venerdì 18 novembre 2011

Agenda Monti. Pensioni, tagli ai privilegi


di Marco Rogari

Un percorso più veloce per alzare l'età pensionabile anche attraverso una stretta alle 'anzianità'. Un calcolo dei trattamenti ancora più ancorato ai contributi versati. E un argine ai privilegi nel sistema previdenziale, compresi quelli collegati ai fondi speciali Inps e agli assegni di natura assistenziale come reversibilità. Il tutto con l'obiettivo di giungere a un riallineamento delle aliquote contributive, facendo scendere quelle più alte e passando obbligatoriamente per un tavolo con le parti sociali.

Non è ancora definita nei dettagli ma appare già abbastanza chiara la strategia che il premier in pectore Mario Monti intende seguire, stando anche alle consultazioni avute con le forze politiche e sociali, per giungere a una riforma del sistema previdenziale che acceleri la cosiddetta transizione e dia maggiori certezze per il futuro pensionistico dei giovani.
Riforma che, almeno per quanto riguarda le anzianità e il contributivo per tutti, non dovrebbe essere inserita nel primo decreto anti-crisi del nuovo governo.

La strada per giungere a un compromesso con i sindacati e anche con il Pd su nuovi interventi sulle pensioni non si presenta in discesa. Ma Monti non demorderà, anche perché cercherà di far ripartire il treno della crescita proprio sulla spinta delle riforme strutturali.

La rotta che sembra intenzionato a seguire il premier incaricato poggerebbe, in nome dell'equità, sull'adozione a tutto campo del metodo contributivo, nella forma pro rata, e sulla riduzione dei privilegi ancora presenti rispetto al 'sistema' di riferimento Inps per alcuni fondi (elettrici, piloti, dirigenti di azienda eccetera).

Dovranno poi scomparire le duplicazioni tra trattamenti Inps di tipo assistenziale, come ad esempio le reversibilità e le invalidità, e le detrazioni fiscali, come peraltro già previsto dalla delega fiscale all'esame del Parlamento.

Una separazione, insomma, della previdenza dall'assistenza che sarebbe gradita anche alle parti sociali.

Sulle anzianità il confronto con i sindacati si presenta più arduo. Anche perché Cgil, Cisl e Uil non sembrano disposte a digerire facilmente quella che viene considerata da vari tecnici la strada da percorrere: l'introduzione di quota 100 (la somma di età anagrafica e contributiva) immediatamente con un percorso graduale in tre anni (dal 2012 al 2015 partendo da quota 97), che equivarrebbe all'abolizione dei trattamenti anticipati.
I sindacati, e anche il Pd, sarebbero più propensi a concentrare la discussione su un sistema di pensionamento flessibile:
da un minimo di 62 anni a un massimo di 67 o 70 anni prevedendo penalizzazioni per chi esce prima dei 65 anni e micro-incentivi per i lavoratori che optano per il pensionamento dai 66 anni in poi.
In ogni caso potrebbe essere anticipato dal 2026 al 2020-2021 il momento in cui la soglia di vecchiaia dovrà salire per tutti i lavoratori e le lavoratrici a 67 anni. Intanto l'Inps fa sapere che, anche per effetto dell'introduzione della finestra mobile per le uscite, prosegue anche a settembre e ottobre il trend di calo delle pensioni di anzianità registrato nei primi otto mesi dell'anno (-19%). «Nei primi dieci mesi - ha detto il presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua a margine di un convegno al Cnel sui patronati- si conferma per le nuove pensioni di anzianità l'andamento avuto al 31 agosto».

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