di EUGENIO SCALFARI
STA per accadere un fatto di estrema gravità, riguarda la nomina del nuovo governatore della Banca d'Italia, successore di Mario Draghi che tra nove giorni sarà insediato alla guida della Banca centrale europea "nonostante sia italiano", come dissero informalmente
È appunto dal giugno scorso che se ne parla. Si tratta infatti di un atto complesso con tre attori: il presidente della Repubblica che firma il decreto presidenziale di nomina, il presidente del Consiglio cui spetta il diritto di proporre il nome del candidato e il Consiglio superiore della Banca d'Italia che è chiamato ad emettere il suo parere, obbligatorio ma non vincolante.
Finora il governatore è sempre stato scelto all'interno della Banca d'Italia salvo per l'appunto la nomina di Draghi che avvenne perché l'allora governatore Antonio Fazio era stato rinviato a giudizio sulla questione della scalata della Banca Antonveneta da parte dei "furbetti" e "furboni" del quartierino, come allora furono chiamati.
Ma nonostante i mesi trascorsi e le ripetute sollecitazioni del Quirinale, il tempo passava invano e la proposta di Berlusconi non arrivava. La causa è nota: il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, aveva un suo candidato nella persona di Vittorio Grilli, già ragioniere dello Stato e attualmente direttore generale del Tesoro, cioè principale collaboratore di Tremonti, Marco Milanese a parte. Si contrapponevano dunque l'attuale direttore generale della Banca d'Italia, Fabrizio Saccomanni, che rappresenta la continuità dell'Istituto e gode della fiducia di Draghi, a Vittorio Grilli che anche lui ha buoni titoli nella sua biografia personale.
Con un handicap tuttavia non da poco: Tremonti ha più volte e pubblicamente motivato la sua propensione a favore di Grilli perché ritiene che
Per questa ragione il tempo ha continuato a passare fino a quando il calendario non ha fatto arrivare la data limite, ma a questo punto è emersa un'altra complicazione. Con l'uscita di Jean-Claude Trichet dalla presidenza della Bce
Il problema era già stato esaminato a giugno. Bini Smaghi aveva dato pubblica assicurazione a Sarkozy che si sarebbe dimesso dalla Bce il giorno stesso dell'insediamento di Draghi. Contemporaneamente aveva informato Berlusconi del suo interesse al governatorato della Banca d'Italia ricevendone, a quanto si sa, una risposta interlocutoria.
Arrivata ormai la scadenza Bini Smaghi avrebbe fatto sapere che se la sua richiesta non verrà accettata intende rimanere alla Bce fino a quando il suo mandato non sarà scaduto, cioè per più d'un anno ancora. Sarkozy a questo punto intende sollevare il caso alla prossima riunione del Consiglio dei ministri europeo e minaccia ritorsioni contro il governo italiano.
Oggi Berlusconi farà la proposta al Consiglio superiore della Banca d'Italia e, a quanto si è saputo ieri, dovrebbe proporre proprio Bini Smaghi - anche se mentre scriviamo circolano voci su un suo possibile ripensamento - , invocando la forza maggiore di evitare un conflitto con
La soluzione Bini Smaghi è pessima soprattutto perché frutto d'un ricatto vero e proprio: resta a Francoforte se non gli si dà via Nazionale. Mettere alla guida della Banca d'Italia un personaggio che rischia di suscitare una guerra diplomatica tra l'Italia e
Non sappiamo ovviamente quale sarà il parere del Consiglio superiore dell'Istituto e ancor meno sappiamo quale sarà l'atteggiamento del presidente della Repubblica. Ricordiamo a questo punto che il parere del Consiglio superiore, pur non essendo vincolante, è tuttavia di grande rilievo istituzionale. Per quanto riguarda il Capo dello Stato, la sua non è una controfirma "dovuta" su un atto del governo ma una firma apposta ad un decreto di sua diretta emanazione. Il diritto di proposta spetta a Berlusconi, ma Napolitano ha pieno diritto di rifiutarlo se lo ritiene inopportuno e chiedere una proposta alternativa.
Questo è l'ennesimo nodo che arriva al pettine a causa del governo che ci sgoverna ed è l'ennesima causa di degradazione dinanzi al concerto delle Nazioni europee che ci ignorano e ci sbeffeggiano. Il tutto in una fase in cui l'appoggio della Bce al nostro debito argina a fatica la pressione dei mercati sui nostri titoli di Stato e sulle nostre banche.
(20 ottobre 2011)
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