lunedì 6 giugno 2011

Le condizioni di Bossi: "Svolta su fisco o voto" Ma il premier sogna il traguardo del 2013

La tentazione di Bossi. Sottrarsi al logoramento e stringere col premier un patto di governo a tempo. Otto, nove mesi per andare al voto nel 2012, dopo aver messo a segno pochi ma incisivi provvedimenti in grado di riconquistare consensi al Nord. "Perché o si cambia o sarà meglio andare al voto subito" è quanto va ripetendo il Senatur (audio ).

Dovrà fare i conti con la resistenza a oltranza di Berlusconi, che dall'alleato invece pretenderà pieno sostegno per portare la legislatura fino alla scadenza naturale del 2013. Senza strappi e, ovvio, senza alcun passo indietro da parte sua: l'inquilino non lascia Palazzo Chigi.

A chi lo ha sentito nel primo week end di relax trascorso ad Arcore dopo la batosta elettorale, il Cavaliere è apparso più determinato che mai alla vigilia del vertice in programma oggi a ora di pranzo a Villa San Martino. Appuntamento nel quale
Angelino Alfano esordirà da neo segretario, assieme ai coordinatori pidiellini, e in cui col leader del Carroccio e i ministri Maroni, Calderoli ci sarà il loro "guru" economico, Giorgetti. Non a caso: tutti i riflettori saranno puntati sul commensale Giulio Tremonti. "Voglio vedere se con l'aiuto di Umberto, che come noi ha perso le elezioni per colpa del fisco e degli imprenditori delusi, riusciremo a convincere Giulio a cedere una volta per tutte".

In cima ai pensieri del presidente c'è la riforma fiscale da annunciare e approvare nel giro di poche settimane, ci sono i famosi cordoni della borsa da allargare. Proprio quelli che il ministro dell'Economia intende tenere sigillati, tanto più alla vigilia di una doppia manovra (giugno e fine anno) che già si preannuncia - e che l'Ue pretende - da lacrime e sangue. Ecco, su questo punto Berlusconi è convinto di trovare proprio in Bossi una solida sponda.

Ai primi punti dell'agenda per il rilancio che gli uomini del Carroccio porteranno ad Arcore, c'è proprio lo stop alla politica di "aggressione fiscale", quella delle ganasce e della lotta spietata all'evasione, per intendersi, che ha portato alla mezza rivolta degli imprenditori di Treviso di qualche giorno fa. "Quella è gente nostra, ha già minacciato che non ci vota più, non possiamo voltar loro le spalle" va ripetendo da giorni il Senatur ai dirigenti di Via Bellerio. Allora, rigore sì, Tremonti resta il loro faro, ma il ministro sarà invitato anche dai "lumbard" a cambiare registro.

Ma un Berlusconi indebolito dalla sconfitta elettorale e incalzato sul fronte interno dal pressing pidiellino sulla successione, sa bene che in questa partita con Bossi si gioca la propria sopravvivenza politica. Sa che dietro l'angolo potrebbe esserci la richiesta da parte dell'alleato di cedere il testimone, alla prossima tornata elettorale. Ecco perché Bossi e i suoi troveranno un padrone di casa piuttosto accondiscendente. Tra le portate della colazione non è escluso che venga servito il più pesante dei ministeri rimasto vacante: quello alla Giustizia liberato da Alfano.

Se finora il premier non si è sbilanciato sull'avvicendamento, è proprio perché intende sondare gli umori leghisti. Il più quotato dei papabili resta il pidiellino
Maurizio Lupi, ma il Cavaliere non si straccerà le vesti, raccontano i suoi, per difendere una soluzione interna. Soprattutto se Bossi dovesse proporre Roberto Castelli, già leale e sperimentato Guardasigilli del vecchio governo Berlusconi. Non solo. Dal vertice di oggi il ministro delle Riforme vuole incassare il via libera al trasferimento di almeno un ministero a Milano. Il suo, nella fattispecie, magari con il dicastero alla Semplificazione di Calderoli annesso. Con buona pace degli ex An e del Pdl romano, Alemanno in testa. Il premier proverà a cedere solo dipartimenti, come aveva già abbozzato. Ma Bossi ha deciso di fare di questo uno degli annunci "forti" all'adunata di Pontida del 19 giugno.

Il sospetto che il Senatur stia premendo fin troppo sull'acceleratore con l'obiettivo recondito dello schianto, magari per dar vita entro l'anno a un esecutivo Tremonti e cambiare la legge elettorale, aleggia eccome in casa Pdl. "Speriamo che gli amici leghisti comprendano che non sono i ministeri a Milano a riportare a casa i voti persi - ragiona il berlusconiano doc Osvaldo Napoli - ma piuttosto la capacità di rilanciare l'economia". Già, ma Tremonti accetterà davvero di cambiare registro? La tensione è cresciuta parecchio, in queste ore, al ministero di via XX Settembre, cinto d'assedio su più fronti. "Berlusconi è stato sempre in grado di mediare quel che sembrava inconciliabile - confida l'eurodeputato Pdl Mario Mauro - dalla Lega alle varie anime del nostro partito". Questa volta l'impresa sarà ancora più ardua.

(06 giugno 2011)

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