lunedì 14 novembre 2011

“Il Fatto può vantarsi di aver disarcionato B.”









di Alessandro Oppes

Un ritratto implacabile, non solo del personaggio, ma dell’intero Paese, della sua classe politica e dei poteri forti, che per anni hanno consentito a Berlusconi di tenere in scacco l’Italia. Dalle colonne di El País, Antonio Tabucchi racconta in un lungo articolo a doppia pagina l’uscita di scena del Caimano, ma mette in guardia sulle enormi difficoltà del futuro. E se il titolo è un imperativo categorico, “Deberlusconizzare l’Italia”, lo scrittore non si nasconde che l’impresa sarà estremamente ardua.

L’unico sollievo è quello di “sapere un simile mostro allontanato dalla vita pubblica”, però “non sarà facile sradicare il microbo che si è diffuso per tutta l’Europa”. Tabucchi comincia dalle responsabilità dei politici, contestando la veridicità della recente affermazione di Bersani secondo cui “siamo stati noi ad aver disarcionato Berlusconi”. Rinfaccia alla sinistra di aver offerto al Cavaliere – dopo la prima breve fase di governo – “un salvagente” grazie alla Bicamerale. “Con l’inestimabile collaborazione di D’Alema, si trasforma in uno statista. La sua stella politica rinasce, vince di nuovo le elezioni, dinamita la commissione Bicamerale e si impone come il padrone d’Italia”. Così, ora che se ne va, “sarà difficile smontare il suo impero, tutto ciò di cui si è appropriato, e annullare le leggi anti-costituzionali che in questi 17 anni ha promulgato a suo beneficio”. E questo nonostante non sia rimasto al potere ininterrottamente. Anche perché Romano Prodi, “l’unico politico capace di sconfiggerlo”, venne indebolito “da una parte e dall’altra” da quelli che Tabucchi definisce “due nefasti personaggi”. Il riferimento è a Clemente Mastella e a Fausto Bertinotti. L’autore di Sostiene Pereira concorda con la definizione di “Truman Show” coniata da Barbara Spinelli: “Si può dire che Berlusconi creò un mondo fittizio grazie al suo impero televisivo e mediatico”, ma “non bisogna dimenticare che questo show ha prodotto leggi concrete, una situazione concreta, un regime”. Uno “spettacolo grottesco” reso possibile, secondo Tabucchi, da troppe complicità. A cominciare dalla “condiscendenza” degli industriali “che oggi tanto si lamentano: furono loro a vedere in lui l’Uomo Nuovo”. Lo scrittore li definisce “rozzi, meschini, provinciali, avidi, di un appetito senza fine”. L’altro “complice” sarebbe il Vaticano: “Le civetterie, gli accordi, i compromessi tra Berlusconi e la Conferenza episcopale hanno avuto in questi anni qualcosa di osceno”. E poi le responsabilità della stampa “nella anestesia delle coscienze”. Ma a parte i giornali di famiglia, Tabucchi prende di mira “la cosiddetta stampa indipendente e liberale”, scagliandosi soprattutto contro il Corriere della Sera, per essersi schierato “con la borghesia più reazionaria e fascistoide”. Per lo scrittore, c’è una sola eccezione: “Se oggi c’è nella stampa italiana un giornale che possa vantarsi di aver disarcionato Berlusconi, è il Fatto Quotidiano, diretto da Antonio Padellaro e dal più valoroso giornalista italiano, che praticamente da solo ha fatto fronte all’alluvione di tanta stampa infetta: Marco Travaglio”.

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