venerdì 22 luglio 2011

TANTO È COLPA DEI MAGISTRATI

Napolitano alle toghe: non cedere ai protagonismi mediatici Intercettazioni solo in casi estremi.
E Berlusconi ringrazia

di Sara Nicoli

Un “basta” gridato con forza. Che somiglia tanto, però, a una richiesta (o a un ordine?) di tregua giudiziaria. La crisi economica morde ancora, i mercati sono tutt'altro che stabili e gli ultimi accadimenti parlamentari di certo non promettono stabilità politica sulla lunga distanza. Un quadro preoccupante. E che non ha bisogno, agli occhi di Giorgio Napolitano, di atti che possano ulteriormente incendiare il clima. A partire da nuove escalation giudiziarie di cui, peraltro, si fa un gran parlare negli ambienti politici e parlamentari soprattutto legati al centro-destra, anche se ancora i riscontri oggettivi latitano.

Però qualcosa deve aver convinto Napolitano, nella sua veste di capo del Csm, che una nuova Tangentopoli possa essere davvero dietro l'angolo se ieri, complice l'incontro al Quirinale con i nuovi e giovani uditori giudiziari, ha sentito la necessità di strattonare le toghe e richiamarle verso comportamenti che non “fomentino l'ormai intollerabile sterile scontro tra politica e magistratura”.

Il dettato verso i magistrati è apparso senza appello: applicare rigorosamente le norme della procedura in modo da evitare quegli accenti di “protagonismo” che, sempre a giudizio del Colle, possano alimentare “attriti e polemiche in grado di lasciare strascichi velenosi e di appesantire le contrapposizioni tra politica e giustizia”.

L'intero arco politico ha applaudito a scena aperta.

Berlusconi - evidentemente interessato - ieri sera ha messo dalla sua le parole del Capo dello Stato: “Le ho molto apprezzate”.

Unica voce fuori dal coro Di Pietro. Che, con la consueta franchezza, ha chiosato: “Non siamo di fronte a una guerra per bande, non si può fare di tutte le erbe un fascio; tali banali generalizzazioni rischiano di far credere che chi commette reati e chi li combatte siano sullo stesso piano: banditi entrambi!”.

Più caustico ancora Massimo D'Alema: “Siamo d'accordo con il capo dello Stato, ma è il presidente del Consiglio il vero ostacolo al dialogo”.

Sfumature che non compaiono nel discorso di Napolitano. Anche perché la chiave per capire il senso del suo pesante richiamo è racchiusa tutta in una parola: intercettazioni. Chiarendo che, a suo giudizio, gli ascolti vanno utilizzati “solo in caso di assoluta necessità” per evitare successive lesioni di “diritti costituzionalmente garantiti”, attraverso la pubblicazione di contenuti di conversazioni “prive di rilievi processuali, ma lesivi della privatezza dell'indagato”, il capo dello Stato ha svelato tutta la sua apprensione sulla possibilità che da Napoli, o da Milano, possano presto uscire carte capaci di colpire e affondare, anche in poche righe, la credibilità di qualche esponente di spicco del governo, con conseguenze inimmaginabili sulla stabilità politica ed economica del Paese.

Ecco perché, subito dopo, ha invitato i magistrati “ad usare il massimo scrupolo nella valutazione degli elementi necessari all'apertura di un procedimento e, a maggior ragione, la richiesta o l'applicazione di misure cautelari”.

Insomma, piano anche a far scattare le manette.

Insomma, se davvero una nuova Tangentopoli è in vista, che almeno non si scateni adesso, quando ancora la “salvezza” finanziaria dell'Italia è traballante.

C'è da dire che uno stop più forte di così da parte del “primo magistrato d'Italia” sarebbe stato difficile da immaginare.

Non ha quindi sorpreso la bacchettata finale a quei giudici che, a suo giudizio, avrebbero “offuscato” l'immagine dell'intera magistratura attraverso “fuorvianti esposizioni mediatiche”, indulgendo in “atteggiamenti protagonistici e personalistici” tali da mettere “in discussione l'imparzialità dei singoli, dell'ufficio giudiziario cui appartengono e della magistratura in generale”.

Sulla scorta di questo quadro, non certo esaltante, la riforma della giustizia sarebbe davvero urgente, ma forse conviene aspettare pure lì. Tutto il resto, tuttavia, non può essere considerato solo un suggerimento: si dovrà fare.

A partire dalla frenata sulle inchieste e rimandando, par di capire, a momenti forse migliori, ma comunque diversi, il corso della giustizia.

LE FORZE POLITICHE, si diceva, hanno applaudito in maggioranza con sincera convinzione, così come un plauso alle parole di Napolitano è arrivato anche dall'Associazione Nazionale Magistrati: “Abbiamo sempre difeso – ha sottolineato il leader Luca Palamara – l'uso e non l'abuso delle intercettazioni anche sotto il profilo della indebita pubblicazione di atti irrilevanti".

Bersani ha aperto alla discussione di una riforma con la maggioranza (“discuta con noi”) e Fabrizio Cicchitto è sembrato coglierla al volo (“ormai siamo al limite del cortocircuito nel rapporto fra politica e magistratura, è un appello condivisibile”), ma Angelino Alfano sembrava essere rimasto affascinato solo da un passaggio del discorso del capo dello Stato: “Un richiamo a una serie di doveri” che le toghe dovranno “tenere nel dovuto riguardo”.

Nessun cenno al dovere della politica a fare altrettanto seriamente la sua parte.

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Questo capo dello Stato è davvero sconcertante, non si riesce proprio a nutrire simpatia e ammirazione nei suoi confronti se non a corrente alternata.
In breve. La magistratura deve frenare nello svolgimento della sua attività, costituzionalmente prevista, perché diversamente nello svelare le malefatte (un eufemismo) della politica può affondare la tenuta politica ed economica dell'Italia? INCREDIBILE!