giovedì 21 luglio 2011

Crisi,Ue divisa. Paga l’Italia

di Superbonus

Dopo 18 mesi dall’esplodere della crisi greca si ripete il copione dell’ennesimo vertice d’emergenza, nel frattempo però sotto il peso del proprio debito sono crollate anche Portogallo e Irlanda, Spagna e Italia si trovano sotto il fuoco delle vendite. La novità è che per la prima volta la Francia è preoccupata, nonostante abbia confermato il proprio rating di tripla “A” le sue banche sono esposte per circa 400 miliardi di euro verso i paesi più deboli dell’area euro. Una spada di Damocle che rischia di abbattersi su colossi come Società General o Bnp Paribas e su decine di istituti di credito medi e piccoli d’oltralpe. Non a caso Nicolas Sarkozy sta effettuando un pressing senza precedenti sulla Cancelleria tedesca per ottenere un salvataggio pieno della Grecia, senza traumi che causino un panico generalizzato e un collasso dei debiti di Italia e Spagna, ma con il Bundestag (parlamento tedesco) chiuso Angela Merkel non può prendere grossi impegni. I parlamentari tedeschi sanno che alla fine l’unico vero finale pagatore solvibile è la Germania e prima di partire per le vacanze hanno votato una mozione nella quale impegnano il governo a coinvolgere i privati nella ristrutturazione del debito greco e soprattutto a non sborsare altri quattrini.

I TECNICI di tutta Europa sono al lavoro per trovare un compromesso che salvi la faccia e il portafoglio del Cancelliere tedesco e, nello stesso tempo, rassicuri i mercati che sono ancora molto nervosi. Nonostante il restringimento degli ultimi due giorni lo spread fra il nostro Btp a 10 anni e il bund di pari scadenza è ancora del 2,90% di rendimento e il Tesoro per collocare un titolo con scadenza giugno 2013 deve ancora pagare più del 4 per cento di tasso d’interesse.

NUMERI questi che mettono in discussione la stabilità di bilancio, la manovra appena varata e la ripresa economica già fortemente compromessa. È proprio su questo scenario che si stanno concentrando gli analisti di grandi banche e grandi fondi d’investimento: quanto può durare l’Italia in una congiuntura di questo tipo e con il cambio fisso? Due, massimo tre anni è la risposta di quasi tutti. Nessuno scommette sul fatto che il nostro paese riesca a sopportare livelli di tassi d’interesse superiori al 2 per cento di spread per un tempo prolungato. Il cronometro della speculazione si è messo in moto, prima della data limite prevista sfrutterà ogni indecisione, ogni leggerezza, ogni imprevisto per accelerare la crisi e spingerci nel burrone. La soluzione per la Grecia che troverà il vertice europeo di oggi non serve a salvare Atene, ma ad indicare la strada che l’Europa vuole percorrere di fronte alla crisi del debito dei paesi più grandi. Serve a sondare la volontà di Berlino di impegnarsi ancora economicamente, per il presente e per il futuro, per tenere insieme l’area dell’euro. Purtroppo il massimo che questo vertice potrà fare è comprare un poco di tempo, rassicurare i mercati per qualche settimana, ma senza attaccare il problema alla radice senza emettere titoli di debito comune (i famosi eurobond proposti da Tremonti) e senza consentire alla Bce di fare quantitative easing, cioè comprare titoli di Stato a fronte di stampa di denaro (politica già adottata in Usa e Inghilterra). Entrambe le soluzioni sono premature e indigeste per l’opinione pubblica tedesca, olandese e finlandese e negli assurdi meccanismi del Consiglio d’Europa le decisioni devono essere prese all’unanimità, così che si troverà sempre qualcuno che fra il proprio futuro politico e la stabilità dell’euro preferisce sempre il primo. L’Italia si presenta al vertice con il cappello in mano, senza alcuna dignità residua con una manovra economica sbeffeggiata dai mercati e nell’imbarazzante situazione di dover discutere del salvataggio della Grecia, ma senza poter mettere un soldo nel piatto della solidarietà. Se infatti Berlusconi dovesse decidere di contribuire a un nuovo prestito per aiutare Atene dovrebbe reperire almeno dieci miliardi di euro di cui cinque entro fine 2011. Ciò non è previsto dalla manovra economica, non è nei piani del governo e non è stato chiesto né comunicato agli italiani. Probabilmente il nostro primo ministro manterrà un profilo basso, molto basso per non essere notato non essere chiamato in causa e soprattutto per far dimenticare che ha offerto un formidabile destro alla speculazione internazionale litigando con un ministro delle Finanze, criticabile ma stimato internazionalmente, come Giulio Tremonti. Una situazione non facile da gestire per un governo che ad ogni ora mostra segni di cedimento, una situazione che gli squali dei mercati internazionali sono pronti a sfruttare da lunedì, quando l’euforia per le decisioni europee, ancora una volta transitorie, sarà svanita e ci troveremo da soli con 8 miliardi di Cct da collocare entro fine luglio e un’asta del Btp decennale prevista per il 28 agosto che proprio non ci voleva.

UNO STATO troppo indebitato vive un’asimmetria di mercato a suo svantaggio, non occorre che gli investitori vendano i titoli di Stato basta che non li acquistino: ogni anno l’Italia emette debito aggiuntivo per almeno 45 miliardi di euro, se tutti si limitassero semplicemente a rinnovare i titoli in scadenza senza aumentare la quantità posseduta nel proprio portafoglio, la nazione fallirebbe ugualmente. Per la speculazione non è necessario vendere, basta sedersi e aspettare, siamo noi italiani che dobbiamo convincere gli investitori che ripagheremo il nostro debito, che la nostra economia crescerà e che questo è un paese serio che arriverà al pareggio di bilancio e diminuirà il proprio debito. Un’impresa difficile per chi si è guadagnato le copertine dei giornali internazionali con il Bunga Bunga! ( www.superbonus.name)

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