DALLE BR IN PROCURA ALLE BEGHE LEGHISTE MORATTI SOTTO IL 50%. L’AGCOM CONTRO B.
di Gianni Barbacetto e Davide Vecchi
Per Silvio Berlusconi la posta in gioco è chiara: “Chi mi vota, domenica prossima a Milano, vota contro Ilda Boccassini e Fabio De Pasquale”. Un referendum contro i magistrati. Di più, un giudizio di Dio sulla sua figura. “O me o loro”, ripete. I tamburi di guerra diventano poi miele in uno spot radiofonico: “Se mi vuoi bene, scrivi sulla scheda il mio cognome”. Milano, domenica prossima, deve scegliere il suo sindaco: niente di più e niente di meno. Ma il presidente del Consiglio ha deciso di buttare tutto il suo peso nella competizione. Perché sa che la candidata del centrodestra, Letizia Moratti, poco amata dai milanesi, rischia di non farcela. Perché per la prima volta il candidato del centrosinistra, Giuliano Pisapia, potrebbe vincere. Perché una sconfitta a Milano sarebbe disastrosa per Berlusconi e avrebbe immediati contraccolpi a Roma.
L’ULTIMA MOSSA di una campagna elettorale trasformata in guerra psicologica è la diffusione di un sondaggio che dà Moratti vincente al primo turno con il 52 e passa per cento. Serve a galvanizzare le truppe preoccupate per una gara difficile, a rischio sconfitta proprio nella città dove il berlusconismo è nato: una partita persa in casa, insomma.
Se Silvio esibisce gli effetti speciali di una SuperMoratti che schianta gli avversari al primo turno, altri sondaggi suggeriscono che è più probabile il ballottaggio: Donna Letizia non ce la fa a superare la soglia del 50 per cento, caso più unico che raro per un sindaco verso il secondo mandato. E al ballottaggio tutto può succedere, perché al secondo turno vince chi riesce a mobilitare i suoi e a portarli alle urne. Può succedere di tutto: anche che l’elettorato leghista, e una parte di quello berlusconiano, non tornino a votare, come successe nel 2004 quando il Ds Filippo Penati trionfò alla Provincia di Milano su Ombretta Colli.
Intanto l’Agcom sanziona il Tg1 di Augusto Minzolini per il troppo spazio concesso a un candidato consigliere comunale a Milano, che guarda caso è anche presidente del Consiglio a Roma. È lui a dirigere l’orchestra: Berlusconi chiama (dice che la campagna elettorale si fa su tasse e immigrati) e Moratti risponde: “A Milano non arriverà nessuno dei 700 profughi previsti in Lombardia”, ha dichiarato ieri, solleticando la pancia degli elettori.
“Poveretta, usa parole non sue”, commenta Giuliano Pisapia, riassumendo in una frase l’intera campagna elettorale del sindaco uscente. Al suo comizio di sabato scorso al Palasharp, Moratti non ha detto una parola su Milano. Anzi, non ha detto una parola. È stata quaranta minuti sul palco senza proferir verbo, in piedi accanto al microfono davanti al quale nel frattempo sfilavano Iva Zanicchi e Ignazio
LETIZIA ha minacciato: “In lista o me o lui, siamo incompatibili”. Eppure Lassini in lista non soltanto c’è rimasto, ma ha anche dichiarato che se votato potrebbe proprio non dimettersi. Venerdì prossimo, arriverà anche Umberto Bossi a sostenere
CE
E ora scoppia con
Per vincere vale tutto, pensano nel quartier generale milanese del Pdl, in viale Monza. Anche la festa dello scudetto del Milan, da fare domenica, a campagna elettorale chiusa e urne aperte. Vale almeno tre-quattro punti percentuali in più per
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