venerdì 25 novembre 2011

Gli accenti dell’onorevole Biancofiore


Caro direttore,
mi consenta di usufruire del diritto di replica nei confronti del giornalista Gian Antonio Stella che da anni, precisamente dal 2003, mi perseguita costantemente con un livore giustificabile solamente con motivazioni personali, che peraltro ignoro. Si tratta, ictu oculi, di un turpe attacco personale che nulla ha a che vedere con pur legittime differenze di pensiero o orientamento politico. Questa volta Stella ha oltrepassato ogni limite costringendomi anche a riservarmi di adire le vie legali. Intendo quindi replicargli, pur non esprimendo con ciò alcuna considerazione personale di un giornalista che non conosco e che ignora tutto di me.

Gli replico soprattutto per mia madre, che è stata insegnante e ha seguito il mio percorso scolastico, oggi gravemente malata e che non ha bisogno di altri dispiaceri, per la memoria di mio padre e per i professori che hanno contribuito alla mia formazione anche e soprattutto sul piano morale e che non finirò mai di ringraziare. Non si meritano, loro che hanno studiato per una vita, hanno vinto concorsi su concorsi e sono stati allievi in qualche caso anche dei più grandi letterati italiani (la mia professoressa di italiano delle superiori Gabriella Cenci è stata allieva di Ungaretti), che una penna velenosa in maniera sgradevole e meschina, discrediti indirettamente anche loro che mi hanno educato, promuovendomi alla vita.

Di tutto ciò che riporta Stella nel suo pezzo patchwork pubblicato sul Corriere di mercoledì 23 novembre, la sola questione degli accenti merita una spiegazione, per i lettori, per i miei elettori e per i miei colleghi e amici. La questione degli accenti Stella la riprende dalle mie tesi congressuali del 2003 che stupidamente ebbi l’ardire di consegnargli pensando di trovarmi innanzi a uno dei più grandi giornalisti italiani che aspirava a conoscere il mio progetto politico e non a una persona che era in cerca di appigli per fare del male e distruggere senza alcun motivo la credibilità personale.

Ho scritto un po’ con l’accento sulla o, è vero, non come lo vedete ora, perché chiunque usi un computer sa che si trovano le lettere già accentate e che per mettere l’accento di lato devi fare tre mosse con la mano molto poco pratiche quando si scrive in velocità. E così è valso per altri casi. Sarei stata ignorante se avessi scritto «un apostrofo po’» non come era evidente a chiunque non fosse animato da pregiudizi faziosi, l’aver messo accenti certamente fuori posto ma dettati dalla comodità delle nuove tecnologie. Chiunque possieda un iPad può provare in questo istante a scrivere «ne» con l’accento e si troverà un «ne apostrofato». Il resto sono refusi di stampa dovuti ai programmi dei computer che tutti coloro che li usano regolarmente sanno che correggono automaticamente gli scritti facendoti incappare in facili errori.

Certo mi assumo la mia responsabilità nel non aver riletto attentamente quanto spedito. Per dovere di precisazione, in aggiunta, rendo noto che mi sono diplomata nel 1989 con 60/60 di allora (oggi 100/100) all’Istituto magistrale statale, sottolineo statale, Gregorio Elladio di Spoleto, città nella quale vivevo in collegio in quanto orfana di dipendente statale e ho avuto l’ardire di fare il compito di italiano e di prendere pure nove! E la commissione, per buona pace di Stella, a quei tempi era esterna. Ora, se lui pensa di poter giudicare tutti i professori d’Italia faccia pure, ma quelli che ho citato sono fatti mentre le sue sono solo parole cattive che non rendono onore nemmeno alla categoria giornalistica .

on. Michaela Biancofiore, Pdl
24 novembre 2011

La controreplica di Gian Antonio Stella

È una «comodità delle nuove tecnologie» anche scrivere «stà» con l’accento? Nessuna persecuzione: l'onorevole la smetta di fare errori da matita blu (i cugini di An la derisero anni fa per un comunicato che faceva a cazzotti «con la semantica, con la grammatica, con l’ortografia, con l’etologia e finanche con la matematica e con la letteratura greco-latina») e saremo felici di dimenticarci di lei. Del resto sono anni che sui suoi strafalcioni si dilettano anche i giornali locali. Basti dire che l’altro ieri sull’Alto Adige il prof. Giancarlo Mariani, rievocando una lontana bocciatura, la chiamava «onorevole s’ignorina». Dove l’apostrofo sbagliato, informiamo la deputata, era voluto.

Gian Antonio Stella
24 novembre 2011

3 commenti:

nina ha detto...

A me risulta che PO' si scrive proprio con l'apostrofo e non con l'accento, volendosì segnalare l'esisione della sillaba CO.
La giustificazione della Biacofiore mi sembra patetica, con gli accenni alla madre malata, ai professori, ai professori dei professori...
Forse ammettere gli errori, invece di cercar scuse su difficoltà di funzionamento di tastiere o schermi sarebbe più elegante.

nina ha detto...

accidenti, volevo scrivere "elisione"
così imparo a fare la sofistica

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Avevo capito, trattasi di errore di digitazione sulla tastiera. Tale errore viene evidenziato dal correttore automatico con una sottolineatura in rosso. Anch'io dico che "po'" si scrive proprio così, con la elisione di parte della parola, evidentemente quella finale.
Nei dialetti ciò è possibile anche con parti iniziali della parola. Mi viene in mente "'sta" che sta per questa.
Inoltre, è sempre opportuno fare l'anteprima del commento, rileggendolo.
Così si evitano anche errori non grammaticali che il correttore non rileva.