lunedì 28 novembre 2011

TROPPO LENTO


Dall’estero pressioni su Monti per accelerare e lui fissa la data: manovra il 5 dicembre

di Stefano Feltri

Adesso c’è una data: il 5 dicembre. Il governo Monti si prende altri nove giorni prima di rivelare quali misure intende adottare. L’annuncio – informale – arriva proprio nel giorno in cui le critiche alle tempistiche scelte da Mario Monti diventano esplicite: “La manovra di Monti è avvolta nella nebbia”, scrive il Financial Times. E perfino un giornale certo non ostile come il Sole 24 Ore, con un editoriale del direttore Roberto Napolitano rimprovera il professore perché ancora non ha scelto i viceministri e varato un decreto anticrisi.

E QUINDI, dopo una giornata al ministero del Tesoro a studiare i dossier e un vertice con i ministri economici (Corrado Passera, Elsa Fornero, Pietro Giarda più quello per le Politiche europee Enzo Moavero Milanesi), trapela la notizia: consiglio dei ministri il 5 dicembre, giusto in tempo per portare poi al consiglio europeo dell’8 qualcosa da mostrare ad Angela Merkel (e ai mercati) che ha invitato l’Italia a fare “i compiti a casa”. Che cosa ci sarà dentro il primo “pacchetto Monti”? Riforme o sacrifici? “É difficile individuare una separazione. Rimettere l’Ici è sia una riforma che un sacrificio, così come l’intervento sulle pensioni”, spiega una fonte che lavora a stretto contatto con Monti. Sarà comunque una manovra, cioè un provvedimento che cambia i saldi della finanza pubblica, perchè Monti si è impegnato a rispettare l’impegno preso dal governo Berlusconi di raggiungere il pareggio di bilancio (deficit zero) nel 2013. E al momento mancano almeno 20-25 miliardi, sia per alcuni buchi nelle manovre estive di Giulio Tremonti che per la crescita minore del previsto. Monti vuole però rispettare la richiesta del commissario europeo Olli Rehn, che vigila sull’Italia: il risanamento deve essere fatto per oltre metà di tagli alle spese perché nuove tasse aggraverebbero una recessione che secondo l’agenzia di rating Fitch è già cominciata.

Il problema è che in questo momento quasi dieci giorni per svelare i piani del governo sono tantissimi. Chi frequenta i corridoi del ministero del Tesoro racconta che i funzionari che seguono il debito pubblico non erano sicuri di superare neppure l’asta di venerdì, quando il rendimento (cioè il costo per lo Stato) dei Bot è quasi raddoppiato rispetto al mese precedente, da 3,5 a oltre 6,5 per cento. E martedì c’è una nuova asta che sarà accompagnata dall’ormai consueta suspence. Sono giorni di panico in cui gli operatori finanziari ormai sono prigionieri delle proprie paure e, nel dubbio di essere gli ultimi ad accorgersi che l’euro ha fallito, iniziano a prepararsi rendendo più probabile così che il peggio si verifichi. Nessuno sa bene che piega potrebbe prendere il crac della moneta unica: basta forse un incidente, come un’asta in cui il debito pubblico di un Paese non trova acquirenti per spingere il governo a cercare aiuto, del Fondo Salva Stati europeo (Efsf) o del Fondo monetario internazionale. E se questo non riesce a intervenire, è finita.

LA STAMPA internazionale, spesso in sintonia con le priorità tattiche dei diversi governi, esaspera il panico. Il New York Times pubblica in prima pagina una notizia in fondo ovvia: le grandi banche europee studiano un “piano B se dovesse collassare l’euro”. Ma è il minimo che facciano simulazioni testando i diversi scenari. E la tedesca Bild, sempre sensibile a quello che succede dentro il governo di Angela Merkel, rivela un presunto piano segreto di Parigi e Berlino: un nuovo trattato per formalizzare l’eurozona ristretta dei Paesi più solidi che si reggerebbe su vincoli di bilancio più stringenti di quelli attuali. Secondo la Bild se ne dovrebbe discutere già al Consiglio europeo dell’8 dicembre.

INDISCREZIONI da valutare con prudenza: i conti pubblici della Francia e l’onda di sfiducia che ha spinto il suo spread oltre i 200 punti non sono le credenziali migliori per entrare nel club dei virtuosi. E la prima asta di debito pubblico fallimentare in Europa è proprio quella dei bund tedeschi di mercoledì. E non ci sono stati terremoti solo perchè la Bundesbank, la banca centrale tedesca, è autorizzata a farsi carico di parte del debito invenduto per poi ricollocarlo sul mercato in seguito. Cioè proprio quello che la Germania vieta di fare alla Banca centrale europea, lasciando l’euro privo di un prestatore di ultima istanza (cioè una rete di salvataggi). C’è da scommettere che domani i mercati non inizieranno la settimana proprio sereni.

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