domenica 11 dicembre 2011

Le pensioni d'oro Fino a novantamila euro al mese


PAOLO BARONI

Ci sono contratti e accordi. E poi le leggi, i regolamenti, le intese. Tutto è in regola, per carità. Ma se ci si ferma un attimo a pensare, in alcuni casi, i cosiddetti diritti acquisiti diventano privilegi.

In tema di indennità, stipendi, vitalizi e pensioni, negli ultimi tempi è stato scritto (e denunciato) di tutto e di più. Ma ora che si chiede a milioni di pensionati di rinunciare al recupero dell’inflazione e a migliaia di operai ed impiegati di restare diversi anni in più al lavoro la contraddizione prende le fattezze dello scandalo. Dalla «Casta» di Rizzo e Stella, a forza di non fare nulla, o di far finta di intervenire, siamo arrivati alle «Sanguisughe» di Mario Giordano, che nel suo ultimo volume mette in piazza (e alla berlina) tutte «le pensioni che ci prosciugano le tasche».
Se ne parla tra la gente, sui blog volano parole grosse, demagogia e populismo vengono sparse a piene mani. Ma questo non toglie che il problema esista.

In Parlamento, dove a fatica i presidenti Fini e Schifani stanno facendo marciare il taglio dei vitalizi, l’ultima volta che la questione è stata affrontata è stato tre giorni fa. La Commissione lavoro della Camera ha posto la questione dei
trattamenti dei dipendenti degli organi costituzionali e delle Authority. Che non solo beneficiano di stipendi ben più alti della norma, ma ancora oggi godono di un regime di assoluto privilegio. Intervento che viene definito «urgente e improcrastinabile», per affrontare «situazioni di oggettivo privilegio, derivanti da aspetti abnormi del sistema retributivo, anche prevedendo il passaggio al calcolo contributivo prorata».

Bankitalia, a stretto giro di posta ha fatto subito sapere che i propri dipendenti sono completamente assoggettati al regime Inps. Dall’ultimo consuntivo del Quirinale, invece, si apprende che già da tempo ai suoi dipendenti si applicano norme più rigide col blocco delle progressioni automatiche ed il taglio degli assegni più alti (5-10% a seconda che si superino i 90 o i 150 mila euro). Nonostante il giro di vite, però
, i dipendenti possono ancora andare in pensione a 60 anni con 35 anni di contributi. E comunque ogni anno il Colle incassa contributi per 8 milioni e paga pensioni per 90 (38% del bilancio).

Camera e Senato fanno anche peggio. Palazzo Madama, infatti, ogni anno spende per le pensioni circa 182 milioni, 209 la Camera su un budget complessivo di 1 miliardo. Sulla carta «fermo restando il collocamento a riposo d’ufficio per uomini e donne a 65 anni di età», nel caso del Senato, si può andare in pensione al compimento dei 60 anni se in possesso dei requisiti richiesti, ovvero 20 anni di servizio effettivo e 35 anni di contributi. In più c’è anche la possibilità di anticipare l’uscita a 57 anni, ma «con forti penalizzazioni».

E ovviamente ancora tutti col vecchio sistema retributivo. Ora nel suo ultimo resoconto contabile il Senato annuncia «nuove e più restrittive disposizioni» ed anche alla Camera si parla di «inasprimento dei requisiti per il pensionamento di anzianità». Ma l’ultima nota di bilancio non chiarisce assolutamente
come si intenda procedere.

Più si sale nella scala sociale e più certi trattamenti pensionistici appaiono agli occhi della gente comune scandalosi. La «pensione d’oro» per eccellenza, certifica
l’Espresso nel suo ultimo numero, spetta a Mauro Sentinelli, classe 1947, che arriva a quota 1.173.205 euro lordi l’anno. Ovvero 3.259 al giorno. Come c’è riuscito? Sentinelli, scrive Giordano sul suo blog, «quando è andato in pensione guadagnava 9 milioni di euro l’anno e si è avvalso della facoltà di passare dalla gestione speciale del fondo telefonici, che paga i contributi solo sulla retribuzione base, a quella obbligatoria dell’Inps, che prende in considerazione anche le altre voci della busta paga, a partire da benefit e stock option». Legale, regolare, ma scandaloso. Dietro a Sentinelli, un altro «telefonico», Alberto De Petris, classe ‘43, (653.567 euro lordi/anno) e Mauro Gambaro, classe 1943, ex direttore generale di Interbanca oggi all’Inter, con 665.084.

Se poi si alza ancora di più lo sguardo ai palazzi «alti» escono altre cifre stellari. Il presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi cumula 30 mila euro/mese di pensione Bankitalia con 4000 euro dell’Inps ed i 19.054 euro dell’indennità da parlamentare, Oscar Luigi Scalfaro, oltre all’indennità di palazzo Madama (19.054) prende 4.766 euro netti al mese dall’Inpdap per avere esercitato l’attività di magistrato per tre anni (dal 1943 al 1946), Lamberto Dini incassa 18 mila euro da Bankitalia, 7000 dall’Inps e 19.054 dal Senato, Giuliano Amato invece cumula 22.048 euro mese dall’Inpdap coi 9.363 che gli da il Parlamento.

Quanto tempo fa Lilli Gruber ad «Otto e mezzo» ha osato chiedergli se fosse stato disposto a ridursi la sua pensione d’oro l’ex premier ha risposto piccato: «Non capisco la domanda». E la trasmissione si è chiusa così, nel gelo più totale. Commenta un frequentatore del blog di Giordano: «E se fosse arrivato il momento di introdurre una tassa sulle sanguisughe?».

2 commenti:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

INCREDIBILE! LA SOBRIETA' NON E' CERTAMENTE UN PREGIO DEGLI ITALIANI. FINO AI MASSI LIVELLI.
PARTICOLARMENTE SCANDALOSO IL COMPORTAMENTO DI GIULIANO AMATO, CHE IO RICORDO BENISSIMO. QUEL 'NON CAPISCO LA DOMANDA E' UN GESTO DI ARROGANZA SUPREMA. POSSIBILE CHE DEBBANO FARE TUTTI SCHIFO? SI E ALLORA SIAMO FOTTUTI.

Anonimo ha detto...


Hai capito???!!..............

BASTARDONI SCHIFOSI!!!!!!!!!

FACCE DI...BRONZO,
MALEDETTI ARROGANTI!

Madda