sabato 28 maggio 2011

SCALFARI SONO NARCISO, E ALLORA?

di Silvia Truzzi

Il primo momento di tedio dev’essere arrivato al minuto 17, perché Eugenio Scalfari chiede di “essere corretto” se divaga troppo: in realtà vuol far presente che tempus fugit. Sesto piano del condominio Repubblica, la stanza del Fondatore è una bellissima biblioteca. In questi giorni sta presentando il suo libro – Scuote l’anima mia Eros (Einaudi, 17 euro; 120 pagine) – e le buste con lo struzzo campeggiano candidamente abbandonate su un tavolo laterale. La noia è comprensibile: è reduce da una lunga intervista all’Espresso, in cui ha concesso perfino confidenze, dal non proprio tempestoso salotto di Che tempo che fa e dal non meno complimentoso colloquio sul divano dandinesco. Però parla anche con noi: ed è un battesimo. In cui si cerca di capire perché uno dei più grandi giornalisti italiani ha deciso di indossare l’abito del filosofo, tutti lo scambiano per una veste talare e lo trattano come un papa.

Cominciamo dal primo capitolo del libro: s’intitola La caverna di psiche. Un po’ cupo.

Direi oscuro. Noi avvertiamo gli istinti nel loro nascere: si trasformano in sentimenti quando irrompono dal profondo e vengono a contatto con la mente.

In un'intervista all'Espresso ha detto: “Parto da Freud, ma ne rovescio la logica”. Però la sua caverna sembra coincidere con l'Es freudiano.

È proprio l'Es, se vogliamo attenerci alla dinamica freudiana classica. L'istinto è la vita.

Leopardi lo diceva così: la vita è il sentimento dell'esistenza.

Giusto. L'istinto base da cui tutti gli altri derivano è quello di sopravvivenza. Ce l'hanno tutti i viventi, ma in noi si biforca in due istinti: l'amore per se stessi e l'amore per gli altri.

È già stato scritto. Sono due risvolti di un medesimo impulso: siamo animali sociali, abbiamo bisogno degli altri.

Infatti qualcuno lo dice. Ma pochi affermano che si tratta di istinto. Freud chiama l’amore per gli altri Super-io, quello che cerca di imporre all'Io, e quindi all'Es, un dover essere.

Perché ci occupiamo del bene comune?

Moltissimi filosofi si sono posti questa domanda, Schopenhauer con maggiore chiarezza di altri. La socievolezza però è sempre stata collocata in una dimensione sentimentale. Non istintuale. Se ciò che Freud chiama Super-Io fosse collocato nei dintorni della razionalità, non reggerebbe all'irruenza degli istinti. Non può resistere con l'ausilio dei Carabinieri, sarebbe travolto ogni volta che gli istinti si manifestano nella loro irruenza anti-sociale. Invece reggono: significa che questa forza di moderazione degli istinti è collocata in un luogo psichico diverso.

Nella caverna?

Sì. L’amore per gli altri è un fatto biologico. Negli animali non è così. La nostra è una specie desiderante, dove il desiderio è il desiderio di desiderare. Rivendico con umiltà la collocazione della socievolezza nella sfera istintuale. Mentre il concetto di essere desiderante ovviamente non è mio.

Se gli altri sono solo la soddisfazione di un desiderio, vuol dire che le scelte che facciamo prescindono dalla loro soggettività. Un po’ avvilente.

Bè, che vuole, dopotutto è reciproco.

Nel libro parla anche di potere. Dice: è una condizione triste perché solitaria. E lei? Non negherà di essere un uomo di potere?

C'è potere e potere e natura e natura. Io sento molto Eros, nelle sue varie manifestazioni. E lo sento con una tonalità paternale. Mi sono sempre innamorato dell'amore: non succede a tutti. Per essere più pedestri, vuol dire innamorarsi della vita e far in modo di esercitare il potere in compagnia. Chi ha amore paternale non è solitario nell'esercizio del potere.

Il padre però è uno e gerarchicamente superiore.

Ma per me, per tutti quelli che fanno bene il mestiere di dirigere un gruppo, la coralità diventa un presupposto. Sono sempre andato al lavoro come si va a una festa.

Giuliano Ferrara l’ha soprannominata “Io” alludendo, oltre che al titolo di un suo libro, al suo narcisismo.

Non è solo Ferrara. Da parecchi anni mi sono appassionato della conoscenza e ho fatto due vite parallele: accanto alla carriera giornalistica e all’impegno politico ho avviato un percorso culturale. E il problema dell'Io è affiorato subito.

Non ha risposto alla domanda : è innamorato di sé?

Mi hanno invitato a presentare il mio libro alla Società di psicanalisi. A un certo punto mi hanno detto: ‘Se l'amore per sé è un colesterolo cattivo, la paternalità – che contiene una buona quota di amore per gli altri – è il colesterolo buono. Noi possiamo dire che ha ben bilanciato i due colesteroli’. Ho ringraziato per un giudizio che mi riconosceva equilibrio. In me c'è una dose notevole di narcisismo. Il fatto di saperlo può essere il colesterolo buono, ma la parte di colesterolo cattivo è alta.

Non si annoia a essere trattato come un venerato maestro?

Non mi dà fastidio. Il mio narcisismo lo accetta volentieri. Però quando mi fermavano per la strada per dirmi cose gentili, m’imbarazzavo. Domandavo molto bruscamente: ‘Perché si complimenta?’. Era una difesa. Quando mi chiedevano un autografo, rispondevo: ‘Si chiedono ai calciatori’.

E questa non è superbia?

No, autentico imbarazzo.

È vero che quand'era deputato disse a un vigile di Milano: “Lei non sa chi sono io”?

È vero. Era il 1970, accompagnavo alla stazione mia moglie e le bambine. C'erano due posti vuoti riservati ai Carabinieri. Posteggiai, un vigile mi disse di andarmene. Gli spiegai che volevo solo aiutare con le valigie la mia famiglia. Intanto accostò, nell'altro posto riservato, una macchina, cui venne consentito di restare: era l'auto del questore. E allora dissi: “Io sono un deputato della Repubblica. Se ci sta il questore a maggior ragione ci posso stare io. Nessuno dei due è un carabiniere”. E me ne andai lasciando lì l’auto.

Come finì?

Mi ritirò la patente – era scaduta e non me ne ero accorto – mi diede la multa. Su tutti i giornali uscì la versione del vigile, perché il comando - legato all’assessore al traffico che era socal-democratico - telefonò all'Ansa. Io diedi la mia versione, ma la storia era troppo complicata. Ricevetti moltissime lettere di cittadini indignati.

Torniamo al potere, in questo periodo sembra impossibile parlarne senza parlare di sesso: da Berlusconi a Strauss-Kahn.

Sono degli ammalati. Esiste una malattia che la medicina ha identificato, si chiama satiriasi. Veronica Lario scrisse: ‘Mio marito è ammalato’. Strauss-Kahn è molto diverso da Berlusconi per capacità politiche e intellettuali, però pure lui sembra ammalato. Questi uomini a me paiono degli impotenti.

Crede che il governo Berlusconi cadrà?

Bisogna vedere se la Lega gli stacca la spina. Nel medio termine, avrebbe vantaggio a far cadere il governo. Ma su un orizzonte più lungo no. Certo se perde Milano salta il tappo. Berlusconi però è talmente ricco che i guai giudiziari non lo toccano più di tanto.

Può sfogare la sua satiriasi dove gli pare. Il suo guaio è l'egolatria. Molto colesterolo cattivo?

Lui quello buono non ce l'ha per niente.

E dall'altra parte? La classe dirigente che sta all'opposizione sembra del tutto non all'altezza.

È una cosa che si dice. Voi del Fatto avete un fucile a due canne: sparate contemporaneamente un colpo sul Pdl e uno sul Pd.

Grazie, siamo democraticamente cattivi. Vogliamo parlare della mai approvata legge sul conflitto d’interessi?

Sbagliarono gravemente.

Non è un dettaglio.

No. Ma Bersani ha pubblicamente riconosciuto l'errore. Il Fatto somiglia al Corriere che cerca continuamente le crepe nel Pd perché l'ideologia di quel giornale è privilegiare il centro. Il Fatto non si capisce chi privilegia.

Forse nessuno: il giornale non è un partito. È una voce critica, di stimolo e controllo sulla politica. Il famoso cane da guardia.

Anche Repubblica non è un partito. Ma voi non stimolate. Sparate a pallettoni.

I giornali generalisti perdono copie. Non è il momento di ripensarli?

Questo riguarda in prima linea giornali come il Fatto. O come il Foglio.

Piano con i paragoni...

Voglio dire che il Foglio nella sua turpitudine esercita una funzione maieutica sul pubblico. Come fate voi. Ma cosa saranno il Foglio o il Fatto, quando Berlusconi e il berlusconismo non ci saranno più? Noi abbiamo uno sfoglio importante, ma è una fortuna. Perché da R2 in poi la politica scompare. Noi non avremo problemi nel dopo Berlusconi.

Al di là della contingenza, non si compra più il quotidiano per sapere cosa succede. Il giornale dovrebbe guidare, evidenziare collegamenti, approfondire.

Per questo oggi sia Repubblica che il Fatto hanno in prima pagina il berlusconismo. Perché spiegano i motivi, incomprensibili se non li approfondisci, per cui nonostante tutto c'è ancora consenso attorno a Berlusconi. Non è cosa di cui compiacersi, ma il problema è la mancanza di un'alternativa valida.

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Intervista molto interessante. La giornalista si è difesa molto bene, senza timori reverenziali, sopratutto quando Scalfari non ha avuto parole propriamente lusinghiere nei confronti del Fatto.