martedì 12 luglio 2011

Il governo deve ridurre la spesa

di Sandro Trento

Dopo l’assaggio di venerdì, ieri sui mercati si è abbattuta la “tempesta perfetta”: il differenziale tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi ha raggiunto il record di 300 punti base e le vendite massicce hanno interessato tutti i listini. In questo contesto le voci sulle dimissioni di Tremonti e i conflitti dentro la maggioranza rendono ancora più fragile la manovra correttiva per il 2013-2014 e l’obiettivo di pareggio del bilancio nel 2014.

L’AUMENTO nei tassi aggrava i conti pubblici italiani visto l’aumento della spesa per interessi, ma colpisce anche le banche e le imprese italiane. Quando una banca o un’impresa italiana devono chiedere finanziamenti sui mercati oggi devono pagare tassi molto più alti rispetto ai colleghi danesi o francesi, perché, nel suo insieme, l’Italia è considerata un paese rischioso. È vero allora che il nostro deficit pubblico è inferiore a quello medio europeo, ma oggi è essenziale rassicurare i mercati, far capire che l’Italia guarda avanti e intende abbattere il proprio debito pubblico.

Come dovrebbe essere costruita, allora, una manovra correttiva che intenda rassicurare i mercati?

Molti osservatori hanno criticato la scansione dei tempi previsti nel progetto di manovra illustrato da Tremonti. Poco subito e quasi tutto nel biennio futuro. Ma la vera questione forse è un’altra. La manovra è più chiara sulle maggiori tasse, si pensi al super-prelievo sui conti di deposito titoli dei risparmiatori e molto meno sui tagli alla spesa corrente. Non ci sono scorciatoie, va impostato un programma di ristrutturazione della spesa pubblica (Spending review).

Cito le ultime Considerazioni finali di Draghi: “Per ridurre la spesa in modo permanente e credibile non è consigliabile procedere a tagli uniformi in tutte le voci: essi impedirebbero di allocare le risorse dove sono più necessarie; sarebbero difficilmente sostenibili nel medio periodo; penalizzerebbero le amministrazioni virtuose. Una manovra cosiddetta inciderebbe sulla già debole ripresa dell’economia, fino a sottrarle circa due punti di Pil in tre anni”.

Tremonti annuncia una Spending Review, ma in sostanza non indica nulla di concreto. E invece proprio questo è l’aspetto cruciale in queste settimane. Se si vogliono tranquillizzare i mercati e lanciare segnali chiari circa la nostra volontà di invertire la rotta, servirebbe subito una lista di capitoli sui quali si intende intervenire. Insomma il senso di una manovra anticipata non è tanto quello di dare della grandi cifre sulla misura dell’aggiustamento.

La manovra deve essere un’operazione di comunicazione ai mercati che per essere credibile dovrebbe indicare esempi, metodi precisi e obiettivi annuali di riduzione degli sprechi e di aumento della produttività nella Pubblica amministrazione. Ma il fatto è che Tremonti non ha nulla nel cassetto. In questi oltre tre anni di legislatura, la Ragioneria generale dello Stato, il suo Servizio Studi, i suoi dirigenti non hanno preparato alcuna Spending Review. Eppure non si partiva da zero. Nel 2006 e 2007 Tommaso Padoa-Schioppa aveva avviato una Spending review e nel 2008 venne presentato un Rapporto per la revisione della spesa pubblica cosiddetto Rapporto Muraro (dal nome di chi aveva coordinato i lavori).

LE DOMANDE urgenti sono specifiche: come si intende, ad esempio, ridurre gli sprechi nel settore dell’ordine pubblico? È sensato che l’Italia abbia cinque polizie (pubblica sicurezza,Carabinieri, Guardia di finanza, Polizia penitenziaria e Polizia municipale) con moltiplicazione delle spese (tre, quattro scuole di formazione, tre-quattro centrali operative, sistemi distinti per la manutenzione dei mezzi, etc.)? Come si intende ridurre il numero di giorni necessari per arrivare a una sentenza civile nei tribunali italiani? Come si pensa di ridistribuire i magistrati sul territorio? Quali tribunali vanno chiusi? Quante prefetture devono essere chiuse? Ci sono carceri che è efficiente chiudere e concentrare le risorse in strutture più grandi? Quali sedi universitarie si vogliono chiudere? E così via.

È il momento della responsabilità. Non possiamo sprecare altri due mesi, di instabilità politica, di lotte intestine, di rinvii, di veleni, per poi ritrovarci nel pieno di una bufera finanziaria che potrebbe assumere proporzioni spaventose. Ricordiamo l’estate del 1992 che sfociò nella terribile svalutazione del 13 settembre e in una crisi finanziaria sfiorata, ai primi di ottobre. Avanti di questo passo, anche solo tra un mese o due, il conto da pagare potrebbe essere molto più salato. Se questa maggioranza non è in grado di scongiurare “scenari ateniesi”, si cerchi subito una soluzione di salvezza nazionale.

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