giovedì 27 ottobre 2011

IL BENSERVITO


L’Ue detta la lettera anti-crisi a B: stretta sulla previdenza e licenziamenti facili entro giugno o a casa

di Stefano Feltri

La novità della lettera del governo italiano al Consiglio europeo è doppia: da ieri non soltanto l’Europa ci detta le scelte di politica economica, con le date entro cui approvare i provvedimenti, ma decide anche se e quando il governo si dovrà dimettere.

Silvio Berlusconi ha portato ieri al vertice straordinario di Bruxelles una versione diversa della “lettera di intenti” che aveva preparato. Quando gli sherpa hanno iniziato a far circolare le bozze, da Francia e Germania è arrivata la richiesta di integrare le promesse con una data precisa entro cui tradurle in provvedimenti concreti. La scansione temporale richiederebbe un governo efficientissimo, con una maggioranza pronta a lavorare a ritmi di lavoro cinesi, e soprattutto è perfettamente compatibile con uno scenario di elezioni anticipate in primavera. Tutte le misure vanno realizzate entro 8 mesi, cioè giugno. Ma il grosso va sbrigato da qui a fine anno: o Berlusconi ci riesce, oppure, è la promessa implicita della lettera, il governo vedrà la propria inutilità scritta nero su bianco.

“Ma quale patto, è un’invenzione: il giorno in cui non do più i voti a Berlusconi si va alle elezioni”, ha detto ieri il leader della Lega Umberto Bossi, per smentire che il voto a marzo fosse già concordato con Berlusconi. Però tutto, nella lettera, lascia intendere che l’asse franco-tedesco ha ottenuto la cosa più simile all’auspicato modello Zapatero (annuncio elezioni, poi provvedimenti di contenimento del deficit): è l’ultimo tentativo, due mesi per dimostrare che il governo è all’altezza oppure via.

LE PRIME MISURE concrete vanno approvate subito, altro che il vago decreto Sviluppo su cui si arrovellava la maggioranza fino a due giorni fa: il governo ha promesso di completare entro fine 2011 l’iter della riforma dell’Università, impantanata da un anno (mancano una quarantina di decreti attuativi, quasi impossibile farli in due mesi), va creata una commissione per ridurre il debito pubblico, in 10 settimane vanno indicate opere immediatamente cantierabili, ogni tre mesi si promette di liberalizzare un settore diverso (acqua, rifiuti, trasporto pubblico locale, farmacie). Nel giro di pochi mesi il governo si impegna poi ad adottare provvedimenti molto impopolari, da cui potrebbe salvarsi solo con il voto anticipato: entro maggio 2012 la lettera annuncia di fatto la cancellazione dell’articolo 18: “Una nuova regolazione dei licenziamenti per motivi economici nei contratti a tempo indeterminato”. Fulvio Fammoni, della Cgil, spiega che visto che l’articolo 8 della manovra estiva (i sindacati che a livello aziendale fissano regole diverse da quelle nazionali) rischia di risultare incostituzionale, il governo vuole intervenire alla fonte, modificando proprio la legge. Cgil, Cisl e Uil stanno già ragionando su uno sciopero generale unitario. Anche perchè la Cisl, molto radicata nel pubblico impiego, non ha gradito un’altra innovazione annunciata dalla lettera: possibilità di cassa integrazione per gli statali e mobilità obbligatoria. Anche le pensioni continuano a preoccupare: la Lega ha vietato ogni intervento drastico, resta solo un passaggio, sul già previsto innalzamento a 67 anni dell’età per le pensioni di vecchiaia (ma dal 2026) e l’agganciamento di quelle di anzianità all’aspettativa di vita, anche questo già previsto. Ma Raffaele Bonanni, Cisl, dice: “Si attaccano i più deboli, reagiremo subito”. Anche gli studenti hanno già deciso di reagire, con una manifestazione il 4 novembre, contro l’annuncio della lettera di dare più libertà agli atenei di alzare le tasse universitarie.

BASTERÀ TUTTO questo all’Europa? Se verrà realizzato sì, visto che è stato concordato praticamente riga per riga (con la Commissione e soprattutto con il presidente del consiglio Ue, Hernan Van Rompuy, interprete delle esigenze franco-tedesche). Il principale responsabile delle scelte economiche in Italia, il ministro Giulio Tremonti, è stato praticamente escluso dalla redazione del testo.

L’esigenza di Angela Merkel, di Nicolas Sarkozy e del resto dell’eurozona ormai è chiaro: bisogna ridurre i punti di rischio nel caso di nuovi scossoni imminenti, la bancarotta della Grecia e il declassamento del debito francese. Se il governo dimostrerà di applicare un così ambizioso piano di riforme (negoziato fuori da ogni canale della democrazia nazionale), i mercati penseranno che almeno l’Italia non è più un problema. Anche l’annuncio dal summit sul fondo salva Stati, l’aumento (per ora teorico) da 440 a oltre 1000 miliardi di euro dovrebbe servire a tranquillizzare chi investe nel debito pubblico dei Paesi a rischio, grazie anche a una esoterica architettura finanziaria dello strumento di salvataggio. Stesso scopo ha l’annuncio dei dettagli sul bisogno di capitale delle banche. Sono tutte promesse, come quelle dell’Italia. Meglio evitare di essere i primi a non rispettarle o diventeremo il parafulmine del panico dei mercati.

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