mercoledì 26 ottobre 2011

La Lega non molla sulle pensioni di anzianità Per Bruxelles Berlusconi ha solo una lettera



Con il no del Carroccio sulla riforma della previdenza sociale, il Cavaliere si presenta in Europa solo con un documento d'intenti in cui ribadirà i contenuti delle finanziarie di agosto e settembre. Se basterà, giovedì altro esame: le borse

Da un lato l’Unione europea, dall’altro i mercati, al centro il braccio di ferro con la Lega. E nella manica non un asso, bensì una carta d’attesa: una lettera di 14 pagine in cui il premier presenterà all’Unione europea ciò che è stato fatto e ciò che si intende fare. Il Cavaliere illustrerà così tutti gli sforzi compiuti a partire dalle manovre correttive già varate dal Governo fino a tutta una serie di interventi già calendarizzati. Silvio Berlusconi si presenterà così a Bruxelles per partecipare al Consiglio europeo che dovrà decidere della bontà dei provvedimenti sulla crescita e, di conseguenza, sulla tenuta del suo governo. Il problema, però, è che le misure per lo sviluppo non ci sono o, meglio, sono le stesse delle due manovre finanziarie d’estate.

L’obiettivo del governo è raggiungere i 67 anni d’età nel 2026 anche per le donne del settore privato. Nessun altro riferimento alla riforma previdenziale, ma solo l’indicazione del raggiungimento di questo obiettivo che così equipara l’età pensionabile delle donne nel privato a quelle del settore pubblico. Su questo punto, la Lega ha dato il suo assenso, ribadendo tuttavia la netta opposizione a qualsiasi intervento sulle pensioni di anzianità. Nulla di diverso, di quanto siglato nell’accordo sul decreto della manovra del 13 agosto scorso. Per il resto nella missiva rientrano misure sulle liberalizzazioni, sulle privatizzazioni, sulle semplificazioni normative a vantaggio delle imprese e sul piano delle infrastrutture. Berlusconi punta a ottenere dalla Unione europea a un via libera di massima sullì’impegno assunto dal governo italiano, convinto che i colleghi europei non attaccheranno l’Italia, anche per non compromettere la stabilità dell’Unione.

Oltre alla previdenza, le quattordici pagine della lettera toccano diversi punti: il contributo all’apprendistato (per questi contratti sarà ridotta la quota di contribuzione a carico del datore di lavoro). I servizi pubblici (liberalizzazione dei servizi pubblici locali). Licenziamenti (possibile revisione delle norme con obiettivo di stabilire un indennizzo per il lavoratore). Il credito d’imposta (questo vale per chi assume nel Mezzogiorno). Privatizzazioni e dismissioni. Infine incentivi per l’assunzione delle lavoratrici.

Al di là dei punti e dell’intesa risicata tra Pdl e Lega è certo che oggi pomeriggio la Ue chiederà all’Italia sforzi aggiuntivi e impegni precisi. Sul tavolo, infatti, non ci sono solo le garanzie sugli obiettivi fissati. Dato che al momento e nella situazione in cui ci troviamo potrebbe non servire.. La riforma delle pensioni, infatti, non porterebbe incassi immediati, ma certo aiuterebbe a blindare la situazione a lungo termine.

In attesa del responso, l’esecutivo ha vissuto la giornata più difficile della legislatura. Dopo 24 ore di vertici di partito e summit di coalizione, infatti, la montagna ha partorito due topolini: la missiva per Bruxelles e l’accordo con la Lega sulla riforma delle pensioni. In tal senso, Bossi non ha mollato: si è detto disponibile al tetto dei 67 anni, ma ha alzato barricate sulle pensioni di anzianità. Secondo alcune indiscrezioni, per l’età pensionabile si parlerebbe di un maxi scalone con applicazione progressiva dal 2012 al 2025.

Solo un brodino, quindi, per la fame di riforme del governo, che ora deve far passare per buona un’intesa al ribasso. La ‘vittoria’ leghista è confermata anche dal titola d’apertura de La Padania, che in prima pagina rilancia il concetto con toni trionfalistici. Incassata la vittoria di Pirro, il presidente del Consiglio cercherà di aggirare l’ultimatum di Bruxelles, che attende di conoscere i contenuti e il calendario del pacchetto per il rilancio della crescita. Sarà un attesa vana, che il Cavaliere cercherà di aggirare con un memorandum di intenti.

Quest’ultimo punterà su due diversivi: l’ennesima riproposizione di ciò che è stato fatto (le finanziarie di agosto e settembre) e le rassicurazioni su ciò che si vorrà fare, ovvero il pareggio di bilancio entro il 2013. Con quali strumenti? Sempre gli stessi: solide basi per il gettito da recuperare con la lotta all’evasione e ferrea volontà di confermare i tagli. Quanto alla ripresa,
Silvio Berlusconi confermerà l’intenzione di procedere sul fronte delle liberalizzazioni, delle privatizzazioni, delle dismissioni così come su quello della riforma del mercato del lavoro e della ‘sburocratizzazione’ per le imprese. Per quanto riguarda le pensioni, invece, il capo del governo annuncerà i piccoli ritocchi concessi dalla Lega e cercherà di confermare la sostenibilità del sistema pensionistico italiano.

L’Europa gli crederà? Può darsi. Per un motivo ben preciso: perché Germania e Francia - è il pensiero del premier – non potranno protestare più di tanto visto che una caduta dell’Italia rischia di trascinare nel baratro anche tutta l’economia continentale. Se l’Europa accettasse il compromesso made in Italy, però, il governo dovrà superare un altro esame, ancor più arduo. Giovedì, infatti, i mercati potrebbero condannare definitivamente la mancanza di uno strumento per la crescita del Paese. E in tal caso Berlusconi dovrà davvero mettere mano alle pensioni di anzianità o studiare qualche exit strategy, con il rischio concreto che Umberto Bossi decida di staccare davvero la spina.

In questa direzione vanno lette le indiscrezioni circolate oggi, a cominciare dall’ipotesi di un governo
Letta o Schifani in caso di fine anticipata dell’esecutivo, con allargamento ad una coalizione di responsabilità e conseguente strappo definitivo con il Carroccio. Berlusconi, però, a questa eventualità non vuole neanche pensare: proverà a resistere, almeno fino a Natale, in modo da preparare una uscita di scena ‘dolce’ che potrebbe arrivare a gennaio. Ma il 2012 è ancora lontano: il futuro del presidente del Consiglio e del suo esecutivo è nelle mani dell’Europa e dei mercati finanziari.

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