lunedì 12 settembre 2011

Nessuno si salva da solo


FRANCO BRUNI

Il G7 di venerdì a Marsiglia è stato inconcludente, al punto di tentare di evitare un comunicato finale. I problemi sono comuni: troppi debiti, intermediari e mercati finanziari fragili, poca crescita. Eppure si è percepito che ciascun governo vuole le mani libere per fare o non fare, questo o quello, a seconda delle convenienze politiche nazionali.

Probabilmente la formula del G7 è superata. Ma è indubbio che la cooperazione internazionale è in difficoltà proprio quando ce ne sarebbe più bisogno. Ha ragione Tremonti: manca la consapevolezza di vivere una crisi storica e non la fase avversa di un ciclo. Continua la disattenzione degli Usa per l'impatto delle loro politiche monetarie e di bilancio sul resto del mondo; sembra accettato che approfittino del privilegio di stampare dollari. Il G20 non irrobustisce la sua capacità di riflettere il riassetto di poteri necessario per governare l'economia globalizzata. Non sono in vista serie riforme dell’Fmi e del sistema monetario internazionale. Gli accordi del Wto ristagnano.

Le nuove regole per banche e mercati finanziari stentano a incorporare la lezione della crisi; il cammino delle regole zoppica per la confusione dei progetti, le suscettibilità delle burocrazie, le scorrerie di politici incompetenti, i protezionismi nazionali e le lobby degli intermediari: si veda, da ultimo, il pasticcio della direttrice dell’Fmi Lagarde che ha sollecitato le banche europee ad aumentare la capitalizzazione, salvo poi fare marcia indietro a Marsiglia.

Se è una crisi storica ci vuole un profondo cambio di mentalità. Le strategie di crescita devono porre nuova attenzione ai beni pubblici e collettivi e le sovranità nazionali devono legarsi le mani con accordi più impegnativi, affidati alla gestione di agenzie sovranazionali.

Ma su ciò circola scetticismo. Si diffonde l'idea che ogni Paese debba far da solo, che la chiave per risolvere la crisi globale è che ciascuno «metta la propria casa in ordine». C'è la versione europea di questo atteggiamento: è inutile sperare di rafforzare i poteri centrali dell'Ue e delegare loro le politiche che non ha più senso condurre a livello nazionale. Ciascuno faccia le sue «manovre» e vinca il migliore, in una sana concorrenza dove chi non fa il bravo soccombe, viene cacciato in un purgatorio senza euro o addirittura nudo, all'inferno degli inetti.

Ma è una concorrenza che non funziona. Come in ogni convivenza consapevole delle sue forti interdipendenze, va trovato l'equilibrio fra azione collettiva e sforzo individuale. Nessuno si salva se non si dà da fare ma nessuno si salva da solo. Non si può abbandonare i propri destini alle magie della Bce e della solidarietà fiscale comunitaria; ma i problemi europei non si risolvono nemmeno isolando ciascun Paese nelle sue responsabilità e minacciando di lasciarlo «fallire» o «cacciarlo dall'euro». Anche perché non si sa come mettere davvero in pratica minacce del genere e come limitare i costi-boomerang che tornano sui virtuosi che mandano gli altri in purgatorio. Senza una vigilanza sovranazionale sulle banche e le Borse, nessuno salva le sue banche e la sua Borsa. Senza una disciplina centralizzata e severa dei bilanci pubblici di tutti, i mercati non sono tranquilli nemmeno, per esempio, sulla Francia; e allora l'Italia, da sola, non può procurarsi un biglietto per il Paradiso della stabilità. Se salta la Grecia, nel disordine generale rischia di saltare anche l'Italia, e se salta l'Italia il conto per la Germania è insopportabile. Se si vuol stare al passo coi tempi, non si può più far da soli nemmeno le politiche industriali, le riforme del mercato del lavoro, le infrastrutture e le politiche sanitarie. Siamo tutti su una stessa barca, nel mare mosso di una crisi storica. Gli elettorati devono capirlo e devono poi essere più esigenti nel pretendere capitani coraggiosi, leader di qualità, politica, tecnica e umana.

E' giusto dunque chiedere all'Europa passi decisivi al più presto, almeno nei progetti varati in giugno e luglio, che un agosto di tempesta e vanità pare aver allontanato. Devono diventare effettive la riforma del Patto di Stabilità, la disciplina comunitaria delle riforme strutturali, lo scadenziario di completamento del mercato unico, il rafforzamento del fondo di emergenza per i debiti sovrani e il disegno del sistema definitivo che è destinato a sostituire il fondo nel 2013. Se occorrono modifiche nel Trattato o nelle legislazioni nazionali, per consentire dosi delimitate di cessione di sovranità all'Ue e di solidarietà fiscale fra i Paesi membri, le si metta in programma senza far finta che i virtuosi possano farne a meno. Se veramente c'è qualcuno più virtuoso degli altri, usi alla svelta le «cooperazioni rafforzate» che il Trattato favorisce: faccia un gruppo che procede più rapido ma non caccia indietro nessuno; il gruppo dia l'esempio e trascini anche altri in Paradiso: fra i peccati originari dell'area dell' euro non c'è certo quello di essere nata per allargarsi.

Rimane però vero che la propria casa bisogna metterla in ordine. E per casa nostra la settimana comincia con il completamento dell'approvazione dei provvedimenti farraginosamente affastellati durante l'estate. Tremonti ha detto che occorre anche un «tagliando» per la crescita: non gli sembra poco un tagliando, visto che è giustamente convinto che siamo in una «crisi storica»?

franco.bruni@unibocconi.it

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Vorrei tanto sapere se Ferruccio De Bortoli l'ha letta questa analisi . Temo di no.