mercoledì 22 giugno 2011

E la Lega abbassa la testa

MICHELE BRAMBILLA

Chi si aspettava fuoco e fiamme dal dibattito di ieri al Senato è rimasto deluso. Berlusconi ha parlato 45 minuti in modo tale da non sembrare neanche Berlusconi. Ha scelto un profilo basso e toni ancora più bassi. Non ha mai alzato la voce. Non ha attaccato i giudici e non ha attaccato la stampa: se non andiamo errati, non ha neppure citato i comunisti.

Parlando del suo governo, non ne ha rielencato i meriti come è solito fare: più modestamente, ha detto che a questo governo non c’è alternativa perché «le tre o quattro opposizioni sono divise e non sono in grado di esprimere un leader».

Si è spinto perfino a dire che «le contraddizioni della minoranza sono più gravi dei travagli della maggioranza», ammettendo quindi che la maggioranza è travagliata. Anche qui possiamo sbagliarci: ma non ci pare che il Cavaliere avesse mai presentato il suo «prodotto», in passato, sostenendo che è meno peggio di quello della concorrenza.

Pure parlando di sé Berlusconi pareva un altro. Intanto parlava in prima e non in terza persona, come quando - in settembre e in dicembre, durante dibattiti quelli sì infuocati - diceva «questo signore ha chiamato Obama» e «questo signore ha chiamato Putin». E poi è arrivato addirittura a ipotizzare, lui che aveva annunciato di voler governare fino a centovent’anni, un ruolo da pensionato: «Non voglio essere presidente del Consiglio a vita». S’è spinto perfino a parlare della sua «eredità politica», quindi di un dopo-Berlusconi.

Insomma il premier ha fatto il moderato, forse per assicurare a tutti - all’opposizione, ma più ancora ai suoi - che non è affatto allo sbando, che ha i nervi saldi, che nonostante tutto tiene la situazione in pugno.

Basterà questo stile, ben diverso da quello dei comizi pre-elettorali di un mese fa, a tranquillizzare gli alleati e, quel che più conta, gli italiani? Ne dubitiamo. Cominciamo dagli italiani. Berlusconi ha annunciato che entro la pausa estiva farà la riforma fiscale, introducendo tre sole aliquote, più basse delle attuali. Per i contribuenti è certamente una bella notizia. Ma è anche credibile? Intanto, il premier non ha spiegato in quale modo una tale riduzione delle tasse «non produrrà buchi di bilancio»: e spiegare come si possa tirare la coperta senza farla risultare corta almeno da un lato, non è proprio un dettaglio. E poi agli italiani questo discorso delle tre aliquote pare di averlo già sentito: perfino nella primavera del 1994, quando Berlusconi si insediò per la prima volta a Palazzo Chigi. E’ credibile che nelle poche settimane che li separano dalle meritate vacanze, i nostri governanti possano fare ciò che non è stato fatto in diciassette anni?

Quanto agli alleati, c’è da chiedersi di quale stomaco siano dotati i leghisti, ancora una volta costretti a digerire di tutto. Solo tre giorni fa, a Pontida, Bossi aveva giurato che quattro ministeri sarebbero stati trasferiti al Nord, altrimenti la Lega avrebbe dichiarato guerra al governo. Ieri però il governo ha dato parere favorevole agli ordini del giorno (presentati dall’opposizione) contro il trasferimento dei ministeri, e la Lega s’è dovuta accontentare di una vaga promessa di «sedi di rappresentanza operative». E sulla Libia? Anche qui a Pontida i leghisti avevano intimato l’immediato ritiro, ma ieri Berlusconi ha glissato rinviando tutto a settembre e alle decisioni della Nato.

Per questo la Lega è tutt’altro che tranquillizzata, anche se ancora una volta sarà costretta ad abbassare la testa dopo avere alzato la voce. Troppo importante stare al governo.

Ma forse anche l’opposizione oggi non ha interesse a forzare la mano. Un po’ perché la grande coalizione da contrapporre al centrodestra non ha, al momento, né un leader né una composizione. E un po’, forse, perché condivide la preoccupazione su una possibile ricaduta a livello europeo. Il timore che l’Italia possa fare la fine della Grecia non è campato per aria. E quindi, per dare la spallata a Berlusconi, meglio aspettare un momento più propizio.

Insomma la situazione è seria, ma la nostra politica ha reagito con il fermo proposito che di questi tempi è sulla bocca di tutti gli italiani: ne parliamo dopo le ferie.

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