MASSIMO FINI
Si avverte in giro, sotto le rutilanti bellurie che ogni giorno ci vengono ammannite per placare la nostra ansia, un desolante “sensus finis”. Non parlo qui dell’Italia che un tempo, molti secoli fa, fu un luogo importante e oggi è ridotta a uno sputo nell’universo mondo. Parlo dell’Occidente inteso non però in senso tecnico (del resto che cosa sia realmente l’Occidente, termine inquietantemente orwelliano, nessuno è mai stato in grado di precisarlo), ma come modello di sviluppo economico e sociale che ormai coinvolge il mondo intero, da New York agli Urali alla muraglia cinese al Gange.
La grande Rivoluzione che ha cambiato la storia del mondo ha preso le mosse circa otto secoli fa proprio dall’Italia quando si afferma per la prima volta come forte classe sociale la figura del mercante (oggi detto imprenditore) fino ad allora collocata, in tutte le culture d’oriente e di occidente, all’ultimo gradino della gerarchia umana, inferiore, perlomeno eticamente, persino allo schiavo. È
Per otto secoli abbiamo inseguito questo futuro orgiastico con accelerazioni sempre più parossistiche che passano per
Probabilmente questo era il destino, ineludibile, di quell’arrogante specie animale che è quella umana. Elisabetta Pozzi conclude la pièce Cassandra che, col mio contributo, porterà in tournèe nei prossimi mesi, nel circuito teatrale estivo, con queste profetiche e agghiaccianti parole di Nietzsche: “In un angolo remoto dell’universo scintillante e diffuso attraverso infiniti sistemi solari c’era una volta un astro, su cui animali intelligenti scoprirono la conoscenza. Fu il minuto più tracotante e più menzognero della storia del mondo: ma tutto durò soltanto un minuto. Dopo pochi respiri della natura, la stella si irrigidì e gli animali intelligenti dovettero morire. Quando tutto sarà finito, non sarà avvenuto nulla di notevole”.
Il Fatto Quotidiano, 2 luglio 2011
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