giovedì 16 giugno 2011

RIFIUTI, LOTTA CONTRO IL TEMPO NEL BUNKER DI DE MAGISTRIS

Il sindaco vara il piano, esportazione ancora bloccata

di Enrico Fierro

È una guerra. L'eterna guerra della monnezza a Napoli. Ma questa è la battaglia definitiva. O si vince o si perde. Il pareggio non è previsto.

Da una parte ci sono le truppe di Luigi de Magistris e del suo vicesindaco-assessore ai Rifiuti Tommaso Sodano.

Dall'altra c'è l’invincibile armata che in questi anni di emergenza e commissariati straordinari sulla monnezza ha costruito fortune enormi.

Un gigantesco “cassonetto” con dentro di tutto: tecnici, commissari, sub-commissari, imprese appaltatrici, lobby dell'incenerimento dei rifiuti, camorre, clientele politiche, trombati e vecchi tromboni da sistemare nei vari consigli d'amministrazione, nei consorzi, nei sub-consorzi. Una guerra che si combatte senza esclusione di colpi. Mentre su Napoli incombe una nuova emergenza con mille tonnellate di rifiuti per strada.

È IN QUESTO clima che oggi la nuova giunta comunale presenterà il suo piano. La delibera fine di mondo la chiamano. Il progetto è top-secret, ma alcuni punti sono noti. Un no chiaro all'inceneritore di Napoli-Est, un sì forte alla differenziata e alla costruzione di almeno quattro impianti di compostaggio. Serve tempo, e serve soprattutto continuare ad “esportare” la monnezza nelle altre regioni. Perché le discariche della Campania sono piene. Napoli produce 550 mila tonnellate di rifiuti l'anno, le discariche della regione hanno una capacità residua di appena 100 mila tonnellate, tempo sei mesi e non ci sarà più un buco disponibile.

L'inceneritore di Acerra va ancora a rilento, con due linee su tre che funzionano, gli impianti per la tritovagliatura della monnezza al collasso. Poi c'è la burocrazia, col Tar del Lazio che pochi giorni fa ha bloccato il trasporto dei rifiuti campani fuori regione.

Solo un decreto del governo può sbloccare la situazione, ma la Lega e Calderoli hanno fatto fuoco e fiamme. Soluzione? Anche oggi il Consiglio dei ministri è orientato a non decidere.

Tommaso Sodano è nel suo ufficio di Palazzo San Giacomo. “Stiamo combattendo una guerra persa? Non credo, possiamo vincere, ma dobbiamo rompere tutte le compatibilità del sistema. Gli interessi in gioco sono tanti e tutti potentissimi, ma questa volta abbiamo i napoletani dalla nostra parte. Hanno capito che si è arrivati ad un punto di non ritorno”. È guerra, anche di 007, strani signori che vediamo aggirarsi per corridoi e uffici. “Sono i tecnici della bonifica”, ci dicono. Quelli che devono ripulire le stanze da eventuali microspie messe da chi ha interesse a controllare le mosse di sindaco e assessori. È sempre “monnezza”, ma di altro tipo. E allora vediamoli, gli interessi in gioco.

L'INCENERITORE di Napoli Est. Un business da 450 milioni di euro (a Torino un impianto analogo costa la metà) per chi lo realizza e per chi lo gestirà per i prossimi vent'anni con profitti da capogiro: 480 mila tonnellate di rifiuti da bruciare ogni anno con una tariffa di 96 euro a tonnellata, quasi il doppio di quanto si paga oggi alla società che gestisce l'inceneritore di Acerra.

“Un impianto di compostaggio – calcola Sodano – costa dai 50 ai 60 milioni di euro, abbatte i costi che oggi sopportiamo per trasferire i rifiuti nella altre regioni, circa 6 milioni l'anno, e produce biogas. L'inceneritore è una follia, servono cinque anni per costruirlo e nel frattempo che si fa, dove si portano i rifiuti? Ed è sovradimensionato, se arriveremo al 50% di differenziata per farlo funzionare a pieno regime a Napoli dovremo importare 250 mila tonnellate di rifiuti l'anno, 20 mila camion che dovranno entrare in città. Cose da matti”.

Sodano ha accanto a sé Raphael Rossi, il supertecnico torinese (denunciò scandali e sprechi nell'azienda dei rifiuti del capoluogo piemontese), destinato a diventare il numero uno dell'Asia, la società per la gestione del ciclo dei rifiuti. “Che cambierà missione – ci dice – e punterà tutto sulla raccolta differenziata porta a porta da estendere a tutta la città”. 2250 dipendenti, di cui 300 ultrasessantenni e 150 classificati con “ridotte capacità lavorative”, ai quali vanno aggiunti i 350 delle ditte esterne, più 981 lavoratori del Consorzio unico di bacino Napoli-Caserta, li paga la Provincia e costano 2 milioni l'anno. Sono fermi, bloccati, non lavorano. Ce la farete?, chiedo a Sodano e Rossi. “Ce la dobbiamo fare”, è la risposta.

2 commenti:

Francy274 ha detto...

Bella patata bollente hanno ereditato, o ce la fanno o saranno spacciati agli occhi degli elettori. Mai l'intoppo è al Governo, se non si taglia la testa al drago la coda farà sempre danni!

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Il problema che quello non è un drago ma un'Idra!