sabato 16 luglio 2011

Citrullaggini e confusione sul sistema elettorale

Tra le tante ragioni che impediscono al nostro Paese di rimettersi in piedi c'è anche la citrullaggine elettorale e cioè l'incapacità di adottare un sistema di voto che funzioni e che, di conseguenza, consenta alla politica di funzionare.

La nostra prima Repubblica esordì con un sistema proporzionale puro (senza sbarramenti) che consentiva all'elettore di indicare tre preferenze tra i candidati in lizza (in lista). Queste preferenze furono eliminate da un referendum a furor di popolo. Dal che risulta che agli elettori di allora le preferenze non sembravano importanti come agli elettori di oggi. Il Sud segnava sulla scheda molti più nomi del Centro-Nord. Ma non era senso civico; era che al Sud il voto clientelare era già vivo e vegeto. E il punto resta che allora nessuno difese le preferenze proclamandole l'essenza stessa della democrazia. Lo potrebbero essere solo se e quando gli elettori si interessano di politica e si informano sui candidati. Ma finché se ne impipano, le preferenze possono fare più male che bene.

Il passo seguente fu la richiesta ossessiva di Pannella, con Mariotto Segni sempre di sostegno, di sostituire il sistema proporzionale con il sistema maggioritario secco, all'inglese. Pannella prometteva e giurava che quel sistema avrebbe prodotto il bipartitismo, e cioè solo due partiti. Mai promessa fu più sciocca e infondata. Ma in gran parte venne accolta nella legge che battezzai il Mattarellum: un sistema elettorale per tre quarti uninominale e per un quarto proporzionale.

Sin dal primo giorno protestai, prevedendo che il Mattarellum non avrebbe ridotto ma anzi moltiplicato i partiti (i miei editoriali sono tutti raccolti in volumi, chi non mi crede può controllare). Così fu: quando il Mattarellum venne abolito, i partiti, partitelli e partitini erano diventati tanti che era difficile contarli. Ma al male è seguito l'ancor peggio. Dopo la caduta del secondo governo Prodi il governo Berlusconi-Bossi impose un sistema elettorale che dissi il Porcellum, visto che il suo stesso estensore, Calderoli, lo aveva dichiarato una «porcata».

Lo sfaldamento del centrodestra offre l'opportunità e segnala l'urgenza di una riforma elettorale che almeno elimini la maggiore orrendezza del Porcellum: premio di maggioranza assegnato alla maggiore minoranza. Un 35% dei voti che può ottenere il 55% dei seggi in Parlamento, è una intollerabile e vergognosa distorsione del processo democratico, senza precedenti in nessuna democrazia. E se in queste condizioni una opposizione chiede nuove elezioni senza almeno tentare di eliminare questa distorsione, allora è una opposizione che vuole il proprio male. Ed è proprio così.

Il professor Passigli, già senatore del Pd, si è mosso proponendo un referendum abrogativo del Porcellum. E si è trovato mezzo partito contro. Il professor Ceccanti, il costituzionalista prediletto da Veltroni, lo attacca asserendo che «il ritorno alla proporzionale segnerebbe la fine del bipolarismo». Ma quando mai, ma perché? Quasi tutta l'Europa occidentale usa la proporzionale ed esibisce al tempo stesso una struttura bipolare.

Inoltre non sarebbe il ritorno alla stessa proporzionale di prima, visto che ora avremmo una proporzionale con sbarramento del 4 per cento. Il professor Ceccanti ricorda anche che il partito è sempre stato per il sistema maggioritario a doppio turno di tipo francese. Ma non ricorda bene. Proprio Veltroni, quando era segretario del partito, lo cancellò dall'agenda. L'altra idea è di tornare al Mattarellum. Come se avesse funzionato bene, come se fosse degno di riesumazione. E in ogni caso mi sfugge come un sistema maggioritario possa essere ricavato da un referendum abrogativo che può soltanto cancellare ma non sostituire. A prescindere dalla proposta Passigli, che mi sembra già silurata dal suo stesso partito, mi ha colpito che anche Bersani, tra le tante stramberie, ne abbia detta una anche lui: che la proporzionale è da respingere «perché non dice come sarà composto il governo». Ma, di grazia, come potrebbe? Le elezioni (mi si perdoni l'ovvietà) eleggono, punto e basta. I governi, quali saranno e da chi composti, li stabilisce il Parlamento. Nei sistemi parlamentari è così. E il nostro è pur sempre un sistema parlamentare, per quanto malconcio e tartassato.

Giovanni Sartori
16 luglio 2011

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

UN TOSCANACCIO SEMPLICEMENTE ADORABILE!