sabato 24 dicembre 2011

Lettera a due amici scomparsi: Micetta e Rocky



di Michela Buono


Torino, 24/09/2011
Lettera a due amici scomparsi: Micetta e Rocky
Comincio da chi ho conosciuto per primo.
Rocky
Ti ho visto la prima volta in un freddo e grigio giorno di gennaio a Comacchio di sette anni fa. Ti aveva preso da poco Egidio ed io morivo dalla voglia di conoscerti.
Eri tanto piccolo e discolo, ma tra noi fu un amore a prima vista.
Ricordo che eri sdraiato per terra, su uno straccio ed io protestai con Egidio, dicendogli che ti saresti ammalato di reumatismi.
Così, il giorno dopo, eri seduto comodamente su una poltroncina adatta a te.
Le poche volte che sono venuta a Comacchio, ti vedevo sempre più grande.
Tu mi riconoscevi subito, anche se erano passati dei mesi e mi saltavi intorno facendomi tante feste, intuivi che ti volevo bene.
Quante corse sui prati di Spina, ricordi Rocky?
Io mi nascondevo e tu, appena ti apriva la porta Egidio, correvi a cercarmi.        
      
Quante carezze ed  abbracci!
Poi, tornata a Torino, quando telefonavo al tuo padrone, ecco che tu, sentendo la mia voce, scodinzolavi e volevi afferrare la cornetta, come per dirmi di tornare presto da te, perché ti mancavo.
A volte Egidio mi diceva: ” Se un giorno non potrò più accudire Rocky, te lo porterò a Torino!”
Magari l’avesse fatto!
Poi, nel novembre del 2007 l’amicizia tra me ed Egidio si è interrotta bruscamente e questo ha comportato un addio anche per te Rockino (così ti chiamavo io).
Ho sofferto tanto, ero legatissima a te, ma, per consolarmi, mi dicevo che tu avevi tante persone che ti volevano bene.
Oltre ad Egidio, c’erano i suoi tre figli ed i sei nipotini che impazzivano per te.
Così sono passati gli anni.
In quest'estate torrida  la domenica del 26 giugno  è scomparso Egidio.
La notizia me l’ha data per telefono la figlia Loredana.
Subito il pensiero è corso a te,  Rocky.
Ho chiesto dov’eri e Loredana mi ha risposto che tu eri morto alcuni mesi prima, a marzo.
Sono rimasta di pietra, il sangue si è gelato nelle vene.
Con un filo di voce ho chiesto com'eri morto e lei, tranquillamente, mi ha detto:
“Sai Michela, quando alla fine dell'anno abbiamo capito che nostro padre era spacciato e gli restava poco da vivere, in famiglia abbiamo deciso di dare Rocky ad una cognata di un’amica di famiglia…………… che l’ha messo in una tenuta insieme ad altri cani…………….lì stava bene………………Purtroppo a marzo gli è venuto un blocco intestinale ed è morto.
A papà non abbiamo detto nulla….”.
A quel punto ho risposto:” Potevate dirmelo, prima di darlo via come un oggetto inutile, sarei venuta a Comacchio e l’avrei portato a vivere con me, sapevate quanto l’amavo”!
Quella notte, Rocky, non sono riuscita a dormire, ero sconvolta pensando alla tua fine.
Tu non sei morto di malattia, ma di crepacuore.
Quando ti sei trovato solo, abbandonato da tutti, in un posto sconosciuto, senza la tua casa, tra gente che non conoscevi, che non ti degnava di una carezza, di un sorriso, il tuo cuore non ha resistito.
E come avrebbe potuto?
Ti sei sentito tradito, abbandonato, tu che non avevi fatto nulla, tranne che amare tantissimo il tuo padrone e dal quale eri stato tanto amato.
Con gli occhi dell’amore ho immaginato le tue giornate.
Immobile, trascorrevi le ore spiando l’orizzonte, ogni giorno più triste, nella speranza di vedere arrivare Egidio o i suoi familiari, per prenderti e riportarti a casa.
Ma hai atteso invano, e, dopo tre mesi, hai preferito morire piuttosto che vivere con quell’angoscia nel cuore.
Vanno bene anche  per te gli stupendi versi della poesia: “Il 5 maggio”:

 “ Oh, quante volte, al tacito morir d’un giorno inerte……
Stette, e i dì che furono l’assalse il suvvenir.
E ripensò…………..
Forse a tanto strazio cadde lo spirto anelo e disperò; ma valida venne una man dal cielo, e in più spirabil aere pietosa il trasportò”.                                        
  
Dopo Rocky, adesso voglio parlare di Micetta.
Ti ho conosciuto ad agosto di tre anni fa. Eri tanto piccola e graziosa, avevi circa tre mesi.
Ricordo che la prima cosa che pensai guardandoti fu: “Che strana coincidenza! Assomiglia tantissimo a Catarinella (la mia gattina dell’infanzia), spero che abbia una vita migliore della sua”, ma, purtroppo, non è stato così.

Volevo portarti con me a Torino, ma i miei familiari non vollero, dicendo che il viaggio ti avrebbe causato un grosso stress. Inoltre stavi in compagnia dei tuoi genitori ed era una crudeltà strapparti ad essi.
Così, sebbene a malincuore, non ti ho preso con me ( ed oggi sono amaramente pentita).                             

Ogni volta che venivo a Gallo, ecco che ti trovavo sempre lì.
Al mattino, poi, era bello aprire la porta e vederti pronta ad attendere il latte.
Eri dolcissima, timida, affettuosa.            

Quest’anno sono venuta a maggio e tu eri tutta presa dai tuoi quattro figli, piccolissimi e bellissimi, di vari colori.
Avevo deciso di sterilizzarti, anche perché nel cortile eravate in tanti e zio Mimì protestava continuamente vedendo tanti gatti ( ed anche un cane!).
Una mattina ti ho visto sdraiata su un vaso.
Ti ho chiamato, ma  tu non hai risposto.
Preoccupata, mi sono avvicinata e con orrore ho visto una chiazza di sangue accanto a te.
Avevi la coda spezzata e sanguinante.
Disperata ho chiesto se c’era un veterinario vicino, ma nessuno mi sapeva dare informazioni utili.
Ho telefonato alla mia amica Caterina e sua sorella Rosetta, che possiede un cane,  mi ha dato l’indirizzo del suo.
Ti ho messo, con tanta cura, in una scatola e con Felice sono corsa a Nola.
Quel Veterinario, però, apriva tardi, così, seguendo il consiglio di un passante, siamo andati da un altro dottore che, fortunatamente, aveva già aperto lo studio.
Appena visitata ha detto che la situazione era seria ed occorre farti analisi e radiografie.
Ti ha poi messa in una gabbia e tu giacevi tranquilla, nonostante il forte dolore che provavi.
A quel punto mi sono ricordata dei quattro gattini che avervi lasciato senza mangiare sul terrazzo.
Così, chiedendo aiuto alla signora Rosa (amante come me degli animali), siamo riusciti a prenderli ed a portare anch’essi dal Veterinario.
Appena messi in gabbia con te, subito li hai annusati e offerto loro le mammelle per farli nutrire.
Eri una mammina premurosa ed attaccata ai suoi piccoli, un esempio per tante mamme “umane” che non amano i propri figli ed a volte arrivano perfino ad ucciderli.
Gli animali ci danno lezioni di amore, dedizione, attaccamento, che neanche ci sogniamo, noi che ci crediamo superiori a loro!
           
Il medico ha affermato che occorrevano alcuni giorni e poi avrebbe provveduto all’amputazione della coda.
Per i piccoli nessun problema, avrebbe trovato lui delle sistemazioni.
Pagato il conto, l’ho salutato e mi sono avvicinata alla gabbietta.
Tu eri tranquilla e serena, con i tuoi piccoli accanto.
Ti ho fatto una carezza, un’ultima raccomandazione al Veterinario e mi sono avviata per andare via.
Giunta sulla soglia ho sentito un forte miagolio.
Mi sono voltata e ti ho visto attaccata alla gabbia che mi fissavi.
Sono ritornata indietro e ti ho fatto un’ultima carezza.
Poi, in auto, ho ripensato a quel tuo miao.
Ho creduto che era il tuo modo per trattenermi ancora con te.
Ora penso invece che era il tuo addio.
Intuivi che non ci saremmo più viste e così hai voluto salutarmi ancora una volta e dirmi grazie per quello che avevo fatto per te ed i tuoi piccoli.

Poi, dopo essere stata operata e sterilizzata, dovevi far ritorno a casa, mentre i tuoi figli sarebbero rimasti ancora  dal medico per essere adottati.
Ho telefonato ad alcune amiche, ma nessuna aveva tempo per passare a prenderti.
Quando ormai disperavo, ecco che mi sono ricordata di Carmine Puca.
Gli ho telefonato e lui, sempre gentile e disponibile, si è subito recato dal Veterinario e ti ha presa, portandoti nel cortile dove eri nata e vissuta, a Gallo.
Ero felice, la terribile avventura per te era finita. Le signore che abitavano lì si sarebbero prese cura di te.
Dopo qualche settimana ho telefonato al Veterinario per sapere come stavano i gattini e lui mi ha comunicato che, purtroppo, due erano morti.
Ho pianto tanto.
Il medico ha affermato che aveva fatto tutto il possibile, ma un virus li aveva stroncati.
Io penso invece che, essendo ancora piccini, avevano bisogno del latte della loro mamma, e, non avendolo più, non sono riusciti a sopravvivere.
Ogni tanto telefonavo alla signora del cortile e lei mi tranquillizzava dicendomi che ti stavi riprendendo, mangiavi e diventavi sempre più bella.
Il troncone della coda si era irrobustito e sembrava un piumino delizioso.
Un mese fa, la terribile notizia.
Ti hanno trovata, di mattina, distesa nel cortile, morta, certamente nella notte.
Nessuna macchia di sangue, gli occhi chiusi.
Cosa sarà successo?
Secondo il Veterinario ( a cui ho telefonato per chiedergli un parere) ha mangiato un topo avvelenato.
Dovrei rassegnarmi a quest’ipotesi, ma, di tanto in tanto, una domanda si affaccia alla mia mente:
Disgrazia, fato, o qualcuno ti ha voluto sopprimere?
Non lo saprò mai.
La tua morte è stato un altro duro colpo, dopo la notizia di Rocky e dei tuoi gattini.
Eri giovane, carina, amata, non davi fastidio a nessuno, perché sei morta?
Era bello per me sapere che quando arrivavo a Gallo ti vedevo accanto alla porta del mio alloggio, ora so che sarà molto triste non trovarti più.
“E’ morta sola”, mi ha detto la signora al telefono, le stesse parole che mi aveva detto Loredana riguardo alla fine di  Rocky
“Era solo, quando è morto, se ne sono accorti al mattino”.
Ma è veramente così?
E chi può avere la certezza di ciò?
Io, invece, credo che Rocky e Micetta non erano soli quando hanno lasciato questo mondo.
Come non erano e non saranno mai soli tutti gli animali che in ogni angolo di questo mondo muoiono ogni giorno a causa della crudeltà degli uomini, per maltrattamenti, sevizie,  malattia, freddo, fame, sete, stenti.
Il papa Paolo VI° ha affermato che anch’essi hanno un’anima, perché sono tutte creature di Dio.
E Dio non li  lascia soli nel momento estremo.
Forse qualcuno inorridisce leggendo che io dedico i versi scritti per Napoleone a due poveri animali, ma, come scrisse il Principe Antonio De Curtis, in arte Totò, la morte è una “livella”, perciò, una poesia scritta per un grande Uomo può adattarsi benissimo anche a loro:


“Il Dio che atterra e suscita,
che affanna e che consola,
sulla deserta coltrice
accanto a (lui) loro posò”


Michela




2 commenti:

Pixia61 ha detto...

Questi 2 racconti mi hanno commosso!!.....caro Luigi ti auguro Un Buon e sereno Natale!!

BaciottiNatalizi by Pixia!!

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Sono sicuro che Michela sarà contenta.