RUPERT MURDOCH
Le nostre scuole restano l’ultimo ostacolo alla rivoluzione digitale. Per una persona che si risvegliasse da un sonno di 50 anni, l’aspetto attuale di una classe sarebbe quasi identico all’epoca vittoriana: un maestro che sta davanti ai ragazzi, con solo il manuale, una lavagna e un gesso. Siamo di fronte a un fallimento colossale dell’immaginazione, peggio, all’abdicazione dalle nostre responsabilità tanto verso i nostri figli che i nostri nipoti, e a un’ipoteca sul nostro avvenire. Come diceva Stendhal: chi si scusa, si accusa.
Sappiamo che la risposta tradizionale - che si riduce a investire soldi per risolvere il problema - non funziona. Nel mio Paese, abbiamo raddoppiato le spese per l’insegnamento primario e secondario negli ultimi trent’anni: i risultati degli esami non sono cambiati. La ragione di questo scacco dipende dal fatto che le somme aggiunte hanno alimentato un sistema che non serve più a educare ma a dare lavoro a insegnanti e amministratori. Come americani, ci interroghiamo sulle ragioni per cui, in una città come Detroit, quasi la metà della popolazione non sa leggere.
I mandarini della mediocrità vi diranno che il problema dipende dal fatto che i ragazzi cui insegnano sono troppo poveri oppure vengono da famiglie svantaggiate, sono degli immigrati che non comprendono la nostra cultura. Questa affermazione è assurda, arrogante, elitaria e totalmente inaccettabile.
In posti come
Le stesse tecnologie che hanno trasformato un aspetto su due della vita moderna possono trasformare l’educazione, fornire alle nostre imprese il talento di cui hanno bisogno per prosperare e offrire a centinaia di milioni di giovani ai margini del benessere l’opportunità di lasciare il segno nel cuore dell’economia mondiale . Noi dobbiamo cominciare a stimolare l’immaginazione dei nostri giovani. La chiave non è il computer o l’iPad ma un programma informatico che coinvolgerà gli studenti, spiegherà loro i concetti e insegnerà loro a pensare da soli. Tutti gli studi vi diranno che più l’insegnamento è interattivo e personalizzato, più i risultati dello studente migliorano.
Facciamo un esempio: come insegnare a un ragazzino di 10 anni il principio di Bernoulli che prende il nome dal celebre matematico del XVIII secolo. Secondo questo principio, quando la velocità aumenta, la pressione diminuisce. Ipotesi un po’ arida. Ora, che succede se posso legare la lezione alla star del calcio Roberto Carlos, il cui leggendario tiro ad effetto illustra questo principio?
Infine, grazie al digitale, possiamo proporre i più grandi pensatori a ogni studente, ai quattro angoli del mondo, a un costo bassissimo. Fuori dalle aule, il digitale l’ha già fatto. Non molto tempo fa, bisognava essere ricchi per ascoltare un’opera o una sinfonia ben eseguite. Voi potete adesso scaricare la miglior registrazione mondiale del vostro concerto di Mozart preferito per un dollaro. E potete ascoltarlo quante volte volete. Così, se un insegnante in Bretagna propone il miglior corso di storia di Francia, non c’è alcuna ragione di non metterlo immediatamente a disposizione di ogni studente dell’intera Francia, o in Vietnam.
Riflettete un attimo, non esiste alcuna ragione per la quale uno studente di ogni Paese del mondo - a Pechino, Boston o Berlino - non dovrebbe poter aver accesso al fisico Stephen Hawking che spiega la scienza, al violoncellista Yo Yo Ma che spiega l’armonia, allo storico Andrew Roberts che spiega Churchill, al Nobel per l’Economia Amartya Sen che spiega l’economia, eccetera. Tutte queste personalità potrebbero essere integrate in un corso nel mondo intero pagando l’attuale costo di scaricamento di una canzone.
(Estratti del discorso «Educazione: l’ultima frontiera» tenuto ieri da Rupert Murdoch al Forum e-G8 di Parigi)
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