martedì 4 ottobre 2011

Le banche più forti della Merkel




di Marco Onado

Molti sono gli ostacoli da superare per risolvere la crisi europea, ma le banche e le loro potenti lobby sono forse quello principale. È sempre più evidente che per placare una tempesta che mette ormai in pericolo la sopravvivenza dell’euro bisogna trovare una soluzione per la Grecia credibile, ma anche drastica perché il debito pubblico è fuori controllo. Secondo il Fondo monetario siamo arrivati al 166 per cento del Pil, che salirà al 189 l’anno prossimo. Solo sei mesi fa, lo stesso Fondo prevedeva per i due anni valori inferiori rispettivamente di 13 e 32 punti. Nessun programma di austerità per quanto “lacrime e sangue” può bastare. Semplicemente, nel corpo della società greca non ci sono più né lacrime né sangue da versare, come dimostrano le sacrosante manifestazioni di protesta che si susseguono nelle piazze.

NON SOLO. Bisogna risolvere il problema del debito greco perché altrimenti il contagio si estende agli altri paesi e si rischia la catastrofe. Il Fondo monetario stima che una riduzione del debito greco allineata alle attuali valutazioni di mercato determina perdite per 60 miliardi, che si possono estendere a macchia d’olio se il default coinvolge altri paesi: 80 miliardi per Irlanda e Portogallo e addirittura 300 se si arrivasse all’Italia e Spagna e alle loro banche. A quel punto però crollerebbe l’intero sistema bancario europeo e forse mondiale.

Occorre intervenire subito sulla Grecia, sperando di essere ancora in tempo a fermare il contagio e ovviamente l’unica soluzione quando la spirale del debito diventa inarrestabile, è quella di ridurlo, il che significa imporre una perdita ai creditori.

Per lungo tempo questa ragionevole soluzione è stata sbarrata da coloro che ritenevano che così si sarebbe indebitamente avallato l’allegra finanza delle “cicale” debitrici a spese delle parsimoniose “formiche” che avevano fornito loro i prestiti. Il ragionamento è economicamente fragile: le formiche tedesche hanno concesso prestiti a fronte delle merci, auto e macchinari, che hanno venduto alle cicale, quindi non proprio per sfizio. Soprattutto non è più sostenibile sul piano morale, dopo i costi che hanno già pagato i cittadini greci, le loro banche e le loro industrie.

Davvero vogliamo far credere che un default sarebbe un bel premio alla Grecia che non vedrebbe l’ora di ricominciare da capo? Se qualcuno lo pensa seriamente, vada in piazza ad Atene e lo spieghi ai dimostranti, anziché scrivere pensosi articoli sui quotidiani occidentali.

Dopo molte resistenze, sia la Bce sia la politica europea si sono convinti a misure più drastiche: il piano di aiuti deciso a fine luglio prevedeva il potenziamento del Fondo europeo e una ristrutturazione dei crediti bancari che implicava una riduzione di valore del 21 per cento. Pochi giorni fa, il Bundestag ha ratificato a larga maggioranza gli accordi relativi al Fondo, dimostrando che molte resistenze da parte della politica tedesca possono essere superate.

E allora qual è il problema? Semplicemente, la parte del piano relativo alle perdite da accollare alle banche è insufficiente, come avevano decretato subito i mercati, dando inizio alla peggiore estate della vita dell’euro. Il debito greco verrebbe ridotto solo di 27 miliardi (poco più del 10 per cento del Pil). Come vuotare il mare con un secchiello.

Si stanno quindi affacciando proposte per imporre alle banche perdite più severe, capaci di convincere i mercati che si tratta della soluzione definitiva. Varie stime di analisti indipendenti (e gli stessi stress test europei) dicono che le banche creditrici potrebbero sopportare un costo ben maggiore di quello deciso a luglio, almeno fino al 50 per cento, in linea appunto con le valutazioni del mercato e più che doppio rispetto a quanto concordato a luglio.

I banchieri hanno subito cominciato a stracciarsi i loro eleganti gessati al grido di: sarebbe un disastro e di più proprio non possiamo dare. A parlare è il capo del potente Institute of International Finance, capeggiato dal tedesco Joseph Ackerman, presidente di Deutsche Bank e dunque anche protettore delle banche tedesche, che sono in testa nella lista dei creditori della Grecia.

È QUESTA potente lobby che ha imposto ai capi di Stato europei di limitare al 21 per cento le perdite a carico delle banche e adesso non intende cedere un centimetro. La difesa miope degli interessi bancari appare sempre di più come uno degli ostacoli principali alla soluzione della crisi europea. E, purtroppo, nonostante la crisi, il loro potere e la loro capacità di influenzare la politica non si sono ridotti affatto. Ma così rischiano di trascinare nel baratro la Grecia, l’Europa e alla fine sé stesse. Nell’ultimo film di Cronenberg, Freud dice a Jung arrivando a New York: “Lo sanno che stiamo arrivando a portar loro la peste?” Chissà cosa si dicono i banchieri sull’aereo che li porta ad Atene.

Nessun commento: