sabato 20 agosto 2011

FABBRICA SGONFIATA


Il Lingotto ha perso in Borsa oltre il 16% in due giorni: nessun modello competitivo e la 500 da sola non basta

di Vittorio Malagutti

È vero, anzi perfino ovvio, come non si stancano di ripetere sui giornali e altrove i tanti commentatori avvocati d’ufficio della Fiat, che un conto sono le performance di Borsa, altra cosa è l’economia reale. Le quotazioni azionarie, soprattutto in giornate come queste, sono influenzate da componenti irrazionali ed emotive. Tutt’altra cosa è il mondo della produzione, il confronto con i consumatori in carne ed ossa: è qui che si misura il successo di un’azienda e di un manager. Quindi, è la conclusione del ragionamento, se Fiat ha perso oltre il 16 per cento in due giorni (ieri meno 4,3 per cento), questo di per sé non compromette i piani di Sergio Marchionne. Tutto vero. Curiosamente, però, questi discorsi si leggono sui giornali solo quando le azioni vanno al ribasso. Viceversa se il titolo sale, gli stessi commentatori inneggiano alla saggezza dei mercati che premiano la sagacia del manager.

DI SICURO, le traversie borsistiche del gruppo del Lingotto possono fin d’ora provocare alcuni danni collaterali. Gli Agnelli, per esempio, che controllano Fiat attraverso la holding Exor, vedono la quotazione della loro principale attività scendere ben al di sotto del valore a cui l’hanno iscritta in bilancio. Il 30,4 per cento di Fiat in portafoglio ad Exor ora vale in Borsa poco meno di 1,5 miliardi, contro i 3,6 miliardi attribuiti a quella stessa quota nei conti della holding.

C’è tutto il tempo di recuperare, ovviamente. I mercati potrebbero presto smaltire la sbornia ribassista tornando a premiare i titoli del Lingotto. E comunque, anche se la rimonta non ci fosse, Exor manterrebbe ampi margini di manovra sul valore da iscrivere nello stato patrimoniale. Insomma, la potenziale perdita potrebbe anche restare nascosta tra le pieghe del bilancio.

Più difficile far finta di niente, invece, se la corsa di Marchionne dovesse andare a sbattere contro il muro della recessione globale. Perché è proprio questo, un nuovo rallentamento dell’economia, la minaccia più grave sospesa sulla testa dei quasi 200 mila dipendenti del gruppo, di cui oltre 50 mila in carico alla Chrysler, senza contare l’enorme indotto. Mesi fa il gran capo del Lingotto disse che non ha senso lanciare nuovi modelli in un mercato depresso. E ad ottobre 2010 Marchionne spiegò che Fiat aveva scelto di “risparmiare cartucce (testuale) in attesa della ripresa”. Cioè fino a quando? Tra fine 2011 e inizio 2012 “il mercato dovrebbe essere strutturalmente in ripresa”, prevedeva il manager.

Ebbene, la data fatidica è ormai vicina, ma in giro per il mondo non si trovano analisti pronti a scommettere che tra sei mesi il mercato dell’auto sarà ripartito alla grande. Tutti vedono nero per il futuro immediato. In Italia quest’anno le vendite di auto dovrebbero diminuire anche del 10 per cento, spiegano i pessimisti. Ma gli ottimisti non vanno oltre un calo del 5 per cento. L’Europa non se la passa meglio. A Marchionne non resta che sperare negli Stati Uniti (con Chrysler) e nel Brasile, gli unici due mercati dove il gruppo del Lingotto vanta performance positive. Secondo molti analisti però è possibile, anzi probabile, che eventuale rallentamento economico si farà sentire anche da quelle parti. A rischio sembra soprattutto il Brasile, reduce da anni di boom. E gli utili di Fiat auto (Chrysler esclusa) arrivano tutti dalle vendite nel Paese sudamericano.

CON QUESTI chiari di luna difficilmente Marchionne potrà permettersi di seguire la strategia annunciata nei mesi scorsi. Dovrà rassegnarsi a lanciare nuovi modelli su un mercato fermo o addirittura in contrazione. Modelli, quali modelli? Nel catalogo delle novità proposte o annunciate dal gruppo di Torino è difficile individuare il campione di vendite capace di ribaltare la situazione. Certo, le difficoltà negli Stati Uniti della 500, finora l’unico successo commerciale della gestione Marchionne, rappresentano solo un dato simbolico. Le vendite negli Usa della più piccola di casa Fiat non avrebbero comunque fatto la fortuna del gruppo. La Freemont, via di mezzo tra monovolume e suv (semplice adattamento del vecchio Dodge Journey della Chrysler) ha registrato un buon volume di prenotazioni, così come Giulietta e Nuova Ypsilon hanno fatto guadagnare quote di mercato ad Alfa e Lancia. Ancora troppo poco, però. E allora a Torino si devono accontentare delle Nuova Panda, quella fabbricata a Pomigliano, che se tutto andrà come annunciato dovrebbe arrivare sul mercato all’inizio del 2012. Sempre che la recessione non faccia altri guai.

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