mercoledì 11 maggio 2011

Milano, adesso la trincea del Caimano traballa






DALLE BR IN PROCURA ALLE BEGHE LEGHISTE MORATTI SOTTO IL 50%. L’AGCOM CONTRO B.

di Gianni Barbacetto e Davide Vecchi

Per Silvio Berlusconi la posta in gioco è chiara: “Chi mi vota, domenica prossima a Milano, vota contro Ilda Boccassini e Fabio De Pasquale”. Un referendum contro i magistrati. Di più, un giudizio di Dio sulla sua figura. “O me o loro”, ripete. I tamburi di guerra diventano poi miele in uno spot radiofonico: “Se mi vuoi bene, scrivi sulla scheda il mio cognome”. Milano, domenica prossima, deve scegliere il suo sindaco: niente di più e niente di meno. Ma il presidente del Consiglio ha deciso di buttare tutto il suo peso nella competizione. Perché sa che la candidata del centrodestra, Letizia Moratti, poco amata dai milanesi, rischia di non farcela. Perché per la prima volta il candidato del centrosinistra, Giuliano Pisapia, potrebbe vincere. Perché una sconfitta a Milano sarebbe disastrosa per Berlusconi e avrebbe immediati contraccolpi a Roma.

L’ULTIMA MOSSA di una campagna elettorale trasformata in guerra psicologica è la diffusione di un sondaggio che dà Moratti vincente al primo turno con il 52 e passa per cento. Serve a galvanizzare le truppe preoccupate per una gara difficile, a rischio sconfitta proprio nella città dove il berlusconismo è nato: una partita persa in casa, insomma.

Se Silvio esibisce gli effetti speciali di una SuperMoratti che schianta gli avversari al primo turno, altri sondaggi suggeriscono che è più probabile il ballottaggio: Donna Letizia non ce la fa a superare la soglia del 50 per cento, caso più unico che raro per un sindaco verso il secondo mandato. E al ballottaggio tutto può succedere, perché al secondo turno vince chi riesce a mobilitare i suoi e a portarli alle urne. Può succedere di tutto: anche che l’elettorato leghista, e una parte di quello berlusconiano, non tornino a votare, come successe nel 2004 quando il Ds Filippo Penati trionfò alla Provincia di Milano su Ombretta Colli.

Intanto l’Agcom sanziona il Tg1 di Augusto Minzolini per il troppo spazio concesso a un candidato consigliere comunale a Milano, che guarda caso è anche presidente del Consiglio a Roma. È lui a dirigere l’orchestra: Berlusconi chiama (dice che la campagna elettorale si fa su tasse e immigrati) e Moratti risponde: “A Milano non arriverà nessuno dei 700 profughi previsti in Lombardia”, ha dichiarato ieri, solleticando la pancia degli elettori.

“Poveretta, usa parole non sue”, commenta Giuliano Pisapia, riassumendo in una frase l’intera campagna elettorale del sindaco uscente. Al suo comizio di sabato scorso al Palasharp, Moratti non ha detto una parola su Milano. Anzi, non ha detto una parola. È stata quaranta minuti sul palco senza proferir verbo, in piedi accanto al microfono davanti al quale nel frattempo sfilavano Iva Zanicchi e Ignazio La Russa a cantare “O mia bella Madunina”, Roberto Formigoni in camicia rosa a elogiare la Regione Lombardia, e molti altri a dire molte altre cose. Quando finalmente sembrava arrivato il suo turno, è salito in palcoscenico Berlusconi che le ha rubato la scena con il suo solito repertorio. Letizia Moratti in questa campagna elettorale è stata una faccia sorridente sui muri e sui taxi. Senza voce. Le parole sono state tutte di altri, Berlusconi soprattutto, ma perfino Daniela Santanché, che l’ha smentita su Roberto Lassini, il padre dei manifesti “Fuori le Br dalle procure”.

LETIZIA ha minacciato: “In lista o me o lui, siamo incompatibili”. Eppure Lassini in lista non soltanto c’è rimasto, ma ha anche dichiarato che se votato potrebbe proprio non dimettersi. Venerdì prossimo, arriverà anche Umberto Bossi a sostenere la Signora. Giulio Tremonti è già venuto a darle man forte. I leader nazionali passano senza troppa voglia a Milano a tirarle la volata, mentre lei continua a non proferir verbo e a non rilasciare interviste, se non quelle preventivamente concordate nei minimi dettagli. Oggi sarà costretta a far sentire la sua voce su Sky, a confronto con Pisapia. Dovrà finalmente rispondere sull’Expo fermo da due anni per litigi interni alla sua coalizione , sulla massiccia (e sempre negata) presenza della ’ndrangheta a Milano, sulla Batcaverna del figlio, sui lavori delle metropolitane in eterno ritardo... Anche da Sky ha preteso diverse garanzie, tra cui quella di confrontarsi solo con il candidato del centrosinistra, escludendo Manfredi Palmeri del terzo polo, che pure è stato negli ultimi cinque anni presidente del suo Consiglio comunale e che da giorni gira per la città con una piccola sedia bianca, vuota, in segno di protesta contro il sindaco che rifiuta il confronto.

CE LA FARÀ Davide-Pisapia (un milione di euro di spese elettorali) contro Golia-Moratti (oltre 12 milioni di euro)? Nel 2006, Letizia vinse per soli 35 mila voto contro il debolissimo candidato del centrosinistra, l’ex prefetto Bruno Ferrante. Da allora il Pdl ha perso quasi cinque punti in città, passando dal 41,8 per cento delle comunali 2006 al 36,9 delle politiche 2008, fino al 36 delle regionali 2010. Una emorragia di voti confermata anche dai risultati delle provinciali del 2009, quando Filippo Penati superò in città il candidato del Pdl, Guido Podestà. Stesso risultato anche alle regionali, contro Roberto Formigoni.

E ora scoppia con la Lega (che già non ama la Moratti) anche la polemica sulle prostitute: fatte sparire dalle vie del centro città, ma soltanto perché spostate in periferia o nei Comuni vicini, come ha scoperto ilfattoquotidiano.it che ieri ha messo online un documento, il dispositivo C51, che ordina ai vigili urbani di “spostare gradatamente la prostituzione su strada verso la periferia e, se possibile, oltre i confini comunali”.

Per vincere vale tutto, pensano nel quartier generale milanese del Pdl, in viale Monza. Anche la festa dello scudetto del Milan, da fare domenica, a campagna elettorale chiusa e urne aperte. Vale almeno tre-quattro punti percentuali in più per la Moratti, giurano in viale Monza. A dispetto del cognome.

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