mercoledì 21 settembre 2011

"Un arrogante autocrate mandato da Alfano" Il ruolo di Laudati nell'inchiesta sulle escort



di CARLO BONINI e GIULIANO FOSCHINI

Come una peste bubbonica, l'inchiesta sulle escort sfigura chi l'ha maneggiata e ha pensato di poterne "governare" l'approdo e il metodo. E in un terrificante redde rationem tra magistrati e apparati ne annichilisce il suo protagonista: il procuratore di Bari, Antonio Laudati. Accusato da un suo ex pm di essere un "arrogante autocrate" attento al Palazzo, arrivato da Roma con la benedizione del ministro della Giustizia Alfano per disinnescare il potenziale di un'inchiesta che, nell'estate del 2009 minaccia la sopravvivenza politica del Premier e per questo deve essere "raffreddata" e pilotata in lidi meno esposti alla luce dei media.

Un "autocrate" che per "raggiungere il risultato" pretende il completo controllo delle attività di polizia giudiziaria e inquirenti. Che mette in riga, con le buone o le cattive, fino a "costringerlo all'abbandono", un sostituto procuratore "di sinistra" (Giuseppe Scelsi) di cui non ha né fiducia, né stima professionale, ma che di quell'inchiesta sulle escort è padrone "fuori controllo" insieme ad un altro cane sciolto, il colonnello della Finanza Salvatore Paglino, refrattario a informare la sua gerarchia dell'abisso che hanno spalancato le sue intercettazioni telefoniche e con una debolezza privata (le donne) che diventerà la sua tomba (Laudati lo farà arrestare per stalking su una delle escort del Presidente). Le cose stanno davvero così? Nei verbali depositati ieri dalla Procura di Napoli, alcuni dei protagonisti di questa inchiesta propongono un primo canovaccio di quanto accaduto. Che ha tre momenti chiave.

"Ti ho salvato con Alfano". Giugno del 2009. La D'Addario ha fatto saltare il banco con la sua intervista al Corriere della Sera. Laudati, nominato pochi mesi prima Procuratore di Bari con un voto unanime del Csm non si è ancora insediato. Raggiunge telefonicamente Scelsi. Che ricorda: "Mi disse che a Roma si era sparsa la voce che la fuga di notizie sul Corriere era addebitabile al sottoscritto. Gli risposi che non avrei avuto alcun interesse a danneggiare l'indagine. Che, personalmente, avevo ricevuto richieste di informazioni dall'onorevole
Alberto Maritati (ex magistrato di Lecce) vicino all'ambiente di D'Alema e che avevo categoricamente rifiutato". Alla fine di quel mese i due si incontrano alla festa della Guardia di Finanza a Bari, dove Laudati mette intorno a uno stesso tavolo Scelsi, il colonnello Paglino, e due dei suoi superiori gerarchici - il generale Bardi (allora comandante interregionale, ora indagato a Napoli nell'inchiesta P4 per la fuga di notizie sull'inchiesta Bisignani) e il colonnello D'Alfonso - perché del terzo, il generale Inguaggiato (allora comandante regionale), "non si fida" ("mi disse che era troppo legato all'ambiente dei Servizi di Pollari", ricorda Scelsi).
Di quanto accade in quella riunione Scelsi ricorda la "sfuriata di Bardi a D'Alfonso e Paglino" per essere stato tenuto allo scuro dell'indagine sulle escort. Ma, soprattutto, l'avviso ai naviganti di Laudati. "Disse che era molto amico del ministro della Giustizia che gli aveva concesso l'onore del tu e che, grazie a questo, aveva garantito per me, impedendo l'avvio di un'ispezione. Aggiunse che era stato mandato a Bari per conto del ministro e che era necessario costituire un organo che sovraintendesse alle indagini, in particolare su Tarantini". Che "era abituato a chiudere le riunioni con un risultato". Che la prima urgenza era far "cessare le fughe di notizie". I ricordi di Paglino collimano con quelli di Scelsi, e vengono annotati dall'ufficiale in una nota protocollata. "Un'iniziativa di Paglino", dice Scelsi. "Un'iniziativa concordata con Scelsi", ricorda Paglino.

La "squadretta di pg". Settembre-Ottobre 2009. Laudati si insedia a Bari nel giorno di una nuova fuga di notizie, con la pubblicazione dei verbali secretati di Tarantini. La prende come un messaggio "politico" che arriva dai suoi uffici. E la risposta è l'accentramento. Chiede e ottiene il distacco in Procura di "una aliquota" di finanzieri che - nella percezione di Scelsi - diventano la "sua squadretta di polizia giudiziaria". Nei locali della scuola allievi della Finanza - prosegue Scelsi - Laudati dispone la creazione di un server che centralizza tutte le intercettazioni telefoniche e a cui solo lui ha accesso. Nell'indagine sulle escort Scelsi viene affiancato da due pm: Ciro Angelillis ed Eugenia Pontassuglia. Cambiano i vertici locali della Finanza.

"Il complotto". Scelsi rompe con Laudati e in ogni mossa del Procuratore vede un tentativo di escluderlo progressivamente dall'indagine. Ma il pm non si fida neppure del collega Angelillis. Ricorda la sua immediata "adesione" all'idea di Laudati che, "sulla base della giurisprudenza", la posizione di Berlusconi nell'inchiesta non abbia alcuna rilevanza penale. Peggio: lo indica pronto a tenere bordone nei suoi interrogatori con Tarantini a un'ipotesi investigativa che deve tenere aperta una via d'uscita politicamente spendibile per il centro-destra. Vale a dire che l'apparizione della D'Addario a palazzo Grazioli e l'ombrello giudiziario che la proteggerà siano l'esito di un "complotto" ordito lungo l'asse Tarantini-D'Alema per incastrare il premier. Scelsi dice di scoprirlo durante un interrogatorio di Tarantini, che abbandona infuriato, ricordando l'insistenza di Angelillis nel porre domande proprio su quel tema.

E' un fatto che "il complotto" ("Un'ipotesi cui non credevo allora ed escludo oggi", dice la Pointassuglia) è un'indiscrezione che il settimanale di famiglia "Panorama", nel gennaio 2010, accredita con enfasi, attribuendola a "fonti giudiziarie" e indicandola come "svolta nell'indagine sulle escort". Ma è altrettanto vero che Angelillis, a "Repubblica", smentisca sdegnato sia i ricordi del collega che la sua adesione a quella ipotesi investigativa ("La registrazione degli interrogatori smentisce ogni possibile illazione maliziosa"). Più articolato e forse per questo più preciso il ricordo della pm Eugenia Pontassuglia: "Ricordo che Tarantini di sua iniziativa disse che non c'era nessun complotto e allora gli chiesi perché ne parlava. Lui, guardando l'avvocato Quaranta, chiese se non si trattava di uno degli argomenti su cui doveva riferire. E l'avvocato disse allora che, effettivamente, quello del complotto era uno degli elementi indicati tra i capitoli di interrogatorio da Laudati e che l'avvocato aveva appuntato su un foglietto".

(21 settembre 2011)

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