sabato 5 novembre 2011

I conti non tornano, Berlusconi resiste


UGO MAGRI

In questo preciso momento Berlusconi è sospeso nel vuoto, la maggioranza che sorreggeva la sua poltrona ha cessato di essere tale. Verdini, l’uomo del pallottoliere, ieri ha fatto bene i conti, che non tornano. Allora è corso da Alfano e con il segretario del Pdl hanno ricominciato, aggiungi di qua, togli di là, questo potrebbe votarci, quell’altro forse no... Risultato: niente da fare. I dissenzienti «seri», che non basterà certo un fischio per farli tornare sui loro passi, sono una quindicina almeno. Al netto dei pochi (Mazzuca, Cazzola) da cui sono giunte deboli smentite. Questo significa che, se si votasse subito la fiducia, la Camera boccerebbe il governo e il Cavaliere se ne andrebbe a casa. La stima è che il centrodestra sia almeno un paio di voti sotto la linea del galleggiamento, intorno a quota 312.

Berlusconi ha una percezione diversa dell’aritmetica; oppure non si è fatto un’idea precisa della frana parlamentare. Nella conferenza stampa a Cannes ha ripetuto per l’ennesima volta (forse a beneficio della stampa internazionale) che «abbiamo una maggioranza solida e continueremo a governare». Larghe intese, magari guidate da Gianni Letta? «Non credo che dovremo arrivarci», ha scosso il capo, apparentemente tranquillo. E allora, tutti i «malpancisti» con la valigia in mano? «Dopo che li avrò ricontattati, ritorneranno sui loro passi». Per come li presenta il premier, sono dei poveri frustrati: «Stare in Parlamento, senza partecipare alla formazione dei provvedimenti, è un’attività alienante» (tutta colpa di Tremonti che non dialoga coi peones, sembra dire il premier). Inoltre, certo, qualche errore è stato commesso: «Molte persone di valore hanno ritenuto di essere state scavalcate da altri che considerano meno capaci di loro» sentimenti «molto umani e comprensibili».

Sennonché ciò vale per alcuni dei frondisti, esclusi dalle recenti infornate di sottosegretari e ministri; altri invece adducono motivazioni più sofisticate, meno bambinesche di come le presenta il premier. Antonione, uno dei sei venuti allo scoperto con la lettera al «Corsera», ritiene che Berlusconi dovrebbe farsi da parte «per aprire una stagione nuova allargando la maggioranza», in pratica per fare un patto con l’Udc. E non è certo il solo. Due deputati che alla scorsa fiducia si erano defilati, Sardelli e Milo, oggi chiedono a Berlusconi di togliere il disturbo. Perfino nel sinedrio del Pdl, tra i suoi massimi dirigenti, sono in tanti coloro che pensano: «Per Silvio è suonata la campana, alle elezioni non ci possiamo andare perché verremmo spazzati via, dunque meglio subito una trattativa con i centristi, e che il cielo ce la mandi buona...». Non è azzardato sostenere che nel gruppo dirigente la pensano così tutti, tranne uno: Berlusconi.

Non si sa che cosa abbia risposto il Cavaliere a Denis e ad Angelino, quando lui è tornato da Cannes e loro gli hanno recato i numeri (quelli veri). Nell’entourage scommettono che la reazione sia stata la solita, alla Gheddafi per intendersi: giammai mi arrenderò. Martedì si vota alla Camera sul Rendiconto dello Stato e sarà, mette le carte in tavola Rutelli, come una vera e propria fiducia. Dovesse perdere la sfida, per Berlusconi sarebbe «the end». Fino a lunedì notte lui tenterà il tutto per tutto. Userà lusinghe per convincere qualche incerto e parole forti come quelle pronunciate a Cannes, «abbandonare oggi la maggioranza sarebbe tradire il Paese». Magari uno due li riacciufferà, ma «a quale pro?» si domandano i suoi più fidati colonnelli. Dopo il Rendiconto dello Stato si voterà l’Assestamento di bilancio, e poi la legge di stabilità... Anche ammesso che, per un soffio, la maggioranza venisse recuperata, «sarebbe solo un prolungamento dell’agonia». Qualcuno al Capo glielo dovrà pur dire.

1 commento:

Unknown ha detto...

Ha ragione il 'Financial Time' :
"In God's name, go!
Cristiana