mercoledì 27 luglio 2011

Inchieste, l'ira di Bersani: "Macchina del fango contro il Pd"

«Lo dico alle macchine del fango che iniziano a girare: se sperano di intimorirci si sbagliano di grosso». Queste le parole del segretario Pd Pier Luigi Bersani, in una conferenza stampa alla Camera, a proposito delle critiche mosse al suo partito dai giornali in relazione alle vicende di Tedesco e Penati. «Le critiche le accettiamo - sottolinea Bersani - le aggressioni no, le calunnie no, il fango no. Da oggi iniziano a partire le querele e le richieste di danni. Sto facendo studiare la possibilità di fare una class action» da parte di tutti gli iscritti al Pd. Questi i principali punti del suo intervento.

Inchieste
Il Pd è totalmente estraneo a tutte le vicende di cronaca di cui si parla». Lo afferma il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, nel corso di una conferenza stampa alla Camera, a proposito delle inchieste giudiziarie che hanno riguardato esponenti del partito. «Queste vicende turbano, ma non ci faranno chiudere la bocca assolutamente». «Non abbiamo differenze genetiche, antropologiche o cromosomiche - ammette il segretario del Pd - i partiti possono non essere al riparo ma devono dire al Paese come vogliono comportarsi, noi lo diciamo e lo chiediamo anche agli altri».

«Ribadisco - sottolinea Bersani - che ci stiamo muovendo su quattro principi. Primo: rispetto assoluto della magistratura. Secondo: tutti i cittadini, onorevoli compresi, sono uguali davanti alla legge. Terzo: chi è investito da una inchiesta faccia un passo indietro per non imbarazzare istituzioni e partito, al netto della presunzione di innocenza. Quarto: i partiti si attrezzino a darsi regole più stringenti di garanzie, trasparenza e controllo».

«Vorrei capire, però - aggiunge - perchè dobbiamo essere solo noi a fare queste cose. Perchè non lo si chiede a nessun altro. Perchè a vedere oggi i giornali e a guardare i tg c’è da rimanere allibiti. Non credo che siamo noi il problema, a questo punto. Perchè altri si stanno comportando all’opposto».

Milanese
«C’è un silenzio tombale su una vicenda che meriterebbe un’attenzione alta. Pongo io la domanda: se questa è una cosa pensabile da parte di un ministro delle Finanze e dell’Economia». Lo dice il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, denunciando il silenzio della stampa rispetto alla vicenda raccontata da Marco Milanese, dell’affitto a lui pagato in contanti dal ministro Giulio Tremonti. «Su Tremonti aspetto anche io spiegazioni come tutti, non so se devo prendere per buono quello che dice Milanese», aggiunge Bersani. E a chi gli domanda se chieda le dimissioni del ministro risponde: «Ne abbiamo messi in fila tanti, ora c’è una mozione di sfiducia individuale pendente contro il ministro Romano. E allora dico che abbiamo un punto di fondo che si chiama governo. Il nostro giudizio l’abbiamo dato: devono andare a casa tutti».

Quanto al «silenzio tombale» della stampa su una vicenda che «meriterebbe profonda attenzione», Bersani domanda: «Come mai non vedo nemmeno un editorialino?». «Non vado a farla in Aula, ma faccio comunque un’interrogazione: come mai questa cosa non si è vista sui tg?», sottolinea. «Lascio giudicare agli altri la gravità di questa cosa»

Tedesco
«Credo che in questa vicenda ci siano stati degli errori». Bersani ammette degli errori da parte del Pd nelle gestione della vicenda dell’arrivo del senatore Tedesco a Palazzo Madama. Bersani premette che all’epoca lui non aveva «nessuna responsabilità, anche se questa cosa viene attribuita a me». Ma aggiunge di «accettare la domanda lo stesso» a nome del partito. «In questa vicenda ci sono stati degli errori - aggiunge il segretario - però venga riconosciuta una cosa: noi siamo andati alla Camera e al Senato a chiedere l’arresto» di Papa e Tedesco. «Questa cosa non può passare in cavalleria. Siamo stati coerenti. Lo si riconosca».

Afghanistan
«Chiediamo che si trovi, assieme agli alleati e alle organizzazioni internazionali, la strada per risolvere una questione problematica e acuta che è costata vite umane». Questo il commento di Bersani sul voto sul decreto di rifinanziamento delle missioni al Senato, facendo in particolare riferimento all’intervento in Afghanistan. «In questo momento, anche drammatico per il nostro contingente, non possiamo dare l’idea di un’Italia che si disimpegna», sottolinea Bersani, che considera però «assolutamente legittime le discussioni sulle prospettive» dell’intervento in Afghanistan.

«Un atteggiamento che non si sottrae alle responsabilità che l’Italia si è presa a livello internazionale», è quello del Pd. Che, spiega Bersani, «continua ad auspicare processi di
politicizzazione della crisi afghana e a sollecitare degli elementi chiari di percorso per il progressivo superamento e limitazione dell’intervento militare».

Bersani rivendica tuttavia di aver raggiunto un primo obiettivo nel rapporto con la maggioranza: «Abbiamo chiesto che la nostra politica estera venga accompagnata sempre dalla gamba
della cooperazione. Per noi è un elemento intrinseco, non è un ammennicolo della politica estera».

Ministeri al Nord
«Condivido come al solito le preoccupazioni del capo dello Stato e aggiungo un giudizio: dov'è
finita la Lega di una volta che i ministeri voleva chiuderli e valorizzare le autonomie locali? Ora fa accattonaggio dei ministeri in una forma grottesca perchè in quello che è stato fatto non c'è dignità nè per il Nord nè per i ministeri». Così Bersani, commentando i rilievi del Colle sull'apertura delle sedi distaccati di alcuni ministeri a Monza: «Ritengo stravagante e molto, molto grave che mentre tutto tace sulla situazione economica e sociale del paese si debba discutere di queste cose», ha aggiunto il segretario del Pd.

Invito alla Lega
Bersani sollecita la Lega Nord a «staccare le macchine» e ad aprire formalmente la crisi di governo. «Io vedo un punto di fondo - ha affermato il segretario del Pd a margine della conferenza stampa - che si chiama governo. Continuo a battere su un chiodo: con le bufere che abbiamo e con quelle che stanno arrivando, questa idea di tenere nella palude la situazione dell’Italia è insensata. Abbiamo bisogno di aria fresca per noi e per quelli che ci guardano dall’estero». «La strada maestra resta quella di andare a votare rapidamente o trovare soluzioni che ci consentano di rompere un meccanismo di continuità, dando il segno che si apre una fare nuova. Questo metterebbe l’Italia di fronte ai mercati internazionali in una situazione più positiva, che consentirebbe di cominciare a ragionare sui problemi che abbiamo e sulle soluzioni possibili». «Non è più tempo di guerre tra maggioranza e opposizione ma è giunto il momento di prendere una decisione drastica. La Lega - o chi per lei nel centro destra - deve cominciare percepire la gravità della situazione e l’insostenibilità di questo stato di cose, di conseguenza - ha concluso il segretario Pd - crei le condizioni per salire al Quirinale».

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