di Marco
Travaglio
Per gettare lo
sguardo oltre il naso delle contingenze quotidiane e capire quanto sta davvero
accadendo dopo le dimissioni del governo B. e la nascita del governo M., non
c’è libro più attuale di quello scritto da Giuseppe
Tomasi di Lampedusa negli anni 50: “Il
Gattopardo”. Ogni scusa è buona, anche la crisi finanziaria, per
scongiurare ogni vero cambiamento e azionare meccanismi gattopardeschi che,
fingendo di cambiare tutto, lascino le cose come stavano.
La manovra “salva Italia” è
esemplare: anche senza il Cavaliere, quelli che andavano a cavallo
continueranno ad andare a cavallo, e quelli che andavano a piedi continueranno
ad andare a piedi. Per giunta, a piedi nudi.
Succede sempre così, in Italia,
quando un regime tramonta: il vero Potere cade in preda all’horror vacui, anzi
all’horror novi, e
s’ingegna per riempire il vuoto con finte novità, magari più presentabili, gradevoli,
soprattutto “sobrie”, che intontiscano la gente illudendola che qualcosa cambi,
mentre nella sostanza tutto rimane come prima. Finte rivoluzioni senza
epurazioni, all’insegna del continuismo e del trasformismo: accadde alla fine
del fascismo dopo la Liberazione e la Costituente, accadde alla fine della
Prima Repubblica dopo Mani Pulite, accade ora alla fine dell’Era B.
L’horror novi del Potere è fondato su
timori più che comprensibili: siccome la cosiddetta Seconda Repubblica ha
saldato in un unico blocco, aggrumato intorno a B. e ai suoi finti oppositori,
gran parte del potere
finanziario, imprenditoriale, ecclesiastico, massonico e criminal-mafioso, lo
scioglimento di quel blocco allenta i legami di omertà e convenienza che
inducevano i sodali al silenzio. Nei momenti di crisi, è più facile che chi sa
qualcosa parli, per prendere le distanze dal passato e guadagnarsi un posto in
prima fila nel futuro. Fu così nel 1992-‘93, quando orde di imprenditori
corsero da Di Pietro a confessare le tangenti e centinaia di mafiosi fecero
altrettanto sulle stragi e i rapporti con la politica.
La stessa cosa, prepariamoci, sta per
accadere sulle Tangentopoli e Mafiopoli dell’ultimo ventennio: nei prossimi
mesi si scoperchieranno cricche affaristiche e cosche politico-mafiose da far
impallidire quelle scoperte finora.
I politici lo sanno e tremano. Ecco
perché si torna a parlare di amnistia, con la scusa – si capisce – di alleviare
le condizioni di vita dei poveri carcerati. Dei quali naturalmente non frega
niente a nessuno, altrimenti in questi anni non si sarebbe fatto di tutto per
moltiplicarli e si sarebbe fatto qualcosa per migliorarne le condizioni di
vita.
I detenuti sono un’“emergenza” da
tenere sempre aperta, come pretesto per giustificare i colpi di spugna che,
appena le cose si mettono male, salvi i colletti bianchi dalla futura galera.
Di Pietro e il senatore Idv Palomba
fanno notare l’amnistia preventiva e selettiva nascosta nella norma
“svuota-carceri” della ministra Severino: quella
che consente ai condannati di scontare a domicilio le pene complessive o
residue sotto i 18 mesi, senza passare dal carcere. Il provvedimento,
curiosamente, non esclude i reati dei colletti bianchi: corruzione, evasione, falso in bilancio.
Che già, diversamente da quelli dei poveracci puniti, sono sanzionati con pene
massime molto basse (4-5 anni) e in concreto – fra uno sconto e un’attenuante –
producono condanne a 2-3 anni, non di più. Con il bonus di 18 mesi, visto che
già si scontano ai servizi sociali (cioè fuori) le pene fino ai 3 anni, tutti i
futuri white collar condannati avranno la certezza matematica di non fare
nemmeno un giorno di galera. Ora, siccome i colletti bianchi in carcere sono
statisticamente irrilevanti, non c’è motivo perché siano compresi nella svuota-carceri.
Ergo, se la proposta Idv di
escluderli sarà respinta, dovremo dedurne che la legge non serve a mandar fuori
qualche migliaio di reclusi, ma a non mandar dentro qualche centinaio di
politici, imprenditori, manager e banchieri. L’ennesima legge del Gattopardo.
1 commento:
Ho il fondato sospetto che sia Travaglio che Di Pietro di carceri non capiscono un emerito cazzo!
Che ci si può fare, nessuno è perfetto.
Posta un commento