martedì 5 luglio 2011

Maroni attacca: "In Val di Susa volevano il morto"

FABIO POLETTI

Dopo le botte in Val di Susa, arriva il botta e risposta della politica. Il ministro dell’Interno Roberto Maroni vorrebbe in galera chi ha attaccato i poliziotti: «Sono d’accordo con chi ipotizza il reato di tentato omicidio. Il presidente Giorgio Napolitano ha definito eversiva la violenza, io aggiungo che si è trattato di una violenza di stampo terroristico». Il leader del Pd Pier Luigi Bersani vorrebbe solo che si applicasse la legge: «Penso anch’io che sia un reato quello che è successo, ma spetta alla magistratura e non al ministro dell’Interno dire di quale reato si tratti».

Il ministro dell’Interno e il leader del Pd si parlano a distanza, la distanza delle parole, che quella geografica nemmeno c’è. Sono tutti e due a Milano. Il ministro per incontrare il governatore Formigoni con cui presenta il numero unico di emergenza regionale. Il segretario del Pd per non incontrare il suo omologo del Pdl
Angelino Alfano a un dibattito alla Bicocca sulle «Dinastie professionali», a cui il ministro della Giustizia non si presenta. Temi magari pure alti, che rimangono nell’angolo dopo quello che è accaduto su in Val di Susa.

Il ministro dell’Interno Maroni dall’alto della sua carica fa il resoconto di quello che è successo e
giura che i manifestanti volevano il morto: «Si è trattato di una violenza che non ha giustificazioni e che va condannata da tutti e che intendiamo contrastare con ogni mezzo. C’era un gruppo di delinquenti che ha cercato la vittima. È una pagina molto brutta, continueremo a difendere i principi della legalità». Se le parole di Roberto Maroni sono forti come una sassata, quelle del leader del Pd Pier Luigi Bersani non sono meno tenere contro chi ha cercato di dare l’assalto ai cantieri per frenare i lavori della linea ferroviaria iperveloce che taglierà la valle. Da Bersani arrivano parole di condanna e pure lui, come il ministro, usa la declinazione del termine «legalità»: «Aggredire i poliziotti che stanno difendendo un legittimo cantiere, opinabile finché si vuole ma legittimo, non è accettabile».

Da qualunque parte la si guardi - da quella del ministro a quella del leader del principale partito di opposizione - si capisce che quello che è successo tra Chiomonte e Ramats non piace a nessuno dei due. A Maroni perché fa il ministro dell’Interno e sta con il centrodestra che la Tav la vuole. A Bersani perché fa il leader del centrosinistra - un centrosinistra assai diviso sulla Tav - e alla fine tutte queste discussioni sulla violenza di domenica fanno più bene che male, tra polemiche indistinguibili tra chi sta con chi e proteste che dovrebbe essere ben chiaro quali siano accettabili e quali no. Un dibattito su cui a sinistra ci si divide, per usare un eufemismo. E su cui il segretario del Pd, pur senza fare nomi, ci tiene a mettere i puntini sulle «i»: «Bisogna che ci sia una estrema attenzione a far tirare una riga sia sul piano operativo, sia su quello culturale, verso chi non solo provoca atti violenti ma anche chi in qualsiasi modo volesse giustificarli».

La condanna senza se e senza ma di Pier Luigi Bersani di quello che è successo domenica trova eco nelle parole del ministro Maroni: «Chi lancia bottiglie incendiarie con ammoniaca vuol dire che attenta alla vita dei poliziotti. Alle forze dell’ordine e al capo della polizia Antonio Manganelli vanno il ringraziamento sincero per come hanno saputo gestire la situazione. La magistratura vada fino in fondo a colpire i responsabili». Tanto, per il ministro Maroni, c’è poco da scegliere: «Saranno garantite le misure di sicurezza e la Tav sarà fatta».

2 commenti:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Senza entrare nel merito, la materia è molto delicata, ma a me sembra che sono ben altri i modi di volere il morto, come dice il ministro dell'Interno.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Per fortuna nessuno ha perso la vita ma c'è mancato poco.