sabato 6 agosto 2011

Debito Usa, S&P abbassa il rating Obama: "Far tornare la gente al lavoro"


Per la prima volta nella storia, il debito sovrano degli Stati Uniti subisce un abbassamento del rating ad opera di Standard & Poor's. La valutazione AAA è stata abbassata di un gradino, a AA+, con un outlook che rimane negativo. La decisione è arrivata per "i rischi politici" che derivano dall'insufficienza degli interventi sul debito. "Il piano di risanamento - scrive S&P - non è adeguato a quanto sarebbe necessario per stabilizzare nel medio-termine il debito. L'efficacia, la stabilità e la prevedibilità della politica americana si è indebolita in un momento" in cui le sfide fiscali ed economiche aumentano. Un altro taglio, spiega ancora l'agenzia, potrebbe maturare nell'arco dei prossimi 12 o 18 mesi in mancanza di "correzioni solide".

Obama: "Obbiettivo lavoro". "La nostra missione urgente è far crescere l'economia più velocemente e creare posti di lavoro, questa è la cosa a cui pensano gli americano, questo è quello che preoccupa le famiglie americane". E' quanto ha detto Barack Obama nel discorso tradizionale nel sabato, registrato però prima che arrivasse la notizia del declassamento del rating.

La posizione della Cina. Immediata la reazione di Pechino che condanna la "miope" disputa politica che si è scatenata negli Usa sul debito. "La Cina, il più grande creditore dell'unica superpotenza mondiale, ha tutto il diritto - si legge in un durissimo commento diffuso dall'agenzia Nuova Cina - di chiedere oggi agli Stati Uniti la soluzione dei problemi di debito strutturali e garantire la sicurezza degli asset cinesi denominati in dollari". La Cina è il maggior paese creditore degli Stati Uniti e aveva accolto con freddezza l'adozione del piano per evitare il default Usa: "I giorni in cui lo zio Sam, piegato dai debiti, poteva facilmente dilapidare quantità infinite di prestiti stranieri sono ormai contati", si legge nel comunicato. Ancor più duro Guan Jianzhong, presidente dell'agenzia di rating cinese Dagong: "La risposta degli Stati Uniti al problema del debito è stata arrogante. Non ci vorrà molto tempo prima che scoppi la crisi del debito sovrano Usa. La crisi del debito Usa è più preoccupante di quella dell'eurozona, sia perchè in Europa tocca solo pochi paesi ma anche per le diverse soluzioni adottate".

Il declassamento. La decisione era nell'aria da tempo, nonostante l'accordo sul tetto del debito degli Stati Uniti faticosamente raggiunto e divenuto legge martedì scorso. Ma lo scenario che si apre è ancor più confuso, e per mettere a punto una strategia i ministri finanziari e i governatori delle banche centrali dei paesi del G7 terranno oggi una riunione telefonica per discutere delle misure volte a stabilizzare la volatilità dei mercati innescata dai timori sul debito europeo.
"L'innalzamento del tetto del debito è arrivato troppo tardi", ha detto John Chambers, presidente del comitato di valutazione di S&P: "Se fossero intervenuti prima, il rating non sarebbe stato abbassato".

Una decisione senza precedenti. È la prima volta nella Storia che gli Usa si vedono ridurre il grado di affidabilità da una delle tre principali agenzie di rating, affidabilità che ora è inferiore a quello della Germania, della Francia o del Canada. Secondo gli analisti, la decisione di Standard & Poor's potrebbe avere un effetto più psicologico che pratico. Moody's e Fitch hanno mantenuto il rating di tripla A per gli Stati Uniti e il downgrade di una sola agenzia è più gestibile. La maggiore preoccupazione è verificare se la decisione avrà un impatto sull'appetito degli investitori esteri per il debito americano. Nel 1945 i creditori esteri detenevano solo l'1% del debito americano, ora ne controllano il 46%.

La presa di posizione della Fed. Il downgrade di Standard & Poor's non cambia le operazioni condotte tramite la finestra del tasso di sconto della Fed e le operazioni a mercato aperto. Lo ha comunicato la Fed, sottolineando che il downgrade non ha implicazioni sul trattamento dei titoli di stato americani, Treasury, usati dalle banche.

(06 agosto 2011)

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