domenica 18 dicembre 2011

L’amnistia del Gattopardo



di Marco Travaglio
   Per gettare lo sguardo oltre il naso delle contingenze quotidiane e capire quanto sta davvero accadendo dopo le dimissioni del governo B. e la nascita del governo M., non c’è libro più attuale di quello scritto da Giuseppe Tomasi di Lampedusa negli anni 50: “Il Gattopardo”. Ogni scusa è buona, anche la crisi finanziaria, per scongiurare ogni vero cambiamento e azionare meccanismi gattopardeschi che, fingendo di cambiare tutto, lascino le cose come stavano.
La manovra “salva Italia” è esemplare: anche senza il Cavaliere, quelli che andavano a cavallo continueranno ad andare a cavallo, e quelli che andavano a piedi continueranno ad andare a piedi. Per giunta, a piedi nudi.
Succede sempre così, in Italia, quando un regime tramonta: il vero Potere cade in preda all’horror vacui, anzi all’horror novi, e s’ingegna per riempire il vuoto con finte novità, magari più presentabili, gradevoli, soprattutto “sobrie”, che intontiscano la gente illudendola che qualcosa cambi, mentre nella sostanza tutto rimane come prima. Finte rivoluzioni senza epurazioni, all’insegna del continuismo e del trasformismo: accadde alla fine del fascismo dopo la Liberazione e la Costituente, accadde alla fine della Prima Repubblica dopo Mani Pulite, accade ora alla fine dell’Era B.
L’horror novi del Potere è fondato su timori più che comprensibili: siccome la cosiddetta Seconda Repubblica ha saldato in un unico blocco, aggrumato intorno a B. e ai suoi finti oppositori, gran parte del potere finanziario, imprenditoriale, ecclesiastico, massonico e criminal-mafioso, lo scioglimento di quel blocco allenta i legami di omertà e convenienza che inducevano i sodali al silenzio. Nei momenti di crisi, è più facile che chi sa qualcosa parli, per prendere le distanze dal passato e guadagnarsi un posto in prima fila nel futuro. Fu così nel 1992-‘93, quando orde di imprenditori corsero da Di Pietro a confessare le tangenti e centinaia di mafiosi fecero altrettanto sulle stragi e i rapporti con la politica.
La stessa cosa, prepariamoci, sta per accadere sulle Tangentopoli e Mafiopoli dell’ultimo ventennio: nei prossimi mesi si scoperchieranno cricche affaristiche e cosche politico-mafiose da far impallidire quelle scoperte finora.
I politici lo sanno e tremano. Ecco perché si torna a parlare di amnistia, con la scusa – si capisce – di alleviare le condizioni di vita dei poveri carcerati. Dei quali naturalmente non frega niente a nessuno, altrimenti in questi anni non si sarebbe fatto di tutto per moltiplicarli e si sarebbe fatto qualcosa per migliorarne le condizioni di vita.
I detenuti sono un’“emergenza” da tenere sempre aperta, come pretesto per giustificare i colpi di spugna che, appena le cose si mettono male, salvi i colletti bianchi dalla futura galera.
Di Pietro e il senatore Idv Palomba fanno notare l’amnistia preventiva e selettiva nascosta nella norma “svuota-carceri” della ministra Severino: quella che consente ai condannati di scontare a domicilio le pene complessive o residue sotto i 18 mesi, senza passare dal carcere. Il provvedimento, curiosamente, non esclude i reati dei colletti bianchi: corruzione, evasione, falso in bilancio. Che già, diversamente da quelli dei poveracci puniti, sono sanzionati con pene massime molto basse (4-5 anni) e in concreto – fra uno sconto e un’attenuante – producono condanne a 2-3 anni, non di più. Con il bonus di 18 mesi, visto che già si scontano ai servizi sociali (cioè fuori) le pene fino ai 3 anni, tutti i futuri white collar condannati avranno la certezza matematica di non fare nemmeno un giorno di galera. Ora, siccome i colletti bianchi in carcere sono statisticamente irrilevanti, non c’è motivo perché siano compresi nella svuota-carceri.
Ergo, se la proposta Idv di escluderli sarà respinta, dovremo dedurne che la legge non serve a mandar fuori qualche migliaio di reclusi, ma a non mandar dentro qualche centinaio di politici, imprenditori, manager e banchieri. L’ennesima legge del Gattopardo.

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Ho il fondato sospetto che sia Travaglio che Di Pietro di carceri non capiscono un emerito cazzo!
Che ci si può fare, nessuno è perfetto.