di CARLO BONINI
Davvero il Paese è alla vigilia di una nuova stagione della lotta armata? Girate agli apparati della nostra sicurezza nazionale, le parole del ministro del Welfare raccolgono imbarazzati distinguo e qualche significativa informazione che aiuta, forse, a valutarne la sostanza. A cominciare dall'Aisi, la nostra intelligence domestica, dove una fonte di primo livello non usa perifrasi. "Se la domanda è: esistono informazioni specifiche su singoli o sigle che segnalano la ripresa della propaganda armata, allora, la risposta è un rotondo "no". Queste informazioni non esistono. O, quantomeno, l'Aisi non ne ha trasmesse all'autorità politica. Se invece la domanda è se esistono, in questo momento, condizioni sociali e di piazza capaci di creare un terreno fertile alla propaganda armata, allora la risposta è "sì". Ma in questo caso siamo non solo nel campo del buon senso, ma direi pure dell'ovvio. E' la differenza che passa tra una notizia di intelligence, che al momento non c'è, e un'analisi della fase politica del Paese, che come tale ognuno è libero di valutare".
La musica non cambia se si bussa a porte diverse. Il lavoro più recente del Ros dei Carabinieri, come quello dell'Ucigos (
assente. E questo fa prevedere con ragionevole certezza che non siamo in una situazione in cui un'area di disagio sociale è pronta a passare armi e bagagli alla clandestinità armata. Quantomeno in tempi brevi".
La cronaca giudiziaria testimonia che l'ultimo capitolo della lotta armata data il 2009. Quando le indagini della Digos e della Procura di Roma smantellarono "Per il Comunismo - Brigate Rosse", struttura numericamente modesta e anagraficamente avanti con gli anni (gli arrestati furono Luigi Fallico, Bruno Bellomonte, Gianfranco Zoja, Riccardo Porcile, Bernardino Vincenzi, Manolo Morlacchi, Costantino Virgilio), che aveva deciso di rivendicare a sé l'eredità brigatista, firmando, il 20 settembre 2006, un attentato a colpi di mortaio artigianale alla caserma "Vannucchi" di Livorno, la casa dei paracadutisti della Folgore. A quella sigla e ai suoi militanti (Zoja e Porcile sono accusati di essere gli autori materiali dell'attentato di Livorno) si sta celebrando a Roma il processo di primo grado. Ma già in quell'esperienza "terminale" della follia armata - come le indagini prima e il dibattimento poi hanno documentato - era scritto l'isolamento politico degli epigoni brigatisti. Nelle risoluzioni strategiche di "Per il Comunismo - Brigate Rosse" si vagheggiava di una "avanguardia armata" di soli "generali", che prescinde "dall'organizzazione delle masse sul terreno". "Una condizione - chiosa una fonte qualificata della Polizia di prevenzione (che per altro continua a condurre indagini su ció che potrebbe ancora essere rimasto in piedi di "Per il comunismo - Brigate Rosse" - che in qualche modo non ci risulta si sia modificata". E che dunque vedrebbe ancora oggi gli ultimi teorici della lotta armata sostanzialmente privi di esercito.
(31 ottobre 2011)
Nessun commento:
Posta un commento