Bunga bunga, processo per Fede, Mora e
di Gianni Barbacetto
Niente fan, niente contestatori: il B-Day si è consumato tutto all’interno del Palazzo di Giustizia milanese. Al primo piano, udienza del processo a Silvio Berlusconi, accusato di concussione e di prostituzione minorile, per aver pagato Karima El Mahroug in arte Ruby: il tribunale ha respinto le richieste degli avvocati Niccolò Ghedini e Piero Longo di bloccare il processo, in attesa che si pronunci
Al settimo piano, udienza preliminare a carico dei tre accusati di essere i “fornitori” di carne fresca per le “cene eleganti”: Nicole Minetti, Lele Mora ed Emilio Fede sono stati rinviati a giudizio; per loro il dibattimento per induzione e favoreggiamento della prostituzione, anche minorile, comincerà il 21 novembre, davanti alla quinta sezione penale del tribunale di Milano.
DUE A ZERO per
Il B-Day, in questo memorabile 3 ottobre 2011, si consuma in assenza dei protagonisti principali: non è presente Silvio Berlusconi, non c’è Emilio Fede, è ricoverato in ospedale Lele Mora, nel frattempo incarcerato per bancarotta. Non ci sono neppure i supporter, la pasionaria Daniela Santanchè, il senatore Mario Mantovani, il medico Angelo Zangrillo, che segue Silvio come un’ombra. C’è invece Nicole Minetti, accompagnata dal padre incravattato dentro un completo blu. “Sono qui perché volevo vedere e farmi vedere dal mio giudice”, ha spiegato. “Sono a pezzi, non ho dormito stanotte, tanto ero agitata”. Il volto è però sereno e sorridente, giacca avvitata scura, jeans scuri, maglietta scura, un piccolo crocifisso che brilla al collo, borsa Prada, scarpe col tacco e la suola rossa, tipo Louboutin.
Ma ci sono soprattutto le ragazze che potranno diventare le vere protagoniste di questo processo. Sono quelle che hanno rotto il fronte, che sono state ad Arcore, hanno visto il bunga-bunga con i loro occhi e hanno deciso di venirlo a raccontare in aula. Ambra Battilana e Chiara Danese arrivano presto da Torino, accompagnate dai loro avvocati Patrizia Bugnano e Stefano Castrale. Imane Fadil, 26 anni, sale la scalinata del palazzo di giustizia poco dopo le 9, con a fianco l’avvocato Danila De Domenico, la sorella e il fratello, come lei arrivati a Milano da Fez, in Marocco. Jeans stretti, camicetta bianca, sciarpetta allacciata al collo, stivaletti stringati con tacco alto. “Fede è un bugiardo”, sussurra Imane. “I soldi non mi interessano, mi interessa la mia dignità. Mi sono ribellata perché non ne potevo più”. Quando il suo sguardo incrocia quello di Minetti, si fa di fuoco.
Poi l’udienza preliminare vera e propria, che decide il processo per i tre che, secondo l’accusa, portavano le ragazze al Drago e per questo sono accusati di induzione e favoreggiamento della prostituzione di 32 maggiorenni e della minorenne Ruby.
IL GIUDICE sposta una data: il reato di induzione e favoreggiamento non sarebbe stato commesso (come segnalato dalla procura) dal settembre 2009, quando Fede incontra Ruby a un concorso di bellezza in Sicilia; ma dal dicembre successivo, quando la incrocia di nuovo a Milano. Il direttore del Tg4 recita davanti alla telecamere la parte dell’imputato che non si stupisce: “Non avrei mai messo in dubbio che il giudice dell’udienza preliminare si mettesse contro quella parte della procura di Milano che ha tra i suoi rappresentanti l’erede di Di Pietro, Ilda Boccassini. Mi presenterò in tribunale sempre, anche nei giorni in cui non c’è udienza”.
La difesa Minetti aveva provato a dire che Berlusconi non aveva bisogno dell’igienista dentale diventata consigliera regionale per portare le ragazze alle feste, perché il “fornitore” della Real Casa di Arcore era un altro, quel Gianpaolo Tarantini già sotto indagine a Bari. Non ha convinto il giudice. Il processo si farà. E le ragazze che hanno rotto il fronte, Ambra e Chiara e Imane, saranno testimoni-chiave per l’accusa. Non solo: parti civili, pronte a chiedere i danni per essere finite additate come prostitute del bunga-bunga.
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