Immaginate questa scena: decidete di vendere il vostro appartamento e lo fate valutare. Il prezzo, vi dicono, è inferiore a quello del parquet della sala da pranzo. Cosa pensate? Più o meno la stessa cosa accade oggi in Borsa. Compagnie di assicurazioni che capitalizzano meno del valore dei propri immobili; società industriali che non valgono gli impianti; banche che hanno appena ricapitalizzato ma sul cartellino del prezzo i soldi freschi sono spariti. Verrebbe da domandarsi con un gioco di parole: siamo in "Pazza Affari"?
Eppure le cose stanno proprio così. Prendiamo le Assicurazioni Generali: un tempo la compagnia era definita
E che dire di una banca come Unicredit, che ha interessi in 22 Paesi e una rete in 50 mercati? Quando, nel maggio 2007, è stata avviata la fusione con Capitalia l'istituto di Piazza Cordusio valeva circa 70 miliardi, quello romano 17-18. Oggi il prezzo in Borsa del predatore, che nel frattempo ha rafforzato il patrimonio con aumenti per 6 miliardi, equivale a quello di allora della preda: dopo la caduta di ieri del 7,2% la capitalizzazione è pari a circa 17,5 miliardi. Possibile che del "fiero pasto" sia rimasto solo il cibo? Per di più di un gruppo che può vantare un tesoro di 60 mila opere d'arte? E cosa dire di Intesa Sanpaolo? Quando si è cominciato a parlare di nozze, nella primavera del 2006, la banca milanese quotava circa 34-35 miliardi, la torinese 28. In tutto il valore di Borsa dell'istituto unito, che al debutto in Piazza Affari nel gennaio 2007 valeva 67 miliardi e che ha da poco concluso un rafforzamento da 5 miliardi, ieri dopo il calo di quasi il 10% viaggiava sotto i 20. Metà circa della sola Banca Intesa di allora. Possibile per un gruppo che, tanto per citare qualcosa di più «concreto» del denaro, ha una collezione di capolavori che annovera perfino Caravaggio, senza trascurare Balla, Boccioni, Carrà o De Chirico? Valutazioni impossibili, certo, ma i nomi danno forse più senso al nonsense delle quotazioni di Borsa.
Stupisce di meno forse se si pensa che ai dati di allora la maxi fusione fra Unicredit e Capitalia aveva dato vita al «primo gruppo bancario dell'Eurozona, settimo al mondo», subito dietro il colosso inglese Hsbc. Mentre oggi la capitalizzazione di tutto il settore bancario italiano vale due terzi quella di Hsbc, che pure ieri ha perso il 5%. E così i paradossi allo sportello quasi non si contano: basti pensare al Banco Popolare, che ha realizzato un aumento da 2 miliardi all'inizio dell'anno e dopo aver perso ieri il 7,7% vale 2,2 miliardi, mentre la sola controllata (in modo pressoché totale) Credito Bergamasco, che ieri in controtendenza ha guadagnato l'1,65%, ne capitalizza 1,44. O a Mediobanca, che ieri ha ceduto il 2% circa e vale 5,5 miliardi, metà di quanto raccoglie la sola controllata Chebanca! Se poi si esclude dalla capitalizzazione la partecipazione in Generali, pari al 13,2%, la banca d'affari fondata da Enrico Cuccia «prezza» oggi 2,3 miliardi circa.
Ma se
Sergio Bocconi
19 agosto 2011
Nessun commento:
Posta un commento