venerdì 9 dicembre 2011

Minzoalibi


di Marco Travaglio

Oltre ai noti inconvenienti, tipo la manovra-salasso, avere di nuovo una persona normale a capo del governo presenta anche indubbi vantaggi: per esempio, la ricomparsa della logica nel dibattito politico. Purtroppo molti nostri colleghi non sono stati avvertiti, o non ci sono più abituati.

Prendete Vespa. L’altra sera, mentre sculettava tutto bagnato e ricurvo al cospetto di Monti, l’ha ringraziato “per aver scelto la nostra trasmissione”. Al che Monti, perfido, l’ha ghiacciato: “Guardi che non sono qui per far piacere a lei”. Allora Vespa, per far piacere a lui, ha preso a umettare l’ospite con le consuete dosi industriali di saliva, giustificando la sanguinosa manovra con lo stato fallimentare dell’Italia (la stessa Italia che fino all’altroieri dipingeva a tinte pastello come il Regno di Saturno). E, a proposito dei tagli ai pensionati-nababbi da 960 euro al mese, si è accomunato a “noi uomini della strada che non capiamo bene”. Monti, impietoso, l’ha righiacciato: “Ah, vedo che lei è abituato a ragionare di cifre”. Forse alludendo al fatto che l’uomo della strada Vespa è in pensione da un pezzo, ma seguita a collaborare con la Rai per la modica cifra di 2 milioni l’anno.

Anche Minzolingua e i suoi fans superstiti faticano a rientrare nei ranghi della logica e del buonsenso. Qui non si tratta di infierire su quel che resta di Minzo, pace alla lingua sua. Ma è impossibile restare insensibili alle argomentazioni con cui ha tentato di convincere il gup a non rinviarlo a giudizio per peculato a causa dei suoi viaggi e banchetti privati pagati con la carta di credito aziendale, cioè con soldi nostri (65 mila euro e rotti in 14 mesi).

L’alibi di ferro sfoderato dinanzi al gup è noto: “Ho restituito i soldi alla Rai”. Pare che al giudice non fosse mai capitato un imputato che, accusato di aver rubato una certa somma, sostenesse di non averla rubata con la decisiva argomentazione che aveva poi restituito il maltolto al legittimo proprietario. Anche perché questa si chiama confessione, non alibi.

Allora Minzo estrae l’alibi di riserva: “Ho mandato le ricevute fin dall’inizio e, nei primi due anni, non è successo niente”. Ma questo non è un alibi, è un’aggravante: l’imputato informa il gup che il peculato non riguarda solo il terzo anno, ma pure i due precedenti. Come se un rapinatore dicesse: ho sempre rapinato banche per tutta la vita e nessuno mi aveva mai scoperto, dunque sono innocente anche adesso che mi avete beccato.

A quel punto Minzo tenta il tutto per tutto: “La mia carta aveva un tetto di 5.200 euro/mese e non l’ho mai superato, anzi a volte non ci sono neanche arrivato”. Come se il rapinatore dicesse: nel caveau c’erano 10 milioni, ma io ne ho portati via soltanto nove perché poi è scattato l’allarme e sono scappato, dunque tecnicamente non c’è rapina perché non ho rubato tutto. Il pover’uomo, alla disperata, prova a far notare che si tratta di un processo politico perché “mi ha denunciato Di Pietro”. Già, ma ti può denunciare pure Riina, però se abusi della carta di credito ti processano lo stesso.

In suo soccorso interviene subito Cicchitto con l’asso nella manica: “È evidente il tentativo di eliminare Minzolini ricorrendo allo strumento giudiziario”. D’ora in poi, ogni volta che verrà processato un tizio per furto, Cicchitto detterà all’Ansa: “È evidente il tentativo di eliminare il ladro ricorrendo allo strumento giudiziario”. Ora, in attesa del processo, la Rai medita di punire Minzolini nominandolo corrispondente da New York: così potrà continuare a girare il mondo a spese nostre. Zio Tibia Sallusti ha capito tutto: “Minzolini suscita l’invidia e la gelosia dei colleghi frustrati in cerca di vendetta” perché “è il più bravo reporter di palazzo” e “ha inventato il retroscena non autorizzato che ha cambiato il volto del giornalismo politico”. Infatti l’altra sera il suo Tg1 ha bucato persino la notizia del rinvio a giudizio del suo direttore: il famoso retroscena non autorizzato.

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