinuncia all'amnistia e fa ricorso alla Corte d'Assise d'Appello, che lo assolve nel merito. I giudici scrivono che dalla «coabitazione di Pisapia con il cugino Trolli» e dall'«adesione di Pisapia all'ideologia di sinistra» possono «sorgere al più soggettivi sospetti» ma non certo «la prova di un coinvolgimento che connoti estremi di rilevanza penale». In più, i giudici di secondo grado, diversamente da quelli di primo, ritengono la presenza di Pisapia alla riunione di fine luglio 1978 «del tutto smentita» dal certificato medico che lo indicava fermo a Santa Margherita Ligure, per la stessa ulcera per la quale ulteriore «documentazione sanitaria» lo mostrava «ricoverato in ospedale a Santa Margherita dal 12 al 18 giugno e dal 24 giugno al 3 luglio». La conclusione della terza Corte d'Assise d'Appello l'8 marzo 1986 è dunque che «non vi è prova, nè vi sono apprezzabili indizi, di una partecipazione di Pisapia al furto, sia pure sotto il profilo di un concorso morale: va pertanto assolto per non aver commesso il fatto».

Giudice errato, Cassazione annulla
E l'Appello-bis riassolve nel merito

Finita? Non ancora. Neppure l'accusa impugna l'assoluzione di Pisapia, ma il 3 marzo 1987 la Cassazione rileva un errore nella formazione del collegio d'Appello, annulla la sentenza per tutti gli imputati e quindi fa ricelebrare il processo di secondo grado. E' solo un formalità: infatti sia la Procura generale sia le difese chiedono ai giudici del processo-bis d'Appello di confermare le statuizioni riguardanti ciascun imputato, e la nuova Corte lo fa per tutti gli imputati (compreso Pisapia) nelle ordinanze del 3 dicembre 1987, 25 febbraio, 28 marzo e 14 aprile 1988. A chiudere lo svuotato Appello-bis resta il «non doversi procedere non potendo essere proseguita l'azione penale» già definita dalle ordinanze sui vari imputati; e cioè, nel caso di Pisapia, dall'assoluzione passata in giudicato per non aver commesso il fatto. Un dato definitivo che relega in secondo piano la scelta del sindaco di connotare negativamente l'amnistia attribuita (erroneamente) al rivale nonostante di un'amnistia vera abbia usufruito, per fatti parimenti datati, il capolista della sua lista Pdl, Silvio Berlusconi, per il quale 21 anni fa la Corte d'Appello di Venezia dichiarò nel 1990 l'amnistia della «falsa testimonianza» imputatagli per aver negato l'iscrizione alla loggia P2 di Licio Gelli.

Luigi Ferrarella
lferrarella@corriere.it
12 maggio 2011

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Marco Donat Cattin e Roberto Sandalo sono stati detenuti da me nella Casa di Reclusione di Alessandria, ovviamente li ho conosciuti e anche bene.
Marco Donat Cattin, deceduto successivamente in un incidente d'auto ( “Il 18 giugno 1988, sull’autostrada Serenissima, nei pressi del casello di Verona sud, muore travolto da un’auto mentre, sceso dalla sua vettura, stava segnalando alle macchine che sopraggiungevano di fermarsi per evitare un incidente in cui lui stesso era stato coinvolto leggermente.
Il 22 giugno 1988 si svolgono a Torino i funerali di Marco Donat-Cattin nei quali si ricordano i "forti rimorsi" di una persona che "viveva con il dolore del ricordo di quegli anni" [5]. Secondo le parole di Don Mazzi, raccolte da Repubblica, "era un ragazzo sregolato, nel bene come nel male", dice don Mazzi, scuotendo la testa. "Si buttava nelle cose a capofitto. Capisco la pazzia che ha fatto sull’autostrada, nel tentativo di salvare altre persone. Da noi, al centro di recupero dei tossicodipendenti, dava tutte le sue forze, con entusiasmo. E aveva quel carisma del capo, un po’ guascone, come suo padre per altro, che lo aiutava molto nel lavoro. Dall’anno scorso era andato a Roma, ma si era tenuto in contatto con tre ragazzi. Anzi, proprio di recente li aveva invitati nella capitale per trascorrere insieme qualche giorno. Dei suoi trascorsi in Prima Linea, Marco Donat Cattin parlava malvolentieri: aveva forti rimorsi, viveva con dolore il ricordo di quegli anni. Una volta, mentre mi raccontava un episodio, è stato male fino a vomitare. Il suo più grande desiderio - continua il sacerdote - era di essere perdonato, o almeno incontrare la vedova di Emilio Alessandrini. Ma non è stato possibile. Purtroppo è morto prima che riuscissimo a trovare una strada di pace e conciliazione."” (Wikipedia) appare il più credibile. Roberto Sandalo, detto Roy il pazzo, dopo l'arresto iniziò a collaborare, come Marco Donat Cattin, dissociandosi da Prima Linea.
Condannato a 11 anni e 2 mesi ne sconta solo due di anni. Scarcerato, Nel 2002 venne di nuovo arrestato per rapina … Il 10 aprile 2008 Sandalo è stato arrestato dai Carabinieri del ROS e dagli agenti della DIGOS di Milano dopo un'ordinanza di cattura conseguente agli attentati alle moschee e ai centri culturali islamici di Milano, Abbiategrasso e Brescia avvenuti nei mesi precedenti.
Giandomenico Pisapia, padre di Giuliano, avvocato penalista, pare del nuovo codice di procedura penale accettò di difendermi nel processa mio carico per l'evasione di di Gianni Guido dal carcere di San Gimignano, da me diretto, avvenuta nel gennaio 1981. Però morì prima di difendermi in II^ grado. Il figlio Giuliano, anch'egli avvocato penalista, il quale però rifiutò di farsdi carico dell'impegno preso dal padre, per cui fui difeso dal prof. avv. Piermaria Corso.
ne consegue che non nutro grande simpatia per Giuliano, il quale p
nsava, forse, di difendere un direttore fascista mentre io votavo e ho continuato a votare a sinistra (PCI - PDS - DS) adesso Idv.