giovedì 28 luglio 2011

'Giudici di Roma sotto attacco'

di Lirio Abbate

«Non siamo più il porto delle nebbie. Stiamo colpendo importanti santuari politici ed economici. E qualcuno cerca di delegittimarci». Parla Giancarlo Capaldo, procuratore aggiunto nella capitale, al centro delle polemiche per una cena con Tremonti e Milanese

(28 luglio 2011)

La nuova stagione di inchieste, dalla P3 alla P4, che sta mettendo alla luce un sistema di corruzione inedito. Il dinamismo inatteso dei pm romani e la convinzione che proprio questo attivismo stia facendo finire i magistrati di piazzale Clodio nel mirino di una serie di attacchi. Il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo parla per la prima volta delle indagini in corso.

Teme che oggi un abuso di intercettazioni piuttosto che svelare reati alimenti un'ondata pericolosa di dossier su "fatti personali e gossip". E risponde alle rivelazioni diffuse da altri uffici giudiziari su suoi incontri con il ministro Giulio Tremonti e il suo consigliere Marco Milanese: "Non c'è nulla di illecito, solo i malpensanti possono credere che si sia parlato di fatti giudiziari".

Com'è cambiato il sistema della corruzione che emerge dalle vostre indagini?
"L'eccessiva corruzione deriva da una crescente e diffusa illegalità. C'è un malcostume corruttivo, e il fenomeno si può definire culturale. Il mondo pubblico si è privatizzato e c'è stato un cambio di mentalità del rapporto tra il funzionario e il suo ufficio".

C'è una nuova Mani pulite che sta per nascere in Italia?
"La stagione di Mani pulite è datata e irripetibile. Credo ci sia la necessità di affermare le regole della legalità nel Paese, intervenendo contro la corruzione in mondo forte. Il numero dei processi che vengono alla luce sono sempre dei fatti episodici, perché non è possibile affrontare quello che non è un fenomeno. La corruzione è dilagante non solo da noi, ma in tutto il mondo. Perché è vista come uno strumento di arricchimento. E' per questo che nelle inchieste tendo ad aggredire i patrimoni e a far rientrare nelle casse dello Stato il frutto di attività illecite. Pensi che complessivamente nell'ultimo anno sono stati recuperati beni e denaro per un valore di oltre un miliardo di euro, di cui 600 milioni soltanto dall'inchiesta Fastweb-Telecom. E' lungo l'elenco dei processi più rilevanti, che hanno avuto impatto sulla politica. Processi su amministratori pubblici, sulla sanità, su Finmeccanica, sull'eolico, tanto per citarne alcuni.


E' sorpreso delle rivelazioni pubblicate in questi giorni dai giornali sulla Guardia di finanza e le frequentazioni tra politici, manager e ufficiali?
"Le forze dell'ordine dipendono amministrativamente dal mondo politico. Tutto ciò può innescare un meccanismo di rispetto istituzionale dei ruoli o qualche volta di meccanismi deviati. I rapporti tra politici e polizia giudiziaria non sono di per sé da sanzionare, purché ciascuno abbia il senso per il proprio ruolo e lo mantenga. La lealtà istituzionale potrebbe anche consigliare una collaborazione per riuscire a fare capire meglio al mondo politico, da parte della polizia giudiziaria, di che cosa ha bisogno per interfacciarsi. Non necessariamente i rapporti che ne derivano sono illeciti. Se lo sono è perché gli uomini cercano di lucrare illecitamente attraverso rapporti, che invece possono essere leciti".

La procura di Roma ha avuto un risveglio rispetto alla fama negativa che aveva di "porto delle nebbie". Avete messo le mani su politici e gruppi imprenditoriali di rilievo. Pensa che tutto ciò può essere motivo di attacco ai pm?
"Penso di sì. La procura di Roma è molto attenta al mondo politico, ed è stata definita per diversi anni il "porto delle nebbie". Da molto tempo non è più così. E' una procura che svolge le funzioni nel modo migliore possibile. Anche rispetto a tante altre procure, con il senso istituzionale e il profilo basso che deve avere il magistrato rispetto alle inchieste. Molto raramente le inchieste della procura di Roma compaiono sulla stampa in modo scandalistico proprio perché c'è un costume corretto dell'ufficio. Se compaiono è per l'importanza oggettiva delle inchieste e non per il clamore, un po' provinciale, che qualcuno vuole dare alle proprie indagini".

Si riferisce a qualche procura in particolare?

"No. Però l'aumento dell'attività della procura di Roma, che ha svolto molte inchieste importanti colpendo santuari politici, economici, finanziari e criminali, ha fatto convergere su di noi i riflettori dei mass media. E' possibile che in ambienti collegati ai soggetti colpiti dalle nostre inchieste si stia cercando di delegittimare il nostro lavoro riportando alla mente l'idea del vecchio e trito "porto delle nebbie" che non c'è più".

E' casuale che su alcuni fatti avvenuti a Roma e che, quindi, potrebbero essere di vostra competenza, stia indagando la procura di Napoli?
"Su questi fatti specifici, che riguardano indagini in corso, non posso parlare. Roma è sede di ministeri e organi istituzionali, costituzionali e finanziari e finisce con l'essere oggettivamente la città in cui si verificano più frequentemente i reati corruttivi più rilevanti. Questo sposta di molto l'asse giudiziario e fa della procura della capitale la sede più importante d'Italia. Ma tutto ciò non è visto bene da altre procure. Come se Roma volesse appropriarsi di cose che non le appartengono. In generale, è importante la competenza perché non è solo un fatto burocratico, ma è un primo aspetto di legalità. Il nostro Paese difetta di legalità e la magistratura deve dare l'esempio di una legalità complessiva. Svolgere indagini per cui non si è competenti è una forma di violazione alla norma. Una forma di illegalità".

Da un'inchiesta condotta dai pm di Napoli emerge che lo scorso dicembre lei è stato a cena con il ministro Giulio Tremonti. Un incontro organizzato a casa di un avvocato. Come lo spiega?
"Per quanto riguarda il profilo giudiziario preferisco non parlarne".

Perché? Esiste un fatto giudiziario, illegale, riguardo a questo incontro?

"Ne ho appreso dai giornali. E per quanto riguarda l'inchiesta non voglio fare dichiarazioni. Ritengo che l'incontro tra un giudice e un ministro non sia un fatto illecito. E' diritto di un magistrato e di un ministro potersi incontrare, se non fanno cose illecite, senza dover chiedere autorizzazioni a nessuno".

Ma a quella cena era presente anche l'ex ufficiale della Guardia di finanza Marco Milanese, il deputato del Pdl indagato a Napoli e adesso anche da lei a Roma. Sapeva che Tremonti sarebbe venuto con il finanziere.

"Non lo sapevo. E poi quando ho visto Milanese insieme al ministro non era ancora indagato dalla procura di Roma".

Dall'inchiesta che avete chiuso su Milanese per finanziamento illecito si è visto che è stato iscritto nel registro degli indagati il 5 gennaio scorso dopo quasi un mese dall'incontro. E che adesso vi apprestate a chiederne il rinvio a giudizio. Forse quella cena non è stato un buon auspicio per l'ex finanziere?
"Ritengo che soltanto malpensanti, e ce ne sono molti, possano aver ipotizzato che in quella occasione si è parlato con il ministro di fatti giudiziari. Cosa che non è accaduta. Non voglio fare altri commenti sulla vicenda, perché sono oggetto di un attacco e non è questa la sede per parlarne".

E' dunque un attacco contro di lei?

"Penso che si possa profilare un attacco, attraverso la mia persona, anche al mio ufficio".

Un anno fa avete scatenato l'attacco alla P3 di Dell'Utri, Verdini e Carbone. Con arresti e avvisi di garanzia. Ma che fine ha fatto questa inchiesta?
"Le indagini sono concluse e si sta predisponendo il deposito degli atti per consentire alle difese di esprimere le proprie conclusioni e alla procura di chiedere il rinvio a giudizio".

Per la prima volta è stata contestata agli indagati della P3 la violazione della norma della legge Anselmi sulle associazioni segrete?
"Sì, la contestazione ha avuto un riconoscimento in sede giudiziaria con l'emissione di custodie cautelari, confermate anche dalla Cassazione. La norma richiede parametri ben chiari che riguardano le associazioni segrete per non allargarsi a ogni tipo di contesti umani o lobby, o cordate di potere, che sono altra cosa".

Possibile che indagando sulla P3 non sia emerso alcun collegamento con la P4? Eppure Bisignani sembra abbia avuto rapporti con alcuni degli esponenti dell'organizzazione segreta gestita da Carboni e Verdini?
"A questa domanda non posso rispondere perché non conosco l'inchiesta della procura di Napoli".

L'inchiesta sulla P4 a Napoli nasce da una costola di una vostra indagine, come pure quella di Finmeccanica ha fatto aprire ai suoi colleghi partenopei inchieste quasi parallele. Come mai si creano questi doppi filoni?

"E' un fenomeno che andrebbe studiato: quello della creazione di processi paralleli o coincidenti. Per evitarli dovrebbero essere studiati strumenti migliori di coordinamento".

Cosa ne pensa delle intercettazioni?
"E' uno degli strumenti di investigazione più importanti. Sono uno strumento insostituibile, decisivo per combattere la criminalità mafiosa ma anche quella dei colletti bianchi. Credo che di questo si debba avere piena consapevolezza da parte di tutti per decidere ogni tipo di intervento che si deve fare sulle intercettazioni. Ritengo, però, che vi sia un ricorso eccessivo alle intercettazioni telefoniche".

Vuol dire che c'è qualcuno che ne abusa?
"Forse dal punto di vista investigativo c'è una sorta di scorciatoia: intercettando l'indagato si può sapere meglio come si muove, chi frequenta e con chi parla. Il ricorso eccessivo determina però anche un altro fenomeno: l'estrema diffusione delle intercettazioni ha portato gli indagati a non parlare più al telefono dei loro traffici. E così la struttura delle conversazioni registrate cambia e punta sulla sfera intima dell'indagato: diventa più gossip. Uno strumento pericoloso per i dossieraggi che oggi sono di moda. Il dossieraggio deplorevole sul piano etico, è una raccolta di dati privati per un uso sempre con fini ricattatori e illecito, e non istituzionale".

Investigatori che fanno dossier per screditare gli indagati?

"Riuscire ad acquisire elementi privati su una persona è molto pericoloso perché si lascia la possibilità che elementi della vita personale e sentimentale vengano posti nei dossier e utilizzati facilmente. Se le notizie sono acquisite in atti di indagini queste rischiano di diventare dei dossier giudiziari e mettere la vita privata delle persone in piazza, al di là della valenza penale"

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

INCREDIBILE, VERO? QUANDO LI PESCANO CON LE MANI NELLA MARMELLATA VIENE FUORI LA POCHEZZA DEGLI UOMINI.