martedì 5 luglio 2011

«Santoro a La7, non è finita. Mediaset? Irriconoscibile»

Enrico Mentana, che succede a La7? Perché secondo lei non hanno preso Santoro?

«Il giorno dopo una rottura - sul lavoro, nelle amicizie, nei matrimoni - è il momento delle diffidenze reciproche. Io tengo ancora al risultato di portare Santoro su La7. E non credo che sia divenuto impossibile».

Lei nell' editoriale del suo tg ha chiesto all' editore un chiarimento. L' ha ottenuto?

«Mi hanno telefonato sia il presidente esecutivo di Telecom, Bernabé, sia il presidente di Telecom media, Stella. E mi hanno spiegato che è stata una loro scelta. Santoro chiedeva assoluta libertà. L' editore, accordandogliela, rivendicava il diritto di conoscere i contenuti delle trasmissioni, dovendone rispondere».

Libertà vigilata.

«Sia io, sia lei, qualsiasi giornalista non può dire o scrivere quel che gli pare. Esistono obblighi di legge».

Santoro parla di un veto di Berlusconi. Secondo lei è così?

«Ripeto: il giorno successivo a una rottura è quello delle accuse più gravi. Se non credessi alle parole che mi hanno detto oggi (ieri, ndr) Bernabé e Stella, avrei già dato le dimissioni. Se resto è perché ci credo; anche perché non stiamo parlando di Jack lo Squartatore e Arsenio Lupin. Ora diranno che Santoro non era adatto a La7, o che La7 non è libera. Non è così. E sono convinto non sia detta l' ultima parola: non rinuncio all' idea di avere sulla rete per cui lavoro trenta serate di televisione di qualità l' anno prossimo».

La Rai è nel caos più che mai, non crede?

«Se altrove ci può essere il sospetto dell' interferenza della politica, in Rai c' è la certezza che l' editore sia la politica. Quando è stata annunciata la transazione tra Santoro e la Lei, i consiglieri d' amministrazione espressi dalla sinistra non hanno protestato; si sono limitati a chiedere perché non sia stato sottoscritto un patto di non concorrenza. Il problema non era che Santoro restasse; era che non andasse a La7. Del resto, sono stati messi lì dalle segreterie dei partiti; e ai partiti rispondono».

La Annunziata si dimette dopo aver parlato di «piccole mafie, rapporti non chiari, privilegi attribuiti non secondo il merito». Ha ragione?

«Parliamoci chiaro: la Annunziata è l' ex presidente della Rai. Ed è bravissima. La relegano alle 2 e mezza della domenica pomeriggio, non esattamente il peak-time delle abitudini televisive degli italiani, e lei fa una trasmissione che una volta su due dà un titolo di prima pagina ai giornali del lunedì. Eppure si parla solo di Dandini, Iacona, Floris. Alla fine poi ci si ricorda della Annunziata. È evidente che lassù qualcuno non la ama. E non mi riferisco certo a Masi o alla Lei».

Eppure la segreteria del Pd l' ha difesa. Tanto che si è parlato dell' ennesimo scontro tra dalemiani e veltroniani.

«Il casus belli, come sempre, era banale: si sono dimenticati di annunciare la Annunziata nel palinsesto di Rai3. Ma il problema è l' ingerenza della politica. Prendiamo "Vieni via con me". Nessuno ha mosso un dito per difendere la trasmissione di maggior successo dell' anno. Salvo piangere lacrime di coccodrillo quando l' abbiamo presa noi».

Qual è la sua valutazione professionale di Saviano?

«Dipende da quale professione si parla. Considero Roberto Saviano un geniale cantastorie dell' Italia contrastata. Lo straordinario successo di "Gomorra" l' ha messo in sintonia con settori dell' opinione pubblica che diffidano di quasi tutti gli altri. Certo, come tutti noi, non potrà dormire sugli allori nel seguito della sua missione editoriale, giornalistica, letteraria».

E della Gabanelli?

«Qui stiamo sempre a parlare di Mentana, Lerner, Vespa, Santoro, Floris. Per me, la Gabanelli è la migliore del mazzo. Vive del suo prodotto, e non si sovrappone mai al suo prodotto, come molti di noi fanno. Perderla per la Rai sarebbe follia».

Che accadrà a Mediaset quando Berlusconi non sarà più presidente del Consiglio?

«Questa è una grande incognita che riguarda molti aspetti della vita pubblica italiana. Sarà come dopo il crollo del Muro di Berlino. Allora si sciolse la contrapposizione tra i due blocchi. È evidente che l' antitesi tra una Rai con tre reti controllate dalla politica e Mediaset con tre reti in mano a un leader politico sarà superata. Con ricadute inevitabili anche sul mercato pubblicitario».

Crede che Berlusconi stia pensando di vendere, prima che tutto frani?

«Non lo so. Se davvero siamo alla vigilia di un cambio di stagione paragonabile a quello dei primi anni 90, può accadere di tutto. So che la Mediaset di oggi è irriconoscibile. Ci fu un anno, il ' 99, in cui a Mediaset oltre a me c' erano Santoro, la Dandini, Luttazzi. A quella funzione Mediaset ha del tutto abdicato».

Lei è stato criticato da sinistra per aver detto, per giunta al «Giornale», che con Carlo De Benedetti come editore sarebbe stato meno libero. Conferma?

«Sono stato usato. Ho semplicemente detto che la situazione ideale è quella di oggi: un editore presente ma silente. Al punto che nessuno sa quale sia. Con un editore più "sessuato" dal punto di vista politico - e non ho citato solo De Benedetti ma anche Berlusconi e vari "berluschini", come Tarak Ben Ammar -, scatterebbe la dietrologia che mi sono portato dietro per 17 anni a Mediaset: non puoi dare una notizia senza che ci si chieda a chi giovi. In questo anno di assoluta libertà non mi è mai successo. Consiglio a Santoro di verificarlo di persona».

Cazzullo Aldo

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