lunedì 3 ottobre 2011

Il quadro incerto del dopo Cavaliere


Un referendum sulla legge elettorale, soprattutto se è firmato da più di un milione d'italiani, cambia il quadro politico. Tutti coloro che avrebbero preferito evitarlo (esistono a destra come a sinistra) sanno che non è possibile attendere il responso della Corte di cassazione sulla validità delle firme e quello della Corte costituzionale sulla sostanza del quesito. Le soluzioni alternative vanno preparate subito. Qualcuno sosterrà che è meglio anticipare la fine della legislatura e andare alle urne con l'attuale legge elettorale. Altri penseranno che il modo più giusto e decoroso, per evitare la consultazione referendaria, sia quello di cambiare in Parlamento la legge elettorale. Fermo restando che tutto, anche un voto con questa legge, mi sembra preferibile al prolungamento dell'agonia, credo che lo straordinario successo dell'iniziativa referendaria comporti un obbligo politico e morale: quello di dare una risposta positiva al desiderio di una legge diversa.

La seconda soluzione, quindi, è preferibile. Ma migliorerà il pessimo clima italiano soltanto se questa nuova legge elettorale sarà il risultato di una intesa fra partiti di maggioranza e d'opposizione. Esistono due fronti che attraversano in diagonale il campo dei due schieramenti: i «bipolaristi» a cui preme conservare due grandi forze che si alternino alla guida del Paese, e i «proporzionalisti», ansiosi di tornare a un sistema in cui i negoziati per la formazione del governo cominciano dopo la chiusura delle urne e l'annuncio dei risultati. Se il Pdl, come ha detto il suo segretario, è risolutamente bipolarista, deve ricercare un'intesa con quella parte dell'opposizione che ha le stesse convinzioni.
Naturalmente non basta accordarsi sul nuovo modo di votare. Una nuova legge elettorale avvicinerebbe la data del prossimo voto e dovrebbe costringere i partiti a uscire dal circolo vizioso delle reciproche accuse e dalla vaghezza con cui fanno abitualmente le loro proposte. L'opposizione non potrà limitarsi a sostenere che il governo è stato commissariato dalla Banca centrale europea. Dovrà dirci che cosa pensa delle raccomandazioni di Trichet e Draghi in materia di pensioni, contratti aziendali, riduzione degli stipendi della funzione pubblica. Il Partito democratico dovrà dirci come intende scegliere il candidato alla guida del governo. Proporrà il segretario del partito o sceglierà il metodo delle elezioni primarie? L'opposizione non potrà continuare a compiacersi delle censure pronunciate dal cardinale Bagnasco sui comportamenti del presidente del Consiglio senza dirci contemporaneamente come intende affrontare i problemi bioetici che interessano la Chiesa. L'opposizione dovrà dirci che cosa pensa dei conflitti che coinvolgono le truppe italiane e se le sue posizioni in materia di politica estera saranno condivise dai partiti con cui intende allearsi per vincere le elezioni.

Sinora, per fare politica, bastava criticare l'avversario. D'ora in poi, con una nuova legge elettorale alle porte, occorrerà scendere dal pulpito delle denunce e delle indignazioni per formulare proposte precise e assumere impegni. Le stesse osservazioni, naturalmente, valgono per il governo, troppo incline a trarsi d'imbarazzo accusando l'opposizione di essere solo inutilmente polemica e pregiudizialmente ostile. Se il referendum avrà l'effetto di trasformare la rissa in dialogo e confronto, dovremo ringraziare non soltanto i suoi promotori, ma anche, uno per uno, quelli che lo hanno firmato.

Sergio Romano
02 ottobre 2011

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