domenica 16 ottobre 2011

Perché i violenti non sono stati fermati prima?


SANDRO RUOTOLO

A caldo ho scritto subito su Facebook: poche centinaia di violenti hanno sconfitto decine di migliaia di indignati. Lo si sapeva da giorni che la manifestazione del 15 era a rischio incidenti. In rete si potevano leggere comunicati che incitavano alla violenza. Perché gli incappucciati non sono stati fermati prima? Perché la “Roma politica e istituzionale” era protetta mentre ai lati del corteo e dentro il corteo i “neri” hanno potuto agire indisturbati fino a piazza San Giovanni? Si pensava che i violenti avrebbe distrutto solo qualche bancomat e incendiato qualche macchina? Eppure se il dispositivo di sicurezza fosse stato meno rigido la giornata avrebbe potuto prendere una piega diversa.

E’ stato commesso lo stesso errore di valutazione compiuto il 14 dicembre dello scorso anno quando la manifestazione degli studenti si concluse a piazza del Popolo con l’incendio del blindato della Guardia di Finanza. Anche allora si pensò di proteggere solo la “Roma dei palazzi”. E anche allora il dispositivo di ordine pubblico fece acqua quando un folto gruppo di studenti arrivò a poche centinaia di metri dal Parlamento. Ma quello che è accaduto ieri non ha nulla a che vedere con la manifestazione del 14 dicembre. Quel giorno esplose la rabbia di una intera generazione a cui avevano ed hanno rubato il futuro. Non c’era nulla di preordinato.

Ieri a Roma era tutto organizzato fin nei minimi dettagli. C’erano due piazze in piazza. Il movimento democratico che, come nel resto del mondo, voleva lanciare la sua sfida al capitalismo finanziario in modo pacifico e indignato sconfitto da poche decine di irriducibili violenti il cui unico scopo era “combattere”. Nessuno potrà accomunare gli indignati ai violenti. Ci sono stati episodi concreti di condanna se è vero che tre Black bloc sono stati consegnati alle forze dell’ordine. Un gesto importante. Quelli che hanno agito ieri a Roma non erano “compagni che sbagliano”. Certo, sono stati isolati ma non basta.

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