giovedì 12 maggio 2011

Spese con la carta di credito aziendale Minzolini indagato per peculato


Augusto Minzolini, è stato iscritto sul registro degli indagati della procura di Roma nell'ambito dell'inchiesta sulle spese sostenute dal direttore del Tg1 con la carta di credito affidata al giornalista dalla Rai. Il reato ipotizzato dagli inquirenti è quello di peculato. Secondo quanto si è appreso la formalizzazione dell'accusa è un "atto dovuto", alla luce di alcuni accertamenti che sono stati svolti, dei documenti che sono stati acquisiti dagli investigatori della Guardia di Finanza e gli atti relativi a una indagine interna svolta dall'azienda di viale Mazzini. Proprio gli uomini delle Fiamme gialle a breve porranno all'attenzione del procuratore aggiunto Alberto Caperna la relazione conclusiva rispetto alle deleghe investigative che erano state date dall'autorità giudiziaria. Gli accertamenti, a piazzale Clodio, sono stati avviati sulla base di un esposto presentato da una associazione di consumatori.

Un mese fa, la Corte dei Conti aveva aperto un'istruttoria sui rimborsi spese del direttore del Tg1. Minzolini aveva sottolineato come si trattasse, anche in quell'occasione, di un "atto dovuto" della Corte, "probabilmente sollecitata" da un esposto del consigliere Rizzo Nervo su "fatti inconsistenti". Rizzo Nervo aveva smentito l'esposto, ma da lui era partita, lo scorso 7 dicembre, una lettera indirizzata al direttore generale Mauro Masi in cui si chiedevano chiarimenti sulle spese rimborsate a Minzolini, mentre l'Usigrai chiedeva l'intervento della magistratura .

Il direttore generale aveva "assolto" Minzolini in una lettera di risposta a Rizzo Nervo, in cui giudicava le spese per 86.680 euro, addebitate nel periodo agosto 2009-settembre 2010 sulla carta di credito della Rai in uso al direttore del Tg1, "una sorta di benefit compensativo" e affermando di ritenere chiuso il caso. La compensazione, spiega Minzolini, per concedere l'esclusiva della sua firma al Tg1 interrompendo la collaborazione con Panorama. Ma proprio la lettera di Masi aveva aperto nuovi interrogativi. Il dg, infatti, era sceso in dettagli svelando particolari del contratto di Minzolini e delle sue trasferte. Dettagli che, secondo Rizzo Nervo, configurerebbero l'ipotesi di reati fiscali, come aveva scritto nella lettera spedita a inizi di febbraio al presidente
Paolo Garimberti per discutere il caso Minzolini in Cda.

La Direzione generale aveva avviato approfondimenti e in Cda aveva indicato che tutto quanto si doveva fare era stato fatto. In Cda Rai, la vicenda era stata seguita anche da Luciano Calamaro, delegato della Corte dei conti incaricato di controllare la gestione finanziaria dell'azienda.

Minzolini: "Attacco politico e strumentale". Pur dicendosi "tranquillo" per "l'atto dovuto", Minzolini precisa di aver "già ridato indietro alla Rai l'intera somma in questione" e di aver "nel contempo avviato un'azione legale di rivalsa nei confronti dell'azienda". La reazione del direttore del Tg1 alla notizia del suo nome nel registro degli indagati è dura. "Se è vera, è l'ennesimo attacco in quel delta del Mekong che è la Rai - dichiara il direttore del Tg1 -. Dopo l'inchiesta della procura di Trani, le polemiche dell'Usigrai, le iniziative dell'Agcom è arrivato il turno della procura di Roma". "Quello che mi fa sorridere - prosegue Minzolini - è che questa notizia sia finita sui media a due giorni dalle elezioni. La strumentalità politica è più che evidente, visto che l'indagine penale prende spunto dall'esposto di un partito politico, quello di Antonio Di Pietro".

"Dall'azienda - ricorda Minzolini - mi era stato dato un benefit in cambio dell'esclusiva giornalistica (a contratto già firmato, il presidente Rai mi chiese di interrompere una collaborazione con il settimanale Panorama). Un benefit di cui ho goduto fino a quando - dopo 18 mesi e dopo aver approvato un bilancio - il vertice Rai ha scoperto, per usare un eufemismo, che quel benefit non era compatibile con la politica aziendale. Una decisione che viene presa sulla base di un'iniziativa di un consigliere d'opposizione legato all'Idv a poche settimane dal 14 dicembre - altra conferma della strumentalità politica insita nella vicenda - nella speranza che la caduta del governo Berlusconi avrebbe avuto delle ripercussioni in Rai". "In poche parole - insiste il direttore del Tg1 - qualcuno pensava che fosse lo strumento giusto per farmi fuori: hanno provato ad utilizzarlo dentro l'azienda (ma il dg di allora, conoscendo i contorni della vicenda, ha sempre escluso un'azione disciplinare), in Corte dei Conti e, non avendo altro, hanno sollecitato un'azione penale secondo metodi ben noti".

(12 maggio 2011)