giovedì 15 dicembre 2011

Lezioni schifane


di Marco Travaglio

“È una sceneggiata mortificante per il Parlamento”, scuoteva il capino implume il presidente del Senato Schifani mentre i leghisti, suoi alleati fino all’altroieri, facevano col governo Monti ciò che han sempre fatto con tutti i governi di centrosinistra.

“È un pessimo segnale al Paese”, ammoniva con voce flautata il nuovo magister elegantiarum. Poi apostrofava il capomanipolo padano Bricolo: “Proprio lei che è capogruppo, mi stupisco che lei faccia così”. E alla fine sospendeva sconsolato la seduta.

Per carità, le lezioni di bon ton sono sempre benvenute, ma è il pulpito che stona: perché il nuovo linosotis delle buone maniere parlamentari è stato anche lui capogruppo al Senato, per Forza Italia, dal 2001 al 2008, e all’epoca faceva anche lui quelle che oggi, travestito da padre della Patria, definisce “sceneggiate mortificanti” e “pessimi segnali al Paese”.

Solo nel Paese dell’Amnesia si possono dimenticare i suoi volgari attacchi ai senatori a vita come Scalfaro e Montalcini (colpevoli di votare la fiducia a Prodi) e la riforma costituzionale da lui proposta per togliere loro il diritto di voto.

L’insulto agli avversari politici era il suo sport quotidiano.

Bersani? “Asservito ai modi vetero-comunisti dell’estrema sinistra”.

Violante? “Usa tecniche staliniste e aiuta la mafia”. Fassino? “Bara sapendo di barare” con “tecniche totalitarie da socialismo reale”, “terrorista mediatico e comunista mistificatore”, “come il mago Casanova, anzi molto peggio”, “dirige il grande menzognificio della sinistra”, “è in piena sindrome maniacale”, “vuole vincere le elezioni a colpi di cialtronate”.

Prodi? “Come Alì il Chimico di Saddam”, “un cockerino scodinzolante” che “rapina con Padoa-Schioppa gli italiani”.

Nel 1999 l’Ulivo accennò timidamente al tema del conflitto d’interessi, e Schifani sparò: “Rischiamo di piombare in pieno oscurantismo comunista anni 50, ai regimi sovietici del passato”.

Qualcuno a sinistra ipotizzò una nuova legge elettorale, e Schifani tuonò: “Non si possono cambiare da soli le regole a partita iniziata, è uno scippo gravissimo che non ha precedenti e che ci attrezzeremo a evitare con adeguate chiavi inglesi che sviteranno i bulloni di una maggioranza sempre più arrogante”.

L’Ulivo ritirò tutto.

Sei anni dopo fu il centrodestra a stravolgere la legge elettorale alla vigilia del voto a colpi di maggioranza col Porcellum, e Schifani zitto. Per lui i processi a B. erano “un golpe giudiziario” ordito “nelle plumbee stanze dell’ormai famoso palazzo di giustizia di Milano, protagonista dei più grandi errori ed orrori giudiziari della storia”, covo dei “talebani italiani in lotta contro la democrazia”. E la Consulta “un organo politico a maggioranza ulivista”. Nel 2002 fece addirittura le boccacce al ds Angius. E, quando passò la legge Cirami grazie ai pianisti, esultò come un bimbo dell’asilo: “Li abbiamo fregati! Siamo diventati più furbi di loro!”. Poi insolentì l’ex presidente Scalfaro: “Non conosce la democrazia, ha avallato il più grande tradimento della volontà popolare, sta invecchiando male”. E persino Maria Falcone e Rita Borsellino, colpevoli di aver criticato le sparate anti-giudici dell’amato B: “Sono disgustato. Le due signore sono militanti a sinistra, offendono la memoria dei loro eroici fratelli”. Quanto al senatore e poeta Mario Luzi, “le sue parole sono gravi quanto l’aggressione fisica, alimentano un clima d’odio: bisogna rivedere l’istituzione dei senatori a vita. Fa male alla democrazia concedere una totale irresponsabilità a chi, come oggi Luzi, manifesta tutt’altro che alta statura morale”.

Quando Prodi vinse nel 2006 disse: “Il vero vincitore è Berlusconi, il governo Prodi è il figlio più becero della più violenta partitocrazia” e dei “brogli della sinistra”. E il presidente del Senato Marini? “Non garantisce l’opposizione, siamo al colpo di Stato”. E il presidente Napolitano? “Un personaggio la cui storia e la cui militanza politica parlano chiaro”.

Peccato che, all’epoca, il presidente del Senato non fosse il Renato Schifani dopo la cura: si sarebbe espulso da solo.

3 commenti:

i glicini di cetta ha detto...

Travaglio è uno scrittore eccellente, specie quando fa satira. E' un raffinato nel suo genere.

amalia ha detto...

sono completamente d'accordo con Cetta.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Sono d'accodo e aggiungo che Travaglio nasce come cronista giudiziario, formandosi poi alla scuola di Indro Montanelli a IL GIORNALE, fin quando fu diretto da Montanelli, seguendolo poi a LA VOCE fin quando la testata fu in edicola. In seguito ha collaborato con REPUBBLICA e L'Unità. Oggi scrive anche per L'Espresso.
Il suo orientamento politico è, come egli stesso si è definito, liberal-montanelliamo.
Possiede un formidabile archivio e una memoria prodigiosa. Torinese, è flemmatico, molto auto-controllato, possiede un aplomb invidiabile.
Usa le armi dell'ironia, sfociando raramente nel sarcasmo.
Non male, vero?