Dice Confalonieri che «Berlusconi è tornato ad essere Berlusconi». E si vede. Così com'è capace di risollevarsi quando ormai tutti lo danno per spacciato, il Cavaliere sa anche rendersi protagonista di stecche proverbiali.
L'ultima di Berlusconi è sull'euro, «moneta strana che non ha convinto nessuno». «Una cosa che pensano tutti», lo difende Confalonieri: «Solo che lui lo dice, perché non è ipocrita. O forse perché non ha la qualità dell'ipocrisia, che in politica passa per essere una dote». E non c'è dubbio che il premier con la sua battuta abbia toccato le corde di chi — per citare il patron di Mediaset — «dai tempi del cambio della lira ha sempre storto il naso». «Comunque non voleva attaccare l'Unione. Anzi, più volte ha detto che il problema della moneta unica è l'assenza di unità politica dell'Europa. Perciò il suo concetto va interpretato come un appello a costruire un'istituzione sovranazionale più forte. Altrimenti avremo sempre
Ora che «Berlusconi è tornato a essere Berlusconi», l'amico di una vita si sente sollevato, perché c'è stata una fase durante la quale ha temuto, «un periodo in cui Silvio era stordito, accerchiato com'era da un'operazione politica, mediatica, economica e giudiziaria concertata, che mirava a tramortirlo. Sia chiaro, lui ci aveva messo del suo nel prestare il fianco. Ma ora si è ripreso, anche fisicamente».
Confalonieri smentisce di avere avuto un ruolo, sebbene l'abbiano sentito rincuorare e spronare lo stesso Gianni Letta. E smentisce che ci siano i suoi suggerimenti dietro la «campagna d'Europa», che sarà subito trasferita in Parlamento per rafforzare il governo: «È come nell'atto conclusivo di un film di cappa e spada, quando arriva la scena finale del duello. È il terzo tempo, e sarà un bel finale». A patto che Berlusconi «non si distragga», perché dovrà «sapersi destreggiare tra mille difficoltà», incrociando la lama con «corporazioni, sindacati, avversari e anche alleati». Se ci riuscirà, «avrà sfatato il mito dell'Italia ingovernabile» e «smentito i suoi oppositori», che gli chiedono di fare un passo indietro per mettere in ordine il Paese: «Davvero si può credere che un altro governo guidato da un Monti, un Tremonti o un Casini riuscirebbe a mantenere gli impegni assunti con l'Europa? E con l'appoggio di chi: della sinistra? Ma andiamo...».
Così dicendo, Confalonieri rovescia il ragionamento, fino a saggiare il polso di «quanti hanno invocato un esecutivo di responsabilità nazionale per varare le riforme»: «Visto che Berlusconi si appresta a presentarle in Parlamento, sono disposti a collaborare perché diventino leggi dello Stato?». Non cita Casini, ma è al leader dell'Udc che si riferisce, ed è a Bersani che fa cenno quando parla della «necessità di rendere competitivo il mercato del lavoro»: «Cosa farebbero i riformisti se si trovassero a votare delle norme ispirate da un giuslavorista come il professor Ichino?».
È questa la sfida, secondo il presidente del Biscione, «e la politica deve fare attenzione, perché gli italiani sanno capire se dietro certe formulette si cela solo l'intento di scardinare la cassaforte elettorale del premier». Confalonieri sostiene che non ci riuscirebbero, e non perché pensi che Berlusconi possa rivincere le elezioni. Anzi, «Fidel» fa capire chiaramente che per «Silvio» questo è l'ultimo giro, il «bel finale». Il punto è un altro: «Quanti mirano oggi a far cadere il Cavaliere, non capiscono che la sua uscita di scena sarà anche la loro fine. Siamo vicini al salto generazionale. Il futuro non sarà dei cinquanta-sessantenni. La prossima, sarà la stagione degli Alfano e dei Renzi, di quelli che vanno su Youtube e usano l'iPhone». Ed è un messaggio che il capo di Mediaset rivolge anche al centrodestra e in specie al Pdl, dove «c'è sempre qualcuno che scarica sul premier la propria acidità di stomaco».
È vago quando si tratta di fissare la scadenza della legislatura — «dipenderà dall'evolversi della situazione politica e dalla crisi» — ma è convinto che «Bossi non farà cadere Berlusconi, perché tra loro c'è un rapporto viscerale. Umberto è un grande politico, a cui tocca una difficile politica di confine, tra le esigenze del territorio a cui è legato e il dovere di governare a Roma». Semmai lo stupisce l'atteggiamento di Tremonti, diventato «un caso psicologico più che politico»: saranno le aspirazioni frustrate, le ambizioni malriposte, resta il fatto che Confalonieri è sorpreso, «davvero mi sorprende come una persona di valore faccia resistenza a una gestione concertata».
E non è un caso se, in questo tornante drammatico per il Paese prima ancora che per il governo, il patron del Biscione elogi Draghi, con cui «in passato ho scambiato qualche buon libro di letteratura inglese, di cui lui è ottimo conoscitore». Il presidente della Bce «non godrà delle simpatie di Tremonti ma dimostra come l'Italia abbia uomini di valore nei posti chiave, capaci di decrittare i giochi di potere e di tenerli separati dai problemi da risolvere. Ha fatto quindi benissimo il premier a sostenere la sua candidatura, così come fece bene a sostenere la candidatura di Prodi alla guida della Commissione europea, e prima ancora a indicare il professor Monti e
Francesco Verderami
29 ottobre 2011
1 commento:
Come si dice, chiama la moglie come testimone. L'uscita sulla moneta è l'ultimo disastroso commento pubblico di B.
Si è ripreso? Davvero? Bene, continuerà a far danni fino al prossimo appuntamento con al UE, intanto finisce il tempo utile per andare a votare in primavera. B. è come la epatite C, non riesco a debellarla! Intanto mi sta uccidendo piano piano!
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