Ci stanno provando ad usare gli argomenti istituzionali più convincenti: bisogna resistere, perché un altro governo dopo Berlusconi non esiste, perché dopo c'è solo il voto, perché l'Italia o fa le riforme o muore. Stanno tentando di tranquillizzare gli inquieti, di placare lo scontento di chi ha deciso di dire basta: ricandidature, posti di responsabilità, valorizzazione in ruoli di partito, molto si sta promettendo, assicurando, facendo intuire. In attesa che sia lo stesso Berlusconi a usare tutto il suo peso per riprendersi i deputati (quasi) sfuggiti, contattandoli «uno per uno».
Ma alla fine di un'altra giornata drammatica vissuta tra frenetici incontri e telefonate in via dell'Umiltà, i big del Pdl - dal segretario Angelino Alfano al coordinatore Denis Verdini - hanno dovuto prendere atto che ad oggi la situazione «è difficilissima», che i numeri «non sono buoni», che si balla su «pochissimi voti», che «i malpancisti seri sono almeno una quindicina», e che lo smottamento potrebbe arrivare da un momento all'altro. «Potremmo anche farcela a strappare un sì all'ultimo respiro in un voto di fiducia, ma poi come faremmo nella quotidianità a governare?», si sfoga un ministro. E se è vero che martedì, nel voto sul Rendiconto alla Camera, non ci si aspetta che il governo vada sotto - visto che l'opposizione potrebbe limitarsi ad usare tecniche parlamentari (astensione, uscita dall'Aula) che certifichino la perdita di numeri della maggioranza - è sicuro che contro un centrodestra fortemente indebolito partirebbe la mozione di sfiducia già la prossima settimana. È questo il quadro che ieri sera Alfano, Verdini, Gianni Letta, Bonaiuti hanno illustrato al Cavaliere di ritorno da Cannes. Certo, la situazione «non è del tutto perduta», si può ancora «lavorare per riconquistare gli scontenti», ma «sarà dura, Silvio» hanno spiegato i fedelissimi al premier. Che però non si arrende, e manda all'esterno segnali di ottimismo.
Assicura infatti che lo stesso Verdini gli ha dato «garanzie che la situazione si può recuperare». «A parte i due che sono andati nell'Udc -
Insomma, il mandato del premier ai suoi è non mollare, tentare fino all'ultimo di tenere i voti incerti, riconquistare i quasi persi, ed evitare ogni discorso di possibili dimissioni, almeno fino a quando non diventasse un fatto obbligato: «Per il momento un mio passo indietro non è all'ordine del giorno, perché riteniamo di avere i numeri per andare avanti», è il messaggio affidato ai suoi luogotenenti. Insomma, l'operazione recupero deve proseguire senza sosta, fino all'ultimo minuto. Anche se c'è chi nel partito ormai non crede più sia possibile andare avanti, tanto da cominciare ad esaminare tutte le alternative: un governo Letta, o Schifani, allargato all'Udc se «i centristi ci stessero». Il voto anticipato, tenendo conto però «che una cosa è dirlo e altra andarci al voto: finiremmo malissimo...». E dunque, anche il governo tecnico: c'è «un 5% di possibilità», dicono, che si realizzi. Ma mai dire mai a nulla, in queste ore.
Paola Di Caro
05 novembre 2011
Nessun commento:
Posta un commento