domenica 9 ottobre 2011

Arrestaci tutti: tanto il bavaglio è bucato


BRUNO TINTI

Come questo giornale ha detto molte volte, non obbediremo alla legge bavaglio. I nostri lettori leggeranno le informazioni derivanti da un processo penale quando sarà caduto il segreto investigativo (art. 329 codice di procedura) e quindi quando saranno pubbliche per legge. Senza attendere l’udienza preliminare o altre scadenze processuali che la fantasia di B&C si inventerà. E non solo le informazioni di rilevanza penale, questa ridicola categoria che la Federazione della Stampa ha accettato, rendendosi schiava volontaria del giudice che dovrebbe stabilire, lui, quali notizie si possono pubblicare e quali no. Un nuovo Minculpop, con veline preconfezionate per giornali e giornalisti megafono del potere. Le leggeranno tutte; tutte, si capisce, quelle di interesse pubblico. B che ha pagato Mills perché dicesse il falso; ma anche B che si circonda di puttane e di magnaccia e che si fa ricattare.

Commetteremo un reato, forse parecchi reati. E magari, oltre a noi de Il Fatto, qualche altro giornalista disobbedirà alla legge più vergognosa che B&C hanno avuto il coraggio di inventarsi. Perché delinquere e comportarsi con sfrenata immoralità è cosa grave. Ma costruirsi un’immagine pubblica falsa attraverso la menzogna e l’intimidazione è da veri tiranni. E i tiranni vanno combattuti. E, prima ancora, per convincere abbastanza persone della necessità di combatterli, vanno smascherati; bisogna far vedere che persone spregevoli sono; e così “radunare le truppe”. Poi qualcuno le organizzerà e le condurrà “all’immancabile vittoria”. Diciamo che i giornalisti saranno l’avanguardia: è una buona ragione per farsi processare. Questi toni da farsa militaresca (non prendersi troppo sul serio aiuta sempre a essere consapevoli dei propri limiti) non devono spaventare. Rischi veri non ce ne sono. Un po’ di udienze, un buon palcoscenico per parlare finalmente di democrazia, di diritti, di doveri, di specifiche vergogne rese pubbliche (mica male come effetto collaterale), un po’ di soldi spesi e poi il ritorno a casa con l’aureola dell’eroe.

Questa che segue è una ragionevole anticipazione di quello che succederà. Un gip cattura un magnaccia che ha procurato puttane a B motivando il suo provvedimento con i risultati delle indagini del pm. Tra questi ci sono le trascrizioni di intercettazioni di conversazioni telefoniche nel corso delle quali B promette lucrose consulenze e ancora più lucrosi appalti al magnaccia e ai suoi amici; e anche manifesta preferenze per pratiche sessuali particolari e aspetto fisico delle donne con cui vuole accoppiarsi. Il magnaccia e il suo avvocato si leggono il provvedimento del gip che, per legge, da quel momento è pubblico. Il Fatto pubblica le trascrizioni; l’autore, il direttore e il vice direttore (non vedo perché Marco Travaglio se la debba passare liscia) vengono denunciati e incriminati. Tutti chiederanno di essere sentiti dal pm e lì confesseranno la loro responsabilità penale: è vero, ho commesso il fatto e l’ho commesso con piena consapevolezza di violare la legge.

Saranno quindi rinviati a giudizio (a piede libero: incensurati e con ragionevole probabilità di godere della sospensione condizionale della pena) oppure avanti al gip. Qui eccepiranno l’incostituzionalità della legge bavaglio per violazione dell’art. 21 della Costituzione e il giudice quasi certamente riterrà la questione “non manifestamente infondata” e la trasmetterà alla Corte. Questo per via dei precedenti di seguito sommariamente indicati:

Il diritto di cronaca può essere esercitato, anche quando ne possa derivare lesione all’altrui reputazione, purché: la notizia sia vera; esista un interesse pubblico alla conoscenza dei fatti; l’informazione sia mantenuta nei giusti limiti di obbiettività. (Cass. pen., 10/12/1997, n. 1473).

La libertà di cronaca (comprensiva della acquisizione delle notizie) e la libertà d’informazione, sono i cardini del regime di democrazia garantito dalla Costituzione; la stampa è strumento essenziale di quelle libertà. (Corte cost., sent. n. 1/1981)

La Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo sancisce (art. 10), il principio della libertà di manifestazione del pensiero. Tale diritto abbraccia la libertà di comunicare informazioni o idee senza ingerenza alcuna da parte delle autorità pubbliche. I limiti della critica esercitabile nei confronti di dirigenti politici sono più ampi di quelli relativi ai semplici privati. (CEDU, 8/7/1986, Lingens c. Austria; 25/3/1985, Barthold c. Repubblica Federale di Germania).

Il diritto della stampa di informare su indagini in corso e quello del pubblico di ricevere notizie su inchieste scottanti prevalgono sulle esigenze di segretezza. (CEDU 7/6/2007)

Gli Stati contraenti sono vincolati ad uniformarsi alle interpretazioni che la Corte di Strasburgo dà delle norme della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo. (Corte cost. sent. 39/2008)

La Corte dichiarerà la legge bavaglio incostituzionale (con questi precedenti!) e noi ce ne torneremo in redazione e ci ubriacheremo tutti. Ma, se non andasse così, ricominceremo tutto daccapo in Appello e in Cassazione (non l’eccezione di incostituzionalità già respinta e che non avrebbe senso riproporre). Condannati (tecnicamente siamo colpevoli), faremo ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che ci darà ragione sicuramente e condannerà B e i suoi amici a darci un sacco di soldi per risarcimento danni. Molto più ricchi di prima, torneremo in redazione e ci ubriacheremo con champagne millesimato. Insomma: B&C non imparano mai. Non basta far scrivere al Parlamento norme stupide per farle diventare leggi dello Stato; bisogna che siano conformi alla Costituzione italiana; e anche ai principi fondamentali delle democrazie occidentali. Con buona pace di B, il mondo, non comincia e non finisce ad Arcore.

Il Fatto Quotidiano, 9 ottobre 2011

11 commenti:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Con molta probabilità ci sarà la dichiarazione di incostituzionalità della legge nella parte in cui viola il diritto di cronaca. In difetto, la CEDU farà spendere una barca di quattrini i denuncianti/querelanti a beneficio di chi ha esercitato correttamente il diritto di cronaca.

Francy274 ha detto...

Siamo alla pazzia conclamata da parecchi anni. In fondo le manifestazioni anti ddl-intercettazioni a qualcosa servono, se riescono a fermarli si eviteranno ai contribuenti un sacco di soldi buttati al vento con questi processi inutili!

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Vero, ma non si riuscirà a fermare la macchina 'bellica' berlusconiana, per cui l'evoluzione legislativa dovrebbe approdare alle conseguenze descritte da Bruno Tinti.
Aspetto un parere autorevole che ho già chiesto.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Roberto Ormanni osserva:Caro Luigi,
ho pensato anche io in questi giorni alla questione. Devo dirti che il direttore Tinti ha teoricamente ragione. E lo scenario prospettato è teoricamente giusto.
Ti chiederai perché insisto con "teoricamente".
Bene: in realtà se leggiamo attentamente la legge, e leggere attentamente una legge, come sai, vuol dire leggerla alla luce dei canoni ermeneutici sia letterali che sistematici, cioè rapportando quei canoni al sistema complessivo di norme nel quale la nuova legge si cala e con il quale deve inevitabilmente armonizzarsi (diverse volte la magistratura ha applicato una legge in modo formalmente diverso da quello che a prima vista avrebbe dovuto essere il modo corretto perché l'interpretazione è stata orientata, necessariamente, dal senso che quella legge doveva conservare rispetto alle altre norme esistenti), se leggiamo attentamente la legge, dicevo, scopriamo che in effetti ciò che il signor B e i suoi compagni di associazione (per delinquere) proprio non vogliono - e in questo senso hanno scritto la norma - è che vengano pubblicate le trascrizioni delle intercettazioni telefoniche.
Mi spiego meglio: la ratio normativa è tutta nella volontà del legislatore di tenere riservati i contenuti delle intercettazioni telefoniche fino all'inizio del dibattimento, del processo pubblico. Contando sul fatto che il dibattimento si aprirà dopo anni dall'indagine e intanto tutti vivono felici e contenti. Tutte le fasi precedenti infatti sono caratterizzate, sebbene gli atti processuali siano conoscibili e dunque pubblicabili, da udienze camerali e dunque da assenza di pubblicità reale. C'è differenza tra atti conoscibili e atti pubblici. La conoscibilità può non fermare la pubblicità, ma il grado di questa pubblicità può essere rimesso alla discrezionalità del legislatore.
Possiamo naturalmente sostenere, ed è giusto sostenerlo, che un legislatore che approfitti della discrezionalità per ridurre a tal punto la pubblicità degli atti conoscibili da eliminarla del tutto sia un cattivo legislatore, un legislatore che tende di fatto alla censura pur senza avere il coraggio politico d'imporla e, prima ancora, consapevole di non poter contare su alcuno strumento giuridico per farlo. Almeno, finché il sistema è democratico e regolato dall'attuale Costituzione. Ma questo dovrebbe essere un argomento buono per assumere decisioni, appunto, politiche di contrasto: ad esempio sfiduciando un legislatore siffatto.
Diverso è il taglio della questione sul piano tecnico: un'eventuale eccezione di costituzionalità potrebbe infrangersi contro una linea che la Consulta più volte ha riconosciuto e applicato: la norma, stricto iure (andando cioè al sodo) non viola alcun parametro costituzionale perché la "stretta" rientra nella discrezionalità del legislatore.
Una discrezionalità discutibile, ma tecnicamente legittima.
Il legislatore infatti, andando al sodo, non impedisce di raccontare che è in corso un'indagine, quali sono gli indagati, per quali reati si procede, non impedisce di spiegare cosa è successo. Soltanto, impedisce di pubblicare integralmente ciò che è stato procurato agli inquirenti attraverso uno degli strumenti di quell'indagine. Successe lo stesso con il reato di clandestinità: il legislatore può, nella sua discrezionalità, decidere cosa è reato e cosa no. L'unico limite è la coerenza del sistema complessivo.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

E allora torniamo al "teoricamente": le intercettazioni sono uno strumento d'indagine, sono il mezzo non il fine. Un po' come potrebbe esserlo un'informativa riservata della polizia, oppure la dichiarazione di un confidente, oppure ancora un video girato di nascosto dalle forze dell'ordine durante uno scambio di droga.
Oppure, ed è l'ultimo esempio che non a caso ho tenuto alla fine, le notizie che un infiltrato in un'associazione di narcotrafficanti passa agli investigatori per consentire gli arresti.
In questi casi le ordinanze cautelari, i documenti dell'indagine che vengono depositati e consegnati alle parti, prima del processo, esaminati dal riesame, insomma tutti i documenti che rientrano nella categoria degli atti conoscibili, e dunque pubblicabili quantomeno "per estratto o per riassunto" (come dice il codice), in questi casi fanno genericamente riferimento al fatto che le notizie sono state acquisite attraverso una relazione, una testimonianza riservata o un infiltrato, ma in nessuno di questi documenti saranno trascritte per filo e per segno tutte le pagine che quella relazione o quell'infiltrato ha a suo tempo consegnato agli inquirenti.
E dunque questo vuol dire che decidere di non consentire la pubblicazione PER ESTESO di ciò che è stato raccolto grazie ad uno dei MEZZI adoperati per l'indagine, come le intercettazioni, non vuol dire impedire la pubblicazione delle notizie relative all'indagine tout court.
Ecco perché la Corte Costituzionale potrebbe trovare compatibile il divieto di pubblicazione delle trascrizioni delle intercettazioni con il diritto di cronaca e, più tecnicamente, con la necessaria - sebbene ridotta - pubblicità degli atti d'indagine prevista per le fasi precedenti al dibattimento e fondata sulla conoscibilità di quegli atti.
L'informazione di garanzia, ad esempio, è pubblicabile: non letteralmente, non parola per parola, ma il fatto che un pm abbia emesso un'informazione di garanzia nei confronti del signor B per il reato, ad esempio, di favoreggiamento della prostituzione, rientra - e continuerà a rientrare nonostante la nuova legge in discussione - tra le notizie conoscibili e dunque pubblicabili per il solo fatto che quell'informazione di garanzia è stata notificata all'interessato. Anche se in quel momento l'interessato, magari perché era in viaggio all'estero e impegnato in una dacia russa con procaci russe, non l'ha ancora vista nè tantomeno letta.
La pubblicabilità è una conseguenza della presunzione legale di conoscenza.
Veniamo quindi, in concreto, a cosa potrebbe succedere: uno scenario alternativo a quello ipotizzato dal direttore Bruno Tinti.
Un gip cattura un magnaccia che ha procurato puttane a B motivando il suo provvedimento con i risultati delle indagini del pm. Tra questi ci sono le trascrizioni di intercettazioni di conversazioni telefoniche nel corso delle quali B promette lucrose consulenze e ancora più lucrosi appalti al magnaccia e ai suoi amici; e anche manifesta preferenze per pratiche sessuali particolari e aspetto fisico delle donne con cui vuole accoppiarsi. Il magnaccia e il suo avvocato si leggono il provvedimento del gip che, per legge, da quel momento è pubblico (in realtà non è pubblico ma pubblicabile perché conoscibile: che vuoi farci, Luigi, la legge italiana è un po' bizantina ma la precisazione ha la sua importanza ermeneutica). Il Fatto NON pubblica le trascrizioni ma racconta quali sono le accuse, racconta quando è nata l'indagine, chi è coinvolto, quando è stata avviata, quali sono - se il provvedimento di cattura le indica - le puttane. E così via.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...
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LUIGI A. MORSELLO ha detto...

La verità è che si tratta di conversazioni meno... divertenti. Dove c'è meno gossip. Anzi, non ce n'è per niente.
Ma il fatto che non siano state pubblicate - e che, soprattutto, i pm e i gip non ne abbiano riportato centinaia di pagine all'interno delle misure cautelari quelle sì, lo ripeto, pubblicabili e che resteranno tali - non mi sembra abbia impedito ai lettori e all'opinione pubblica di sapere e capire che Provenzano e un mafioso e che Brusca ha schiacciato il bottone del telecomando che ha ucciso Giovanni Falcone, la moglie e la scorta.
Un ultimo esempio, per chiarire: quando pubblichiamo la notizia di una condanna, alla fine di un processo, nessuno si sogna certo di pubblicare, anche, parola per parola, tutte le dichiarazioni dei testi dell'accusa che hanno portato alla decisione del tribunale di condannare. Nonostante, te lo assicuro, spesso in quelle dichiarazioni, rese nel corso di ore, settimane, mesi, anni di dibattimento ci siano spesso risvolti, notizie, osservazioni, considerazioni, collegamenti, nomi, fatti, circostanze, che sarebbe assai... gustoso conoscere.
Intendiamoci, per concludere: non voglio dire che la "legge bavaglio" sia una buona legge. Intendo dire che, come sempre, quando bisogna combattere contro i delinquenti ciò che conta è trovare le armi giuste.
Uno scenario come quello che ti ho descritto potrebbe facilmente "sterilizzare" la malafede del legislatore dimostrando ancora una volta che, come diceva Humphrey Bogart, "questa è la stampa, bellezza, e tu non puoi farci niente".
Roberto Ormanni

Francy274 ha detto...

Più chiaro di così!
Tinti ha pure ragione, se si andrà contro al ddl. con la pubblicazione delle itercettazioni, così come fino a oggi, l'iter legale descritto dal magistrato si verificherà comunque, con la conclusione eccellente di Ormanni "questa è la stampa".
In fondo non mi dispiace che vengano eliminate le pubblicazioni delle intercettazioni dei vari personaggi loschi con b.. Sono di una volgarità vergognosa, deleteria per la mente dei tanti che le recepiscono come "buoni esempi". Indubbiamente importanti ai fini del processo, ma davvero inutili per la popolazione. Tutto ciò ci fa assistere al gratuito successo che certe "donnine" ottengono con i loro volti e nomi pubblicati dai giornali, non di meno gli inviti nei vari programmi d'informazione che le rendono star,dello squallore ma pur sempre star, in un sistema che va via via esaltando le balordaggini e fa perdere di vista le cose che davvero hanno rilevanza a fini sociali.

Se permetti questo lo pubblico, è più breve, quindi più facile da leggere e da capire. :)

Cancella il secondo o il terzo commento della lettera di Ormanni, l'hai postato due volte :)

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

MISERIACCIA: FATTO!

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

QUESTO IL SEGMENTO MANCANTE, DA AGGIUNGERE AL SECONDO INSERIMENTO:"Mi pare che ce ne sia abbastanza per suscitare interesse nel lettore, per suscitare indignazione laddove fosse necessario e, insomma, per capire che sia il magnaccia che B non sono persone dabbene.
Almeno, credo sinceramente che debba essere così, in un Paese normale.
In un Paese che non abbia bisogno di leggere a tutti i costi sui giornali le trascrizioni parola per parola delle intercettazioni per capire che l'indagine è seria e gli indagati persone che andrebbero cancellate dalla vita pubblica.
Affinché ciò accada sarebbe sufficiente che i gip e i pubblici ministeri invece di fare "copia-incolla" dai file word trasmessi dagli investigatori che hanno trascritto le intercettazioni, riempiendo migliaia di pagine sostanzialmente inutili ai fini della contestazione del reato, di quei file facciano un resoconto, a parole loro, in forma libera, quel tanto che basta per dimostrare, da parte dei pm, al gip che la cattura richiesta è sufficientemente motivata da validi indizi e, da parte del gip, al tribunale del riesame che il provvedimento di cattura è fondato su elementi realmente esistenti.
Quelle intercettazioni, quelle trascrizioni, così come le relazioni di polizia giudiziaria o i video girati di nascosto per documentare il reato, sono a disposizione sia dei giudici che della difesa. Il fatto che siano a disposizione però, come già accade, non comporta - mi pare che non comporti - la necessità di pubblicarli, da parte dei giornali, ché altrimenti senza di essi quasi la notizia non esiste.
La notizia è nel fatto che B è stato arrestato per sfruttamento della prostituzione minorile, o per corruzione, o per falso in bilancio (se non fosse stato abrogato), o per subornazione di teste. E così via. Per spiegare ai lettori cosa è successo non credo siano necessarie migliaia di conversazioni che, oggettivamente, contengono anche riferimenti a circostanze che con l'indagine poco hanno a che fare.
Affinché ciò accada, ripeto, sarebbe indispensabile che i magistrati inquirenti imparino a scrivere, invece di adoperare soltanto la funzione copia incolla.
Proprio come accadeva quando le intercettazioni non esistevano. E, anche se la gente sembra non ricordarlo più, le prime intercettazioni telefoniche sono state utilizzate in un processo per traffico di stupefacenti nei confronti del clan mafioso dei Nuvoletta, a Napoli, nel 1974. Il pubblico ministero che le utilizzò si chiama Italo Ormanni e può testimoniarlo, essendo ancora in vita ancorché in pensione da qualche mese.
E per giunta i giornali, che di quell'indagine raccontarono tutto anche perché fu arrestata - prima e unica volta nella storia - un'ambasciatrice in Italia di un Paese del centro - America - non ebbero necessità di pubblicare le trascrizioni delle intercettazioni. Così come non vengono pubblicate le trascrizioni delle intercettazioni eseguite nelle indagini per omicidio, o per associazione mafiosa. Eppure ti posso garantire che ci sono fiumi di intercettazioni.

Anonimo ha detto...


"questa è la stampa, bellezza, e tu non puoi farci niente".
Chapeau ai giornalisti con la G maiuscola!
Madda