venerdì 22 luglio 2011

Nella cella di Parolisi: "Sono un vecchio alpino scalerò anche questa vetta"

GRAZIA LONGO

«Pensavo che le vetta più alta fosse quella scalata quand’ero militare negli alpini a Fossano. E invece no: questa è la montagna più alta della mia vita. Ma da vecchio alpino sono abituato alle sfide: supererò anche il carcere». Volto riposato - ha dormito dalle 23 alle 8 di ieri - ma sguardo spento e annacquato, Salvatore Parolisi affronta con piglio e determinazione la sua condizione dietro le sbarre.

In una cella singola dell’infermeria del carcere, con una guardia fissa 24 ore al giorno solo per lui, il caporalmaggiore dell’Esercito accusato di aver massacrato con 32 coltellate la moglie Melania Rea, cerca di farsi forza pensando a quei giorni in cui si era appena arruolato negli alpini. Il cappellano della prigione di Marino del Tronto, alle porte di Ascoli, ha una buona parola e una preghiera per tutti i detenuti. Padre Pietro Capoccia, dei Frati Cappuccini del vicino Monastero di Offida sa bene la consolazione che può derivare da un momento di raccoglimento.

Maglietta giallo-arancio, con la vistosa scritta «Air Force», bermuda color sabbia, scarpe da ginnastica, Salvatore parla lentamente. A parte la metafora sul vecchio alpino (non a caso il suo profilo Facebook dedicato all’amante soldatessa Ludovica si chiamava «vecio alpino»), il suo solo pensiero è la piccola figlia. «Spero che Vittoria stia bene».

Salvatore si è arruolato volontario negli alpini quando aveva 18 anni. Dopo tre anni trascorsi a Fossano, in provincia di Cuneo, si è trasferito a Tolmezzo in provincia Udine. In mezzo c’è una pausa di un anno a Perugia perché non ha vinto il concorso da effettivo. Un altro esame gli consentirà, in seguito, di diventare istruttore alla caserma Clementi di Ascoli, unica scuola femminile d’Italia.

In prigione Salvatore vive separato dal resto dei detenuti, ma non in regime di isolamento. Si tratta solo di una misura di attenzione nei suoi confronti per evitare che possa commettere atti autolesionistici.

La sua cella dai muri bianchi, protetta da una porta a sbarre e un’altra blindata con una piccola feritoia per consentire il controllo - è dotata di televisione, un letto, un tavolo e il bagno. Ma non ha guardato la tv, ieri, Salvatore. E neppure ha chiesto di poter avere quotidiani o riviste di alcun genere. Appare concentrato su di sé, sui pesanti indizi che i giudici e i carabinieri hanno trovato contro di lui. Ieri pomeriggio, per un’ora circa, ha incontrato lo psichiatra della casa circondariale. Ma il contenuto della conversazione resta, evidentemente protetto dal segreto professionale del medico, tra le mura del carcere.

Carcere di massima sicurezza che ha ospitato detenuti «illustri» come il boss di Cosa Nostra Totò Riina, Alì Agca - che il 13 maggio ‘81 sparò a papa Wojtyla - e il boss Francesco Schiavone, del clan dei Casalesi detto Sandokan per la somiglianza all’attore Kabir Bedi.

Ma anche ora, a poca distanza da Salvatore Parolisi ci sono uomini che hanno commesso gravissimi reati. Il «cassiere» della mafia Pippo Calò, implicato nell’omicidio del banchiere Roberto Calvi e lo spietato killer Leoluca Bagarella, coinvolto nella strage di Capaci. Quelli però erano delitti di mafia. Salvatore, 33 anni, deve rispondere di omicidio pluriaggravato della bella moglie di soli 29 anni. «Un assassinio passionale commesso perché nella morsa tra Melania e l’amante Ludovica» si legge nell’ordinanza del gip Carlo Calvaresi.

E nell’informativa dei carabinieri del Ros di Ancona è ricostruita la relazione tra i due amanti. Un amore folle. Superiore a tutto. Persino a un minimo di considerazione per la povera Melania. Nelle intercettazioni successive al delitto l’unica preoccupazione per Salvatore è che Ludovica cancelli tutte le prove del loro rapporto. Per Ludovica c’è solo una disperazione: «In tv Salvatore dichiara di amare la moglie e non lei». Il 22 aprile Ludovica scrive a un’amica il suo dolore per la mancata vacanza ad Amalfi con Salvatore: «Ci siamo sentiti il 19... poi per sicurezza niente... mancavano solo 2 giorni... io non lo so, non doveva andare così».

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

UN PERICOLOSO SBRUFFONE! AVRA' UNA PIU' CHE AMARA SORPRESA.