venerdì 10 giugno 2011

Spiegate al premier che gli serve un nemico

di Flavia Perina

Se fosse un politico e non un imprenditore piuttosto dispotico, Silvio Berlusconi si sarebbe tenuto caro Michele Santoro in Rai, così come non avrebbe mai mollato Gianfranco Fini, così come avrebbe tollerato e addirittura coltivato i molti nemici interni ed esterni che invece ha demolito negli ultimi due anni utilizzando a turno la fabbrica del fango e le leve del suo potere.

Non è necessario aver letto Carl Schmitt per sapere che il nemico, in politica, è una cosa importantissima. Basta aver visto qualche western, specialmente quelli di Sergio Leone (“Dormirò tranquillo perché so che il mio peggior nemico veglia su di me”) e averne tratto le elementari conseguenze: ovunque ci sia un establishment forte che si vuole inamovibile, avere avversari di rango è molto più importante che avere sodali in quantità.

La Democrazia cristiana resistette cinquant’anni grazie allo spettro del comunismo, opportunamente enfatizzato, e crollò assieme allo sgretolamento del Muro di Berlino: la Falce e Martello era il suo gerovital, senza non è durata neppure un minuto.

In questi tempi di ideologie tiepide, per il Cavaliere, Santoro era un nemico perfetto. E la sua piazza mediatica era lo spauracchio ideale per il popolo dei Suv e dei Rolex (per usare la definizione di Confalonieri) che è il naturale riferimento del premier: studenti arrabbiati, operaie furiose, cassintegrati inviperiti, ricercatori sui tetti, turbe di immigrati e di meridionali che gridano nei microfoni le ingiustizie subìte.

Altro che i musulmani, i gay e i ladri d’auto inventati l’impronta per aiutare la povera Letizia Moratti. Lì c’era la “ciccia”, lì le turbe dei non garantiti e dei protestatari per vocazione pronti a trascinare il Paese nel caos in caso di sconfitta del presidente del Consiglio.

Vederli in onda su La7 (se così succederà) non sarà la stessa cosa e renderà più misera, non più gloriosa e vincente, l’immagine del leader del Pdl.

Ma non c’è niente da fare. Nella dimensione padronale del premier la nobile categoria del nemico politico non esiste e c’è solo quella del concorrente commerciale ostile, che può e deve essere asfaltato in una quotidiana dimostrazione di forza.

La stessa tattica è stata a suo tempo applicata contro il nemico interno, vedi Fini, dimenticando che anche questa è una categoria cruciale per la politica così come per la guerra: il mito e l’alibi della “quinta colonna”, dei sabotatori in casa, sono il miglior aiuto per i generali irresoluti e inconcludenti.

Non a caso è stato Giuliano Ferrara, l’unico tra i consiglieri del Cav. ad avere una formazione autentica, a sostenere fino all’ultimo minuto la necessità che Berlusconi si tenesse i finiani, “integrandoli con compromessi politici a lui stesso utili in attesa di uno stemperamento della propria anomalia istituzionale”. Traduzione: la contestazione ti fa comodo se vuoi evitare di apparire come il padrone delle ferriere che sei.

Così come nel modello berlusconiano non si dà valore all’idea di amicizia, tanto che i suoi amici si devono definirsi “servi” per non irritarlo con le loro critiche, allo stesso modo non si tiene in conto l’importanza dell’inimicizia, del conflitto con l’avversario, sale di ogni battaglia politica che abbia dignità e che meriti di essere combattuta.

È per questo che il Cavaliere non si è mai preoccupato della ricerca e della selezione di un “Santoro di destra”, seguendo l’invito che tanti gli rivolgono da anni.

La competizione in campo aperto non gli interessa, esattamente come alla vecchia Democrazia cristiana non veniva neanche in mente di misurarsi con l’egemonia culturale e intellettuale della sinistra o con il suo predominio nel mondo giovanile. Dove serviva mandava la Celere (non solo metaforicamente), e per il resto si consolava nelle urne secondo una massima ben sintetizzata a suo tempo da Maurizio Gasparri: “Quello avrà venduto mille libri, ma io ho preso centomila voti”.

Ma il destino di questo tipo di politica è che alla fine della fiera, senza più nemici da agitare come spauracchio o da additare come colpevoli dei propri fallimenti, neanche i voti o l’audience si prendono più.

Scommettiamo che tra sei mesi ci si troverà a rimpiangere i bei tempi del duopolio tv, quando “il nemico” andava in onda sulla Rai?

4 commenti:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Lucidissima analisi di una Flavia Perina in forma smagliante!

Francy274 ha detto...

Scommettiamo che finirà anche prima di sei mesi? Il fatto che Santoro abbia deciso di andarsene in me, telespettatrice, è sorto un pensiero "finalmente, potrò seguirlo su un altro canale dove non sarò obbligata a vedere i politici di destra, che grazie a Santoro dovevo sorbirmeli, con grande sofferenza del mio stomaco. Finalmente sentirò la versione che interessa me e non più la chiassosa e inutile controparte".
Ciò significa che neanche da destra si solleveranno cori di difesa per il povero e attaccato B. contro il terribile Santoro... e lui perderà d'importanza proprio nella mente dei suoi elettori. Amen.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Non li vedrai solo se, invitati, non ci andranno. Se non ci andranno si daranno la classica zappa sui piedi, ma anche Santoro sarà danneggiato. Qualora dovesse accadere Santoro saprà come stanarli!
O.T.. ho visto "Chaos", hai ragione, una porcheriola.

Francy274 ha detto...

si, la solita americanata :)