mercoledì 21 dicembre 2011

Occupato il ristorante del Senato




POCHI POLITICI A TAVOLA DOPO L’AUMENTO DEL MENU, I LAVORATORI PROTESTANO

Da quando un piatto di lamelle di spigola con radicchio e mandorle non costa più 3 euro e 34 centesimi, l'affluenza al ristorante del Senato è calata vertiginosamente.
I prezzi, da agosto, sono più che triplicati: ormai i senatori confessano che conviene uscire dal palazzo per pranzo, perché là dentro costa tutto troppo caro.
Ma se per loro l'ostacolo è stato facilmente aggirabile, rischia di non esserlo per i lavoratori che fino ad oggi hanno servito e riverito gli onorevoli parlamentari. Così, esasperati dai tagli che più che la Casta colpiscono i comuni mortali, ieri una trentina di dipendenti della Gemeaz Cusin hanno occupato il ristorante di Palazzo Madama. La ditta che ha in appalto il servizio, infatti, sta per inviare le lettere di licenziamento a sei camerieri, due cuochi e un tabaccaio. E pare che tra le ragioni della perdita di posti, ci sia proprio il drastico calo dei coperti serviti quotidianamente.
   LA STESSA SORTE capitata ai dipendenti della Milano90: la disdetta del contratto di affitto di Palazzo Marini è ricaduta su 350 lavoratori impiegati negli appalti per i servizi di mensa, bar, pulizia, accoglienza e lavanderia. Anche loro sono a rischio licenziamento e da giorni protestano in piazza Montecitorio.
   I CAMERIERI invece hanno scelto un’altra strada: si sono “barricati” nel palazzo, hanno avvertito il presidente Schifani e i questori del Senato e non si muoveranno finché non arriverà una risposta.
Già in passato le condizioni di lavoro delle ditte appaltatrici avevano fatto discutere. Proprio la Gemeaz Cusin, nei mesi scorsi è stata oggetto di un ordine del giorno proposto dall'Idv Giuliana Carlino e accolto dall'Aula. La senatrice denunciava “l'ultimo ricatto avvenuto ai danni dei dipendenti della ditta Gemeaz Cusin, che gestisce la ristorazione in Senato. Proprio qualche giorno fa, i lavoratori hanno ricevuto una lettera con firma in bianco che li obbliga a sottoscrivere la seguente rinuncia: “Il sottoscritto (...) dichiara che in caso di risoluzione del rapporto di lavoro la Gemeaz Cusin sarà autorizzata a trattenere le ferie godute e non maturate alla data di chiusura del rapporto di lavoro”. Preciso che questi lavoratori percepiscono miseri compensi – sosteneva la Carlino – e quindi, alla risoluzione del rapporto, si vedranno togliere un ulteriore importo in caso di ferie godute e non maturate. Al danno di non poter usufruire delle ferie nel periodo voluto, a causa della chiusura dei lavori del Senato solo nel mese di agosto, periodo in cui sono costretti a stare in ferie, si unirà la beffa di dover restituire importi per motivi non a loro imputabili”.
Ora la beffa è triplicata. Come i prezzi dei piatti al Senato.
   (pa.za.)

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Incredibile!
Il Parlamento, l'organo legislativo, si fa prendere per il culo in casa propria.
Ecco un altro sintomo che si tratta di un migliaio di 'braccia rubate all'agricoltura'!